sabato 31 ottobre 2015

Xylouris White - Goats [2014]

Una superficie grigiastra, di un materiale denso e dall'aspetto un po' viscido: una specie di tau e' tracciata come con un dito sulla neve. Niente scritte, nient'altro.

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Lo avevo detto che mi avevano colpita, no? Ci sono voluti piu' di venti giorni perche' il pacco contenente il disco arrivasse tra le mie mani, anzi, perche' io potessi andare a prenderlo... alla faccia di chi dice che solo PosteItaliane fa schifo!, ma questa e' un'altra storia e si dovra' raccontare un'altra volta.
Beh, peripezie a parte, l'album e' finalmente arrivato e finalmente sono potuta rientrare nell'atmosfera che mi avevano fatto assaggiare quella sera, in apertura ai GY!BE.

Non avevo capito (mea maxima culpa) che White e' quel White, quello dei Dirty Three: questo spiega almeno in parte come siano potuti arrivare alle orecchie dei signori quebecchesi.
Certo che il ragazzo sa suonare proprio bene.
Quanto al collega Xylouris... beh, con il suo liuto fa davvero le magie!

Devo dire che col cuffione l'odore di Mediterraneo si sente ancora piu' forte.
Si rimane facilmente irretiti dal calore di questa musica mentre si cerca di seguire le divagazioni ritmico-melodiche, e le immagini di un altro mondo (va detto, un mondo a me affine) si susseguono vorticose: la macchia mediterranea, l'odore dell'alloro, le capre con i loro pendagli, l'olio d'oliva, il vento del sud che ti accarezza la pelle, i movimenti lenti dei pastori, il sale, le onde che si infrangono sul bagnasciuga, le case bianche lassu' in cima alla scogliera, i pescatori all'alba nella baia... chiudi gli occhi e vedi e senti tutto questo. O almeno lo vedo io, con i miei occhi impregnati di nostalgia.

La voce compare qua e la' come aveva fatto quella sera: e' una lingua strana il greco moderno, specie se cantata, suona arabeggiante ma senza perdere quel retrogusto mediterraneo.
Sono suoni, chissa' se sono anche parole, chissa' cosa vogliono dire... Ma non e' importante, e' il suono stesso di quella voce ad ipnotizzare, a far dimenticare il cielo grigio dell'Ontario del sud.

Ma c'e' anche il caotico rumore post-punk che solletica le mie orecchie, sia nei toni sia soprattutto nei ritmi: e tutto questo mi incanta (avrebbero detto certe persone di mia "conoscenza").

Diciamo pure che a primo impatto fa un certo effetto pensare all'accostamento del liuto tradizionale cretese con la batteria australiana, pero' giuro che camminano a braccetto come se fossero stati fatti l'uno per l'altra fin dall'inizio dei tempi, e producono qualcosa che prima non c'era e ora, per fortuna, c'e'.


Lista delle tracce:

Pulling the Bricks
Old School Sousta
Psarandonis Syrto
The Bells
Wind
Suburb
Chicken Song
Fandomas
Run and La

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