tag:blogger.com,1999:blog-23446668945311213172024-03-18T15:39:26.192+01:00A Quattro ManiLiv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.comBlogger179125tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-90540789450090246952024-03-18T15:31:00.003+01:002024-03-18T15:38:53.852+01:00Marlene Kuntz @ Orion - Ciampino<p style="text-align: right;"><i>15 Marzo 2024</i></p><p style="text-align: right;"><br /></p><p style="text-align: left;">Nonostante le buone intenzioni mi rendo ahime' conto che e' pressocche' impossibile che io riesca a scrivere di tutti i concerti a cui vado: solo nei dieci giorni tra <a href="https://aquattromaniblog.blogspot.com/2024/02/paolo-bevengnu-monk-club-roma.html" target="_blank">Benvegnu'</a> e questo ci sono stati i <a href="https://veeble.it/" target="_blank">Veeble</a> (ordinata follia), <a href="https://www.facebook.com/anyotherband/?locale=it_IT" target="_blank">Any Other</a> (musica dell'anima), i <a href="https://www.cmontigre.com/" target="_blank">C'mon Tigre</a> (un viaggio psichedelico) e <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Maria_Giardini" target="_blank">Umberto Maria Giardini</a> (un colpo al cuore). Tutti e tre memorabili, ciascuno per un motivo diverso. Tutti e tre meritevoli di un bel racconto da parte mia, ma il tempo di scrivere diminuisce all'aumentare del tempo trascorso sotto un palco, a maggior ragione se si tiene conto che faccio ben altro mestiere. </p><p style="text-align: left;">Stasera pero' e' tempo di tornare a <a href="https://aquattromaniblog.blogspot.com/search/label/Marlene%20Kuntz" target="_blank">quell'amore ancestrale</a> che tante volte, da quell'ormai mitico nove-nove-novantanove, mi ha vista sotto il palco, coi gomiti sulle transenne.</p><p style="text-align: left;"><br /></p><p style="text-align: left;">Raggiungere l'Orion e' un po' piu' rognoso del previsto, piu' che altro per quanto riguarda il parcheggio, finche' chiediamo mesti un suggerimento al "buttafuori" del locale che ci rivela l'esistenza di un'altra entrata e, proprio li' davanti, ampio parcheggio gratuito. Parcheggiamo dunque, rimediamo qualche trancio di pizza al taglio da mangiare in piedi, in fretta e furia, ed entriamo.</p><p style="text-align: left;">Dopo una rapidissima scansione del palco e della gente gia' ammassata, riconosciuto il lato-Tesio lo raggiungo con decisione, seguita dal mio (stavolta un po' recalcitrante) compagno di avventure, che forse preferirebbe stare piu' tranquillo in previsione del feedback che verra': ahime' questa sera piu' di ogni altra sera non e' un'opzione accettabile percio' insisto e riusciamo a intrufolarci in modo da avere almeno i cappotti poggiati sulle transenne e una mano a testa a mantenere la posizione. Siamo quasi in braccio alla pedaliera di Tesio e dovrei fare uno sforzo sovrumano per non leggere la scaletta, ma inevitabilmente l'occhio ci cade e il cuore e' gia' partito ancor prima di cominciare. Mi giro a guardare la folla e scambio uno sguardo con una faccia nota che mi riconosce per nome. Io, che evidentemente non sono una fisionomista, gli chiedo senza pudore chi sia: e' <a href="https://www.facebook.com/viva.santaclaus/?locale=it_IT" target="_blank">Luca Grumvalski</a>, conosciuto mesi fa perche' apriva il concerto a Monsieur Cambuzat in una fredda e piovosissima serata dello scorso autunno, quando, a fine esibizione, il mio compagno di avventure ed io abbiamo acquistato una copia a testa del suo (pregevole) cd "...bliss illusion". Scambia un abbraccio quasi fraterno con me e un cinque col il mio compagno di avventure, perche' quando si e' fratelli per quelle due ore sotto il palco si e' fratelli per sempre, anche se non ci si conosce.</p><p style="text-align: left;"><br /></p><p style="text-align: left;">Sale sul palco il ragazzo-spalla, riccioletto e paccioccone, voce soave, chitarrina di accompagno: non ricordo il nome, ma il cognome e' proprio "Ragazzo", e penso che e' una cosa bellissima. Ci regala forse quattro/cinque brani e poi esce tremante e felice. Mi ha fatto tenerezza ma ecco, il cd, anche ci fosse, non credo lo comprerei: forse e' ancora troppo acerbo ma in futuro chissa'. Ancora pochi minuti per un ultima sistemata al palco.</p><p style="text-align: left;">Buio.</p><p style="text-align: left;">Salgono sul palco ed e' gia' tripudio. Tesio agguanta la diavoletto rosso-rubino (std) e parte "Trasudamerica", accompagnata da un boato feroce. Segue "Canzone di domani" a cui donano una coda-noise pazzesca come quelle dei vecchi tempi. Poi "Gioia che mi do", e finalmente tiro fuori carta e penna: e' passato il tempo della telecamera puntata sulle mani del mio beniamino, ma prendo appunti freneticamente sperando che, una volta a casa, aiutata dall'orecchio, quelle poche parole basteranno. Se siete (ma voi chi?) interessati... si', e' bastato: da oggi posso suonare anche questa. Senza soluzione di continuita' e' il turno di "Fuoco su di te". Confesso che dalla nostra posizione l'insieme si sente poco; siamo inondati dal feedback dell'ampli di Tesio che forse e' un po' estremo, tanto che anche lui sembra fare fatica a sentire il resto e ogni tanto si confonde. Applausi scroscianti e il primo ringraziamento al pubblico per dare il tempo di effettuare il primo cambio di chitarra della serata, Tesio imbraccia la diavoletto nera (dadgad) ed e' "Aurora" col suo splendido riff sghembo, che forse adesso quella telecamera la vorrei con me, perche' col telefonino neanche ci provo... E poi l'agguato (ah era la nera quindi?, buono a sapersi!) e il pubblico salta, urla, si esalta. Arriva quindi "Il lamento dello sbronzo", e di nuovo, carta e penna alla mano, prendo appunti frenetici, anche se ho la sensazione che ci siano problemi qua e la', Tesio sbaglia qualcosa (scambio uno sguardo di intesa e un sorriso con Grumvalski, che evidentemente - da chitarrista - e' l'altra persona in sala ad essersene accorto), ma quello che dovevo capire l'ho capito, quindi bene cosi'. Altro cambio di chitarra, torna la diavoletto rosso-rubino, e parte "Mala mela": anche qui prendo appunti e anche qui, a posteriori, saranno sufficienti per farmi capire almeno la strofa. Altra pausa per ringraziamenti. Godano ci tiene a farci sapere che questa sera sentiremo quasi tutto Catartica e anche qualche brano "pre-duemila, per cosi' dire". Io che purtroppo ho la scaletta letteralmente a portata di mano so che sta barando ma non importa: le uniche due eccezioni saranno sensatissime e va bene cosi'. Accompagnata da un lunghissimo fischio parte "1°2°3°" col suo giro pazzesco: sorrido immaginando la prima volta che Godano ha sentito Tesio e Bergia andare avanti all'infinito su quel giro, e nel mentre realizzo che sin qui Arneodo deve aver suonato almeno cinque strumenti diversi, tra tastiere e percussioni di vario genere. Un tizio in prima fila verso centro del palco e' rimasto a torso nudo e si sbraccia come un forsennato, come li vedevo fare vent'anni fa nei centri sociali: confesso che un po' mi fa tenerezza, e una parte di me pensa che al concerto di quest'estate, concerto delicato per il tour di "Karma Clima", e' possibile non sia neanche venuto. E a questo pensiero, piu' che tenerezza, provo anche un po' di tristezza, perche' "Karma Clima" e' proprio bello! Bah. Altro cambio di chitarra, e nel mentre financo Tesio decide di togliere la giacca e rimanere in maniche di camicia, rigorosamente nera. Imbraccia la lespaul studio (cgcggc), la mia preferita di sempre. Intanto Carnevale ha cominciato a battere colpi su un piatto (un-du-tre-quat - un-du-tre-quat - un-du-tre-quat - un-du-tre-quat) che se anche non avessi la scaletta davanti agli occhi saprei esattamente cosa sta per succedere. Mi giro verso il mio compagno di avventure cercando di suggerirgli di guardare, indicandogli le mani di Tesio e lasciarsene inebriare, e succede "Infinita'". E poi, con questa accoppiata di chitarre (ovviamente non lo ho scritto ma Godano aveva in braccio la thunderbird) non puo' che arrivare lei, "Ineluttabile" la primissima canzone che io abbia sentito suonare a Marlene dal vivo, in quel lontanissimo nove-nove-novantanove al Villaggio Globale, che quel giorno veniva suonata a Roma per la prima volta, che da allora mi e' entrata dentro e non e' uscita piu', e che nonostante il tiro e la pesantezza generale, e' quella in cui la destra di Tesio mi ammalia maggiormente con la sua elegante morbidezza. Altro cambio, di nuovo compare la diavoletto rosso-rubino, e Godano annuncia "questa' e' "Lieve"". Un esplosione in sala. Mi giro e mi accorgo che il tizio a torso nudo non c'e' piu', che forse e' stato allontanato al quarto tentativo di scavalcare le transenne. Pace all'anima dei punkettoni invecchiati. Pero' "Lieve" suonata con la diavoletto e' strana, diversa: forse lo penso solo io. E poi "Festa mesta", e gia' al primo accordo c'e' piu' rumore sotto al palco che sopra: il pubblico e' in delirio e salta, salta, salta, cinquantenni che pogano dio mio!, mi stringo alle transenne sperando di non venire spintonata perche' non so se il mio ginocchio malandato reggerebbe l'impatto. Finito il brano Tesio imbraccia la diavoletto nera mentre Godano afferra una bacchetta di batteria e la infila con vigore tra le corde della strato bianca e nera. Chiunque in sala sa esattamente cosa sta per arrivarci in faccia, eppure e' solo al primo "re" di Tesio che parte l'urlo di entusiasmo. Tesio quasi balla, e mi dispiaccio nel realizzare che la sua parte, al momento dell'assolo di Godano, un tempo veniva suonata diversamente, che questa sera mancano alcuni dettagli sulle corde acute che mi avevano fatto lucidare gli occhi la prima volta che li ho capiti. Peccato. Il pubblico non sembra accorgersene e a fine brano esplode con un applauso che sembra interminabile. Nel mentre Tesio riprende in braccio la diavoletto rosso-rubino ed e' il momento di "Nuotando nell'aria", col pubblico che canta e si stringe in un abbraccio sognante: anche qui pero' resto leggerissimamente delusa dall'assenza della pennata sghemba verso l'alto nel pre-finale in cui tutto dovrebbe tacere tranne appunto Tesio e qualche feedback di Godano. Magari non e' serata, magari e' ancora rigido, magari non sente benissimo dalle spie. Ri-peccato.</p><p style="text-align: left;">Pausa, ma brevissima.</p><p style="text-align: left;">Tornano, Tesio imbraccia ancora una volta la diavoletto rosso-rubino e Godano prende la parola per dirci che qui infrangeranno la loro regola di suonare solo brani pre-duemila per dedicarne uno a Luca Bergia, uno dal suo (splendido) disco solista, uno che e' stato scritto quando Bergia era ancora in vita ma gia' dava cenni di quel cedimento che lo ha strappato ai suoi cari e a noi che lo ammiravamo. Il pubblico, se all'inizio rumoreggia scontento che si esca dall'epopea noise, al sentire il nome di Bergia si commuove e fa commuovere Marlene chiamandolo a gran voce (e' umidita' quella che vedo negli occhi di Tesio?, o sono io ad averli appannati?). Suonano dunque "Ti voglio dire". Dal ventritre' marzo dello scorso anno il mio modo di ascoltare questo brano e' cambiato, e se prima suonava come un brano dolcissimo da dedicare a un amico in difficolta', oggi e' un brano di una malinconia straziante, perche' lo ascolti e pensi che la mano di un amico non e' mai sufficiente per battere i mostri, e ti senti inerme. Scaccio via questi pensieri aiutata dal fatto che a fine brano Tesio a di nuovo imbracciato la lespaul studio e parte "Come stavamo ieri", che e' un modo molto delicato di riportarci qui, all'Orion, a questa sera di festa. E poi, immancabile, dopo aver cambiato la lespaul studio con la diavoletto nera, parte l'arpeggino in re che e' il preludio di un boato: il pezzo delle api, ancora una volta, come ogni volta, mi esplode in faccia. La chiusa, dopo un ennesimo cambio verso la diavoletto rosso-rubino, e' lasciata a "MK-OK", ed e' tutta la sala a gridare che "Ma-marlene e' la migliore!", e tutti dimentichiamo per un attimo che Marlene nell'intellighezia ci e' entrata di diritto ormai tanto anni fa. Presentazione della band, saluti, ringraziamenti. Escono.</p><p style="text-align: left;">Ri-pausa, ancora piu' breve.</p><p style="text-align: left;">Tornano per un ultimo brano, un ultimo regalo, l'altra eccezione della serata, "una canzone che ci piace di lasciarvi come una specie di bella suggestione da portarvi a casa" Ed e' "Bellezza", col suo arpeggio meraviglioso sulla diavoletto rosso-rubino. Sono solo io a pensare che con la tele-oro veniva meglio?, forse si, forse non se la ricorda nessuno, ma va bene cosi'.</p><p style="text-align: left;">Ultimi saluti, questa volta davvero.</p><p style="text-align: left;">Allungo una mano sulla scaletta come fa la mia gatta quando vuole qualcosa e chiedo al tecnico se posso staccarla e portarmela a casa. "Te la sei meritata" mi risponde lui con un sorriso: io gongolo. </p><p style="text-align: left;">Salutiamo Grumvalski alla prossima volta ("ho male alla schiena", "io alle ginocchia".... ah, avere di nuovo vent'anni!) e ci fiondiamo a prendere una birra veloce prima di rimetterci in macchina stremati: lui forse un po' stordito, io forse pure, che ormai di anni ne ho quaranta e forse (forse) va bene cosi'.</p>Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-73626309151271917852024-02-23T23:49:00.003+01:002024-02-25T01:56:10.216+01:00Paolo Bevengnu' @ Monk Club - Roma<p style="text-align: right;"> <i>22 Febbraio 2024</i></p><p style="text-align: right;"><i><br /></i></p><p style="text-align: left;">Ci sono storie belle da raccontare, ci sono quelle che fanno ridere, quelle che ti prendono e ti scuotono, quelle che, infondo, sono solo storie normali ma ti lasciano dentro un sorriso di benessere.</p><p style="text-align: left;">Questa volta siamo in due, ultimamente siamo sempre noi due: quello che era il "team" dello scorso anno si e' sgretolato ma noi, imperterriti, ancora resistiamo.</p><p style="text-align: left;">Arriviamo al Monk in largo anticipo, abbiamo prenotato un tavolo per mangiare presto al ristorante del club: il nostro piano e' di nutrirci in fretta per poi volare nella sala-teatro e prendere posto in prima fila, gomiti sulle transenne. Arriviamo dunque, e il nostro tavolo e' proprio accanto a quello della banda. Io, che nella vita vera cerco di nascondere la mia timidezza cronica con una spavalderia ridicola, ho il cuore che inizia a pompare come quello di un'adolescente scema (quarant'anni buttati!). E sento l'emozione nella mia voce quando mi accorgo che Benvegnu' mi sta facendo un cenno di saluto: ricambio timidamente con una mano, anche se a dirla tutta non sono sicurissima stia salutando me, perche' sarebbe assurdo si ricordasse, a distanza di tanti anni, il viso di qualcuno che a malapena e' stato in grado di balbettare qualche frase sconnessa in sua presenza. Poi, come <a href="https://aquattromaniblog.blogspot.com/2017/06/paolo-bevengnu-biblioteca-lazzerini.html" target="_blank">quella volta a Prato</a> e' il primo ad alzarsi da tavola. Dopo un po' anche Roccia mi vede e mi fa un cenno, ma questa volta lo so che e' per me, perche' con lui ho interagito in piu' di un'occasione, e ricambio con un sorriso piu' ampio e meno imbarazzato: a fine pasto si avvicinera' al nostro tavolo - noi stiamo ancora finendo - per un saluto piu' caloroso e per dirmi che in effetti ha letto <a href="https://aquattromaniblog.blogspot.com/2024/02/paolo-benvegnu-e-inutile-parlare-damore.html">quello che ho scritto</a>. E niente, come sempre la cosa mi scuote e mi lusinga. Poco dopo arriva il caffe', lo beviamo in fretta e ci alziamo - lasciando una bottiglia di vino da finire, cosa decisamente non da noi - per andare ad accaparrarci il posto in prima fila. Entrando nella sala-teatro il mio compagno di avventure mi prende vigorosamente in giro, perche' in prima fila a questo punto ci saranno si' e no cinque persone, e a dirla tutta avremmo avuto il tempo per finire il vino con calma. Ma mi vuole bene, mi sopporta, e penso che alla fine gli faccia piacere farmi contenta.</p><p style="text-align: left;"><br /></p><p style="text-align: left;">Siamo in prima fila dunque, gomiti sulle transenne, piu' o meno a meta' strada tra il basso di Roccia e la chitarra di Benvegnu' che riposano sul palco, mentre la sala si riempie lentamente. Il mio sguardo cade sulla scaletta ai piedi del basso e la indico al mio compagno di avventure, dicendo che a fine concerto bisognera' cercare di prenderla: lui non batte ciglio, attraversa le transenne, sale sul palco e scatta una foto. Gli intimo di non azzardarsi a darmi anticipazioni ma lo vedo che freme per poter discutere con me quello che ha visto, cosi' gli lascio dire - con gli occhi che brillano - che i primi brani saranno quelli del nuovo lavoro, in fila. E aggiunge, ricollegandosi a un dialogo che avevamo avuto in macchina, di non volermi dire quale sara' l'ultimo brano.</p><p style="text-align: left;">Finche' ecco, si abbassano impercettibilmente le luci, il volume della musica si alza e riconosco le note del finale strumentale di "Alla disobbedienza". Faccio cenno al mio amico che si sta per cominciare.</p><p style="text-align: left;"><br /></p><p style="text-align: left;">Salgono sul palco e il mio cuore e' gia' partito. Iniziano con "Tecnica e simbolica", e sorrido quando Roccia sottolinea con forza che la primavera tarda ad arrivare. Segue "L'oceano", che senza Brunori perde qualcosa ma guadagna qualcos'altro. Mi accorgo che, uno per uno, riesco a seguire tutti gli strumenti, piccole gemme musicali che compaiono una alla volta per farsi notare. E' il turno di "Marlene Dietrich" e penso sia un peccato abbiano saltato "Pescatori di perle", di cui sto provando a capire la delicata intro al pianoforte, ma vabbeh: del resto anche <a href="https://aquattromaniblog.blogspot.com/2014/12/paolo-benvegnu-container-grottammare.html" target="_blank">quella volta incredibile a Grottammare</a> mica avevano veramente suonato tutto l'album. E va detto che "Marlene Dietrich" dal vivo ha un impatto bestiale sulle mie orecchie. Segue, come da copione, "Il nostro amore indifferente", che poi e' la canzone con cui di recente arrivo in dipartimento, quella che colleghi e studenti, ridendo sotto i baffi, mi hanno visto ballare mentre cammino e attraverso la sbarra del parcheggio: ridano pure!, non sanno che meraviglia ci sta dentro a quel cuffione. Finche' arriva "27/12". Doveva arrivare e arriva. Ed e' bellissimo essere li' con il mio compagno di avventure, entrambi coi gomiti sulle transenne, pensando a tutto senza pensare a niente, con un sorriso enorme e gli occhi e le orecchie pieni di meraviglia e dolcezza. Segue "Our love song" e si balla. In realta' ho il ginocchio destro che mi fa malissimo: la scorsa estate mi sono presa un'orribile storta camminando per strada, credo che l'album su cui ballavo fosse <i>Karma Clima,</i> che avrei visto dal vivo - zoppicante - di li' a breve. Insomma, quel giorno ho quasi rotto il menisco e dato una scrollata importante al crociato anteriore gia' abbondantemente provato. Dunque ho passato l'estate con le stampelle e, a seguito una riabilitazione un po' troppo frettolosa, in cui "forse" ho "leggermente" forzato la mano, ora, di tanto in tanto, specie quando cambia il tempo, anche solo camminare in realta' non e' il massimo. Ma stasera si balla, anche a costo di farlo mantenendo tutto il peso sulla gamba sinistra, tenendo il collo del piede destro appoggiato leggermente sul retro della caviglia sinistra, tanto ci sono le transenne a darmi una mano per non cadere. E se mai dovessi rompere il maledetto crociato una volta per tutte... pace. Si balla dunque, e ne vale la pena. Poi, con mia grande e piacevolissima sorpresa, parte "Pescatori di perle" e i miei occhi si piantano sulle mani di Aprile: non vedo benissimo ma credo di aver capito qualcosa, poi al resto pensera' il mio orecchio nei prossimi giorni. Segue "Canzoni brutte" e il mio compagno di avventure ed io ci scambiamo un sorriso e uno sguardo d'intesa: solo pochi giorni fa ci dicevamo quanto questo brano piacesse a entrambi nella sua ironia feroce. In particolare il ponte di quel brano, con Benvegnu' che distorce la voce come un trapper qualsiasi, ci fa sganasciare dalle risate. "In der nicht sein" e' un altro tipo di impatto sonoro, con quel muro impressionante e quei passaggi semplicemente bellissimi. Poi parte "All'origine del mondo" ma stavolta non mi fregano: sono sicura che "Libero" sara' suonata, ne sono sicura e basta. C'e' da qualche giorno un dibattito in corso, col mio compagno di avventure, su "All'origine del mondo", perche' lui ci sente un brano della colonna sonora di "<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/The_Fountain_-_L%27albero_della_vita" target="_blank">The fountain</a>" (che entrambi riteniamo sia un film molto ma molto sottovalutato) e si e' addirittura convinto che Benvegnu' qui si sia ispirato a Mansell al punto che anche il titolo del brano potrebbe essere stato scelto di conseguenza. Viceversa io penso che poche note non siano sufficienti per una deduzione cosi' drastica, ma va anche detto che mi diverto da impazzire a dargli torto: fa parte della nostra dinamica d'interazione da talmente tanti anni che a volte mi rendo conto di stuzzicarlo solo per il gusto di farlo. Quelle poche note questa sera ce le regala Zacchei e al ritorno, in macchina, scopriro' che il mio compagno di avventure non riusciva a distinguerle dal resto - al punto da aver dubitato della sua stessa teoria. Poi, con dolcezza, segue "Libero", con quel basso da far girare la testa. Che poi stasera Roccia, che appunto ha letto quello che ho scritto, si permette anche di regalarmi qualche piccola improvvisazione da brivido. La voce di Benvegnu' sorride, io sorrido. Chiudono la prima parte del concerto con l'immancabile "Alla disobbedienza", il brano meno immediato di tutto l'album, e inevitabilmente i miei occhi si piantano sulle mani di Berioli (G.), dalla parte opposta del palco, a seguire quella chitarrina sghemba che mette i brividi. Prima della parte strumentale strumentale del brano, ci salutano, escono, e noi restiamo li' coccolati di nuovo da quella musica ipnotica che ci aveva accolti all'inizio del concerto.</p><p style="text-align: left;"><br /></p><p style="text-align: left;">La pausa e' brevissima e rientrano, nel buio piu' completo, prima della fine di "Alla disobbedienza", e quando l'ultima nota evapora e le luci si riaccendono parte un caloroso applauso. Sin qui non e' stata detta una sola parola per non interrompere la magia, ma adesso il nostro si fa piu' loquace, di quella sua loquacita' finto-spavalda che mi ricorda tanto la mia.</p><p style="text-align: left;">Il primo brano che ci regalano e' "La schiena" e penso che certo la Vita e' strana. Quella dottorandina che tanti anni fa ascoltava questa canzone aspettando l'autobus all'incrocio tra viale Marconi e via Pincherle, la sera tornando a casa, con un cuffione ad avvolgerle le orecchie e isolarla dal mondo, oggi torna a casa a piedi, dallo stesso posto e con un simile cuffione: torna a una casa molto diversa da quella di allora, ma appunto ci torna dallo stesso posto, che poi infondo e' la sua vera Casa. Perche' e' quella la Casa a cui sono tornata quando ho preso l'aereo che mi ha riportata a Roma. E a dirla tutta quella Casa era l'unica cosa che in quel momento potesse riportarmi da questo lato dell'Atlantico. E il fatto che stasera, in piedi accanto a me, coi gomiti sulle transenne a condividere questo momento, ci sia proprio la persona che mi ha convinta a tornare, mi riempie il cuore di una dolcezza indescrivibile. A seguire "Andromeda Maria", dolcissima, inizia con Benvegnu' solo con la sua chitarra e gli altri che arrivano dopo il primo ritornello, il tutto con una delicatezza da brivido. Poi un brano "tristissimo ma che sorprendentemente e' in mi bemolle" e gia' dalla descrizione non puo' che essere "Avanzate ascoltate", con tutta la sua dolcezza e il suo calore: e se un tempo questo brano faceva volare i miei pensieri in mille direzioni, stasera mi àncora qui, a questa transenna, presente a me stessa come non mai. E poi ancora "Il mare verticale", con quegli accordi di apertura che di fatto <i>sono</i> il mare verticale, e quel ritmo sincopato che dona il senso alla canzone. Qui confesso di sentire l'assenza di Druga: egregiamente sostituito da Berioli (D.), intendiamoci, ma una parte di me, nel buio del cuore, si augura che prima o poi Drughino torni dietro quella batteria. Poi "Io e il mio amore" che e' di una potenza inaudita e la sua carica esplosiva toglie il respiro e lascia spossati e contenti. E da ultimo, come sempre, "Cerchi nell'acqua", la canzone dei saluti. Scambio uno sguardo col mio compagno di avventure e il mio sorriso e' a meta' tra il soddisfatto ("che ti dicevo? questa e' la canzone di "ciao"!") e il malinconico ("accidenti, il concerto e' gia' finito!"). Tre inchini, tre saluti. Ma noi continuiamo ad applaudire con forza. Cosi' suonano anche "E' solo un sogno", che in effetti e' un'altra ottima canzone di "ciao": un dolce rimandarsi nel mondo dopo questa serata carica di emozioni.</p><p style="text-align: left;">Una ragazza e' piu' veloce di me nel chiedere a Roccia la scaletta ai suoi piedi, un altro, velocissimo, arraffa quella ai piedi di Berioli (G.). Il mio compagno di avventure mi incita a salire sul palco puntando a quella accanto alla batteria ma io tentenno: la verita' e' che non ho il coraggio di salire cosi' impunemente. Per fortuna un tecnico mi vede li' a tentennare, mi fa cenno che non si puo' salire, io indico la scaletta e lui con un sorriso me la porta, risparmiandomi l'imbarazzo.</p><p style="text-align: left;">Resterei ancora, vorrei dare un ultimo saluto a Roccia e vorrei far vedere il mio bracciale di cuoio (con su inciso "La mia verita' e' nell'ostinazione a cercarmi a ferirmi a capirmi ma sono troppo suggestionabile") a Benvegnu', magari senza dire niente che tanto le parole non mi verrebbero. Vorrei trovare il coraggio di fare tutto questo, ma leggo la stanchezza nello sguardo del mio compagno di avventure e non provo neanche a proporgli di restare ancora qualche minuto.</p><p style="text-align: left;"><br /></p><p style="text-align: left;">Torniamo a casa con le orecchie che fischiano e i cuori che battono.</p><p style="text-align: left;">Questa sera penso di essere davvero tornata.</p>Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-23201550385609859452024-02-18T10:52:00.001+01:002024-02-18T10:53:41.730+01:00Paolo Benvegnu' - E' inutile parlare d'amore [2024]<p>Un lago immerso nella foschia, le acque leggermente increspate, colline laggiu' sullo sfondo a separare il cielo dalla terra. In primo piano un rettangolo, forse uno specchio da cui si vede la riva: canne, arbusti, e Lui, vestito di nero, capelli ormai bianchissimi, lo sguardo rivolto chissa' a cosa.</p><p><br /></p><p>Play.</p><p><br /></p><p>Caro Signor Benvegnu', eccoci di nuovo qui, ti do <a href="https://aquattromaniblog.blogspot.com/2017/03/paolo-benvegnu-h3-2017.html" target="_blank">ancora una volta</a> del tu. </p><p>Era praticamente ovvio che, semmai avessi ricominciato a scrivere su queste pagine, sarebbe stato per merito tuo (qualcuno forse direbbe "causa tua"...). E nonostante sospetto non te ne importi niente, lascia che io cominci col chiederti scusa per non averlo fatto per l'odio dell'innocenza, o nessuna delle inutili premonizioni, o anche solo per i fiori (ma perche' niente CD?), o per qualcuno dei tuoi concerti (da <a href="https://aquattromaniblog.blogspot.com/2017/06/paolo-bevengnu-biblioteca-lazzerini.html" target="_blank">quell'ultima volta a Prato</a>, tu non puoi saperlo, ma io ti ho visto altre volte di cui una, meravigliosa, in un minuscolo teatrino nel cuore di Trastevere). Ti confesso che, alla sua uscita, <i>DellOdio dell'Innocenza</i> mi provoco' sensazioni contrastanti, perche' ero appena tornata a vivere a Roma pur non essendo ancora completamente convinta di aver fatto la scelta giusta, e giusto il tempo di adattarmi al nuovo fuso orario che il Covid mi aveva costretta sola in casa: i vicini, tutte le sere alle sei, puntualissimi, facevano la discoteca sui balconi per mezz'ora, iniziando con l'inno nazionale, passando per il <i>Gioca Jouer</i> e altre simili piacevolezze, a un volume tale che anche chiudendo tutte le finestre, abbassando tutte le persiane, avvolgendo le orecchie in un cuffione teoricamente isolante, li potevo sentire. Ero arrabbiata col mondo. E quando, con l'aiuto di detto cuffione, ho ascoltato quel disco, non ho potuto far altro che accrescere il mio rancore nei confronti dell'aereo che mi aveva riportata nello Stivale, dei vicini rumorosi, dell'umanita' che si lagnava, della casa orribilmente buia in cui mi ero ritrovata a vivere ("che ti importa" dicevano mentre firmavo il contratto di affitto solo un paio di mesi prima, "tanto qua dentro ci starai soltanto la sera" dicevano, "non te ne accorgerai nemmeno" dicevano...). Oltretutto l'assurda storia che raccontavi all'epoca, secondo cui non saresti stato tu l'autore di quelle canzoni, mi irritava oltremodo: era come se tu non volessi prenderti la responsabilita' di un disco che entrava in pericolosissima risonanza con la rabbia che avevo dentro... E insomma ti ho odiato di un odio sincero e violentissimo. Da allora, ogni volta che ho accarezzato l'idea di tornare a scrivere, l'eco di quella rabbia mi ha trattenuta. Solo il tempo ha saputo dirmi che non era il Covid, non era l'Atlantico, non era l'umanita' e certo non eri tu: ero io ad essere prosciugata. E solo recentemente ho ritrovato la giusta tranquillita', ma questa e' un'altra storia, e si dovra' raccontare un'altra volta.</p><p>Ecco, questo lungo preambolo per giustificare, se mai ti fosse importato qualcosa, sei anni di silenzio e dirti che oggi torni alle mie orecchie accolto (finalmente) con ritrovata serenita'.</p><p><br /></p><p>Caro Signor Benvegnu', che gran disco hai scritto.</p><p>Nessuna sorpresa, intendiamoci, ma che piacere ritrovarsi...</p><p>Al primo ascolto la sensazione e' che si tratti di un lavoro piu' immediato - armonicamente e ritmicamente - di quello che mi aveva fatto girare la testa esattamente vent'anni (argh!) fa, ma che proprio questa sia la sua splendida dimensione. Poi ai giri successivi, entrando in dettaglio, ci si accorge che la semplicita' e' solo apparente e superficiale, che aiuta a rendere piu' immediato il primo ascolto, ma a ben sentire c'e' tutto un mondo di dettagli da scoprire. Penso ad esempio al basso che irrompe prepotente a sottolineare che la primavera tarda ad arrivare, alla chitarrina sghemba di "Alla disobbedienza" che ancora non ci ho capito niente, al riff che sottolinea le tue parole in "L'origine del mondo" su cui il mio orecchio cade sistematicamente, al vero e proprio finale strumentale di "Alla disobbedienza" che rimanendo sospeso chiama al silenzio, alla batteria del ritornello di "Our Love Song" che nella sua semplicita' mi fa ballare, al basso di "Libero" (ok, mi sa che sono una bassista mancata!) che e' un godimento infinito, al piano delicato di "Pescatori di perle" che e' un inno alla dolcezza, all'ironia feroce di "Canzoni brutte" che negli scorsi giorni sanremesi sembrava piu' che mai appropriata. Tanti piccoli dettagli che messi insieme uno in fila all'altro fanno quasi un'ora di meraviglia, e se li sommi assieme ti accorgi che in questo disco di immediato non c'e' proprio niente.</p><p>E posto che il primo religioso ascolto deve essere in casa, dal CD, gli altri possono avvenire - e di fatto spesso avvengono - mentre si cammina per andare al lavoro. Sicche' devi sapere che quello straziante "raw marconi raw" mi strappa un sorriso tutte le volte, perche'... ma che ne sai tu, caro Signor Benvegnu', della mezz'ora a piedi la mattina, su un'affollato e caotico Viale Marconi, a ballare facendo lo slalom tra la gente? Perche' poi, come sempre accade, sono io quella che ascolta e si sente messa in mezzo.</p><p><br /></p><p>Caro Signor Benvegnu' ti aspettavo da un po', o forse aspettavo me.</p><p>Hai smesso di fumare e si sente: la voce ha cambiato spettro, e' meno cupa, piu' carezzevole, piu' rotonda. Mi piace. Anche io ho smesso di fumare: negli ultimi anni ogni tanto ci ero ricascata - sempre a proposito di cio' che mi prosciugava - ma ora io sono di nuovo io, e proprio non mi va piu'. Ecco, mi piace come la tua voce ritrovata si intreccia con le nuove tonalita' piu' morbide. E mi piace come si intreccia con quella di Dario Brunori e (per mia enorme sorpresa) con quella di Neri Marcore': intendiamoci, era bella "27/12" sull'EP, ma oggi mi sembra ancora piu' bella: va detto che c'e' un intreccio speciale su quel fiume, tra le vostre voci e Ponte Marconi, la sera quando torno a casa (lato A la mattina, lato B la sera, che sembra quasi un disco cronometrato sui miei passi). Ma tu non lo sai, questa volta davvero non lo puoi sapere anche perche' nessuno lo puo' sapere, quali sentimenti stanno recentemente crescendo infondo al mio cuore nonostante io faccia di tutto - in modo orribilmente maldestro e con scarsissimi risultati - per tenerli a bada.</p><p><br /></p><p>Caro Signor Benvegnu', la tua musica parla al mio cuore.</p><p>In quest'assurda epoca in cui tutto sembra dover correre chissa' dove e fermarsi a respirare sembra un'aberrazione, in cui e fondamentale che tutto sia facile da imparare, che non ci vogliano ne' attenzione ne' sudore, e che sia necessario dominare tutto, in cui lo studente e' il cliente e il cliente e' il padrone, aggrapparsi a cio' che e' "Inutile" sembra essere l'unica speranza. Ed io, per la mia natura di inguarbile romantica, ho bisogno di mantenere viva la speranza che non sia davvero tutto qui. Ed ecco che ad ascoltare un disco come questo mi sento fortunata, perche' capisco che non sono sola.</p><p><br /></p><p>Percio' caro Signor Benvegnu' e cari Signori Baldini, Berioli, Berioli, Zacchei e Aprile, ci vediamo giovedi' a Roma, ovvero io vi vedro': voi forse avrete il dubbio che quella tizia in prima fila, quella con gli occhi e la bocca spalancati per la meraviglia, e' questa scema che vi da del tu quando scrive su un blog che nessuno leggera'.</p><p><br /></p><p><br /><i><b>Lista delle tracce</b></i><br /><br />Tecnica e simbolica<br />L'oceano <span style="font-size: x-small;">(feat. Brunori Sas)</span><br />Pescatori di perle<br />Marlene Dietrich<br />Il nostro amore indifferente<br />27/12 <span style="font-size: x-small;">(feat. Neri Marcore')</span><br />Our love song<br />Canzoni brutte<br />In der nicht sein<br />Libero<br />L'origine del mondo<br />Alla disobbedienza</p>Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-26054890530238949872024-02-10T12:14:00.001+01:002024-02-10T12:14:05.789+01:00...and back again<p>Ecco qua. Dopo 5 (cinque!) anni dall'ultimo post, e alla fine la mia Itaca mi ha riavuta indietro. </p><p>In effetti, da quel fatidico post, mi sono presa un ultimo anno piu' epsilon di America prima di tornare per davvero da questo lato dell'Oceano: se a ottobre 2018 ho saputo che avrei potuto tornare, se a gennaio 2019 ho avuto la certezza che sarei tornata, di fatto ho ricominciato una nuova vita nella Capitale nel febbraio del 2020... </p><p>Ecco, rileggete (ma voi chi?) la data... </p><p>...</p><p>gia'...</p><p>...ottimo auspicio per una nuova vita, non c'e' che dire. </p><p>E questo mio lungo silenzio, da ottobre 2018?</p><p>Il fatto e' che in quell'ultimo anno di America avevo poco da scrivere e troppo da pensare: perche' d'accordo, sarei tornata, questo era certo, ma non ero poi cosi' sicura di volerlo, anzi in quel momento credevo di voler restare da quel lato dell'Atlantico che finalmente sembrava avermi accolta. Poi, quando sono tornata, il Covid ha inevitabilmente rallentato il riadattamento alla vita nello Stivale. Ho ascoltato musica, certo, ma ero troppo arrabbiata col destino per goderla. E anche finito il Covid c'e' voluto tempo - parecchio - per riscoprirmi fieramente romana, finalmente risolta.</p><p>La parentesi americana, ora lo capisco, era necessaria, ma era appunto una parentesi. Oggi, con questi (quasi) 10 anni in piu' sulle spalle, ringrazio chi ha voluto fortemente il mio ritorno, soprattutto perche' mi ha spinta ad accettare quella che era ed e' la mia vera volonta'.</p><p>...</p><p>...</p><p>...</p><p>...e ora si ricomincia.</p><p><br /></p><p><br /></p>Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-22477776700124280722018-10-18T18:18:00.000+02:002018-10-18T18:18:36.137+02:00ITACA - ΙΘΑΚΗ <div id="column1" style="float: left; margin: 0; width: 50%;">
Σα βγείς στον πηγαιμό για την Ιθάκη, <br />
να εύχεσαι νάναι μακρύς ο δρόμος,<br />
γεμάτος περιπέτειες, γεμάτος γνώσεις.<br />
Τους Λαιστρυγόνας και τους Κύκλωπας,<br />
τον θυμωμένο Ποσειδώνα μη φοβάσαι,<br />
τέτοια στον δρόμο σου ποτέ σου δεν θα βρεις.<br />
Αν μεν η σκέψις σου υψηλή, αν εκλεκτή<br />
συγκίνησις το πνεύμα και το σώμα σου αγγίζει.<br />
Τους Λαιστρυγόνας και τους Κύκλωπας,<br />
τον άγριο Ποσειδώνα δεν θα συναντήσεις,<br />
αν δεν τους κουβανείς μες στην ψυχή σου,<br />
αν η ψυχή σου δεν τους στήνει εμπρός σου.<br />
<br />
Να εύχεσαι νάναι μακρύς ο δρόμος.<br />
Πολλά τα καλοκαιρινά πρωιά να είναι<br />
που με τι ευχαρίστησι, με τι χαρά<br />
θα μπαίνεις σε λιμένας πρωτοειδωμένους·<br />
να σταματήσεις σ'εμπορεία Φοινικικά,<br />
και τες καλές πραγμάτειες ν'αποκτήσεις,<br />
σεντέφια και κοράλλια, κεχριμπάρια κ'έβενους,<br />
και ηδονικά μυρωδικά καθε λογής,<br />
όσο μπορείς πιο άφθονα ηδονικά μυρωδικά·<br />
σε πόλεις Αιγυπτιακές πολλές να πάς,<br />
να μάθεις και να μάθεις απ' τους σπουδασμένους.<br />
<br />
Πάντα στο νου σου νάχεις την Ιθάκη.<br />
Το φθάσιμον εκεί είν' ο προορισμός σου.<br />
Αλλά μη βιάζεις το ταξείδι διόλου.<br />
Καλλίτερα χρόνια πολλά να διαρκέσει·<br />
και γέρος πια ν'αράξεις στο νησί,<br />
πλούσιος με όσα κέρδισες στον δρόμο,<br />
μη προσδοκώντας πλούτη να σε δώσει η Ιθάκη.<br />
<br />
Η Ιθάκη σ' έδωσε τ'ωραίο ταξίδι.<br />
Χωρίς αυτήν δεν θάβγαινες στον δρόμο.<br />
Άλλα δεν έχει να σε δώσει πιά.<br />
<br />
Κι αν πτωχική την βρεις, η Ιθάκη δεν σε γέλασε.<br />
Έτσι σοφός που έγινες, με τόση πείρα,<br />
ήδη θα το κατάλαβες η Ιθάκες τι σημαίνουν.<br />
<br />
<br />
(Κωνσταντίνος Π. Καβάφης)
</div>
<div id="column2" style="float: left; margin: 0; width: 50%;">
Se per Itaca volgi il tuo viaggio, <br />
fa voti che ti sia lunga la via,<br />
e colma di vicende e conoscenze.<br />
Non temere i Lestrìgoni e i Ciclopi<br />
o Poseidone incollerito:mai<br />
troverai tali mostri sulla via,<br />
se resta il tuo pensiero alto, e squisita <br />
è l'emozione che ti tocca il cuore<br />
e il corpo. Né Lestrìgoni o Ciclopi<br />
né Posidone asprigno incontrerai,<br />
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,<br />
se non li drizza il cuore innanzi a te.<br />
<br />
Fa voti che ti sia lunga la via.<br />
E siano tanti i mattini d'estate<br />
che ti vedano entrare (e con che gioia<br />
allegra!) in porti sconosciuti prima.<br />
Fa scalo negli empori dei Fenici<br />
per acquistare bella mercanzia,<br />
madrepore e coralli, ebani e ambre,<br />
voluttuosi aromi d'ogni sorta,<br />
quanti più puoi voluttuosi aromi.<br />
Rècati in molte città dell'Egitto,<br />
a imparare e imparare dai sapienti.<br />
<br />
Itaca tieni sempre nella mente.<br />
La tua sorte ti segna quell'approdo.<br />
Ma non precipitare il tuo viaggio.<br />
Meglio che duri molti anni, che vecchio<br />
tu finalmente attracchi all'isoletta,<br />
ricco di quanto guadagnasti in via,<br />
senza aspettare che ti dia ricchezze.<br />
<br />
Itaca t'ha donato il bel viaggio.<br />
Senza di lei non ti mettevi più in via.<br />
Nulla ha da darti più.<br />
<br />
E se la trovi povera, Itaca non t'ha illuso.<br />
Reduce così saggio, così esperto,<br />
avrai capito che vuol dire un'Itaca.
<br />
<br />
(Konstantinos P. Kavafis)
</div>
Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-3889515887578274722018-09-26T05:10:00.001+02:002018-09-26T05:10:34.672+02:00Mogwai - KIN [2018]Sfondo nero, un cerchio di luce blu/arancio/rossastra lascia emergere il profilo di un ragazzo: i lineamenti e i ricci sia pur cortissimi lasciano immaginare un ragazzo di origini africane. Il titolo dell'album appare in basso, in un riflesso di luce blu. Appena sotto, appena visibile, la scritta "ORIGINAL MOTION PICTURE SOUNDRACK" e poi, sotto ancora, "MUSIC BY MOGWAI". Tutto in stampatello.<br />
<br />
Play.<br />
<br />
Ed e' incanto.<br />
Che poi sia chiaro, a me i Mogwai piacciono assai, e non da oggi, eppure questo e' il primo loro lavoro che mi fa venir voglia di scriverne, vai a capire il perche'.<br />
Che poi non e' certo la prima colonna sonora a firma del (ormai) quartetto scozzese, seppure questa sia la prima per un film vero e proprio.<br />
Che poi, giustamente, in cos'altro potevano cimentarsi se non un, sia pur pessimo, film di fantascienza, in cui spaziare con suoni lunghissimi?<br />
Che poi, per quel che concerne me, trovo che quest'album abbia una notevole forza autosufficiente.<br />
<br />
Gia' dall'apripista si entra subito in un'atmosfera avvolgente e ipnotica, dai toni oscuri, e si capisce che il viaggio sara' lungo e intenso. Un lungo sogno da cui non svegliarsi mai.<br />
E non voglio piu' svegliarmi, no.<br />
Voglio lasciarmi ipnotizzare.<br />
Rimanere stordita ancora un minuto, uno solo.<br />
Perdermi nelle ripetizioni, nei cambi dinamici, nella potenza, nella dolcezza, nell'allucinazione.<br />
Perdermi nel vuoto intorno, lasciarmi scivolare via tutto cio' che non c'e' piu', tutto cio' che avrei voluto fosse e non sara', tutti i sogni infranti, tutte le persone care che non posso abbracciare, che non possono abbracciarmi.<br />
E sui titoli di coda, dove si possono ascoltare le uniche parole di questi 41minuti e 52secondi, pensare che no, non e' finita, che posso schiacciare di nuovo il tasto "play", ancora e ancora e ancora, fino ad addormentarmi spossata, fino a che il mondo davvero non esista piu', fino a che il silenzio non sia l'unica difesa possibile contro il silenzio.<br />
<br />
I cieli di Scozia hanno motivo di brillare questa notte.<br />
<br />
<i><b>Lista delle tracce</b></i><br />
<br />
Eli's Theme<br />
Scrap<br />
Flee<br />
Funeral Pyre<br />
Donuts<br />
Miscreants<br />
Guns Down<br />
KIN<br />
We're Not Done (End Title)Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-2335073109214320502018-06-30T05:33:00.002+02:002018-06-30T05:34:20.643+02:00Unknown Mortal Orchestra - Sex & Food [2018]Una persona, una donna, in tenuta da schermidore; la mano destra, infilata in un guanto, e' poggiata sul petto; la sinistra, di un fucsia surreale, riposa sul ventre; la testa e' china, dall'elmo se ne intravede il mento.<br />
<br />
Play.<br />
<br />
E chi se lo sarebbe aspettato che quest'album mi sarebbe piaciuto cosi' tanto?, i precedenti lavori mi erano parsi gradevoli, d'accordo, ma piuttosto scialbi... questo e' ben altra cosa: piu' elaborato, piu' disturbante dal punto di vista armonico, uno strano miscuglio di acid rock, funk e soul, con una strizzata d'occhio all'elettronica che di questi tempi pare un po' obbligatoria, o forse e' il mio orecchio a cercarla con sempre maggior curiosita', chissa'.<br />
Non so dire se e' perche' i neozelandesi hanno finalmente trovato la formula esatta, o perche' mi sembra sia suonato meglio, o perche' semplicemente mi arriva al momento giusto, ma trovo che questo lavoro sia una vera perlina.<br />
<br />
Leggendo qua e la' scopro che e' nata prima la copertina, poi sono venuti i brani, costruiti con l'idea di dare un suono a quei colori e quell'immagine sospesa, e infine il titolo, scelto per alleggerire il tutto, non senza un pizzico di ironia.<br />
Perche' e' vero, non possiamo scappare dal 20mo secolo, neanche per i quaranta minuti e quarantacinque secondi in cui ci sediamo in poltrona con il fido cuffione a lasciare che la musica ci avvolga. E infatti se la musica puo' ricordare (piu' che poco) quella dei favolosi anni settanta, i temi no, quelli ci parlano dell'alienazione di questi dannati anni dieci, della solitudine di una tastiera di computer.<br />
<br />
Dal punto di vista stilistico vorrei soffermarmi sugli arpeggi, con una menzione d'onore al missaggio, che quella chitarra, quando arpeggia, ha un suono morbido e bellissimo. Per non parlare dei cambi di passo, o delle chiusure inattese che ti lasciano come un cretino. O del fatto che l'unico brano chiuso in fade-out e' l'ultimo, come a non volerci salutare...<br />
<br />
Quest'anno mi sono emozionata poco per la musica; verrebbe da dire che se qualcosa mi fa decidere di tornare su queste pagine significa che deve aver toccato qualche tasto impolverato, e deve averlo fatto proprio bene: anche solo per questo, ringrazio.<br />
<br />
<i><b>Lista delle tracce</b></i><br />
<br />
A God called Hubris<br />
Major League Chemicals<br />
Ministry of alienation<br />
Hunnybee<br />
Chronos feasts on his children<br />
American guilt<br />
The internet of love (that way)<br />
Evveryone acts crazy nowadays<br />
This doomsday<br />
How many zeros<br />
Not in love we're just high<br />
If you're going to break yourselfLiv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-77661246222774391422018-05-15T23:25:00.002+02:002018-05-15T23:25:41.257+02:00Goodbye Glenn<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/4Tko5z5ynSI/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/4Tko5z5ynSI?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<br />
<i>(questa notizia mi ha stesa...)</i>Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-55405725223039999992018-04-16T02:29:00.000+02:002018-04-16T02:29:41.486+02:00Snow in Damascus! - Unconscious Oracle [2018]Sfondo grigio-bluastro. Al centro, in un cerchio, il disegno psichedelico della testa di una persona, che con le mani tiene un cubo con una specie occhio disegnato su un lato, come se attraverso quell'occhio egli potesse vedere. E altri cubi fluttuanti attorno, e alberi sottosopra, le cui radici affondano nel cielo. Il nome del gruppo e' in alto, il titolo dell'album in basso, tutto scritto in stampatello.<br />
<br />
Play.<br />
<br />
E' parecchio tempo che non riesco a trovare niente che riesca ad entusiasmarmi abbastanza da volerne scrivere; mi rendo conto che verosimilmente il motivo va ricercato non in una pessima annata per la musica mondiale, ma piuttosto in questa strana fase interlocutoria che sto attraversando e che mi sta un po' facendo <a href="https://www.youtube.com/watch?v=WGQ7JZRZ65M" target="_blank">perdere l'orientamento</a>... ma sto divagando, tanto per cambiare.<br />
<br />
Ma poi arriva questa perlina italica ed eccomi di nuovo qui, su queste pagine, a scrivere.<br />
Perlina, sissignore, e il suo essere gioiello non dovrebbe sorprendere: missato da un certo Pazzaglia, con un certo Fiorucci alla batteria e un certo Lazzeri a fare una comparsata... insomma, gente che da anni si e' guadagnata la mia piu' completa fiducia musicale per i loro squisiti contributi ad alcune tra le <a href="https://aquattromaniblog.blogspot.com/search/label/Paolo%20Benvegn%C3%B9" target="_blank">opere piu' pregevoli</a> che siano uscite dallo Stivale, e se personaggi cosi' decidono di mettere lo zampino in qualcosa... beh, questo qualcosa stuzzica la mia curiosita' e si aggiudica quantomeno una benevolenza preliminare: il resto poi, lo fa l'ascolto, anzi, gli ascolti.<br />
<br />
Perche' questo bel lavoro ne merita piu' d'uno di ascolto, possibilmente in cuffia, in poltrona, col giusto tempo e la giusta attenzione.<br />
<br />
Si tratta di un album malinconico e sognante, sospeso come in una nuvola, in cui ogni nota riverbera di eco interminabile: album elettronico eppure al limite del Floydiano, se mi e' concesso l'accostamento, in cui e' facile perdersi.<br />
E' un abbandono consapevole, un lungo saluto a una parte di se' che bisogna lasciar andare, un addio necessario, per certi versi sereno, ma non per questo facile o meno emozionale.<br />
D'altra parte forse anche la scelta di cantare in lingua d'Albione ci aiuta a rimanere sospesi in un fluttuare etereo: le voci poi, esse stesse sembrano venire da un altrove dove non c'e' dolore.<br />
Ma sia chiaro, al di la' della scelta linguistica e' un album di sensibilita' profondamente italica.<br />
<br />
Suggerisco inoltre di munirsi di un poderoso paio di cuffie per apprezzare fino in fondo quegli arpeggi morbidi ed ipnotici, quei tappeti avvolgenti, quei ritmi mai banail, e soprattutto quei dettagli minuscoli che fanno un ricamo pregevole al tutto.<br />
<br />
Insomma, ancora una volta la mia fiducia musicale si e' rivelata essere ben riposta.<br />
<br />
<br />
<i><b>Lista delle tracce</b></i><br />
<br />
Unconscious Oracle<br />
Vultures<br />
Fade Away<br />
Still Astral Trip<br />
No Details<br />
Will<br />
Guilty Brain<br />
Cherry Tree<br />
Falling UpwardsLiv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-86028299509031100372018-02-14T15:28:00.000+01:002018-04-10T04:45:48.001+02:00Glenn Branca - Symphony no. 13 (Hallucination City) for 100 guitarsSfondo marroncino, di quel marrone che ricorda non a caso i palchi dell'Auditorium "Parco della musica" di Roma. L'immagine e' divisa in tre parti: in alto semplicemente lo sfondo, al centro lo sfondo e le scritte, a caratteri enormi, una sopra l'altra "Branca" e "Symphony no. 13", in basso un'immagine del palco della Sala Petrassi con i musicisti seduti in attesa che cominci lo spettacolo.<br />
<br />
Play.<br />
<br />
Il 28 febbraio 2008 (no, non e' vero, non sono passati dieci anni, e' solo un'illusione ottica... merda!) io ero li', all'auditorium, con il mio ragazzo dell'epoca; ricordo che entrando le signorine ci diedero della cera da mettere nelle orecchie; ricordo che giocherellai con quella cera per l'intera serata senza mai usarla per il suo scopo originario, e successivamente rimase nella tasca della giacca per tempo immemore prima che mi rendessi conto che sarebbe stato il caso di buttarla; ricordo dove ero seduta; ricordo di aver pensato che la sala era immeritatamente vuota, che quel palco faceva impressione con tutte quelle chitarre; ricordo che tornando a casa ero entusiasta, allucinata, felice; ricordo che ci fermammo in un bar per una birra e incontrammo un mio ex compagno di classe delle superiori, uno che al tempo faceva il bullo con me e io lo temevo molto, e che quella era strafatto in modo brutto, che mi abbraccio', che mi chiese scusa, che mi racconto' la sua vita, che mi fece una pena infinita; ricordo che quel concerto fu musicalmente uno spartiacque, almeno per me.<br />
Questo e' cio' che ne scrissi il giorno dopo:<br />
<b><br /></b>
<i><span style="font-family: "courier new" , "courier" , monospace;"><b>se la fine del mondo ha un suono, questo è il suono della fine del mondo.</b></span></i><br />
<br />
<span style="font-family: "courier new" , "courier" , monospace; font-size: 12.6667px;">questo pensiero ha attraversato la mia testa sistematicamente per tutta la durata del concerto mentre a tratti avevo quasi l'impressione che ci fossero dei pianoforti alla Schoenberg, dei violini, un organo... ma no, solo chitarre... tante che tutte insieme così non si erano viste mai... e tu chiudevi gli occhi e sentivi di tutto: c'era il terremoto, un treno che entrava in una galleria, un aereo in volo, clacson impazziti in mezzo a vetri in frantumi e case in fiamme...</span><br />
<br />
Buffo rileggersi a tanta distanza.<br />
Ancora piu' buffo scoprire che un paio d'anni fa, dopo piu' di otto anni, e' stato rilasciato un cd con la registrazione di quella serata: potevo forse esimermi dall'acquisto?<br />
<br />
E cosi' mi ritrovo a scrivere di nuovo.<br />
Perche' poche cose stordiscono come un album di Glenn Branca.<br />
Quattro brani, quattro movimenti, quattro bombe soniche che ti scartavetrano le orecchie.<br />
Ottanta chitarre elettriche distorte e stonate, venti bassi, e quella batteria da sola che tiene il tutto con il suo ritmo macabro. Ottanta chitarre elettriche che non lasciano respiro.<br />
E' l'alienazione di una Gotham City senza supereroe, scura, sovrastata da nubi opprimenti, dove la salvezza non e' neanche piu' un ricordo.<br />
<br />
Ovviamente l'esperienza dal vivo aveva una forza di allucinazione collettiva che su disco si perde un minimo (ma giusto un minimo) e verosimilmente il mio ascolto, coaudiuvato dalla memoria, e' diverso da quello di qualcuno che quella sera non ha potuto esserci.<br />
Ma ecco, se volete (ma voi chi?) dargli una chance sedetevi in poltrona, infilate il disco in uno stereo, alzate il volume al massimo e chiudete gli occhi: la fine del mondo non sara' mai stata cosi' emozionante.<br />
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<b><i>Lista delle tracce</i></b><br />
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March<br />
Chant<br />
Drive<br />
VengeanceLiv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-12457682396657006192017-10-10T21:21:00.000+02:002017-10-10T21:34:49.186+02:00AAVV - KO Computer [2017]Fondo azzurrognolo che evapora nel bianco, strisce bluastre, come svincoli uno sopra l'altro di una superstrada, si accavallano e si attorcigliano. In alto a destra e' disegnato il profilo di un aeroplano, in alto a sinistra il logo di King Kong Radio, appena sotto la scritta "12 Artisti italiani omaggiano" e sotto ancora "Ok Computer / Radiohead 1997 - 2017". In basso l'elenco dei suddetti artisti con accanto il titolo del brano interpretato.<br />
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Play.<br />
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Ne avevo gia' accennato quando ho avuto la fortuna <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2017/06/ko-computer-ex-dogana-roma.html" target="_blank">di ascoltarne alcuni brani dal vivo</a> durante il mio brevissimo passaggio estivo per la Capitale. Oggi, a distanza di tempo e dopo numerosi ascolti, sento l'urgenza di scriverne per davvero.<br />
<br />
Piccolo preambolo, qualora ve ne fosse bisogno.<br />
"Ok Computer" non e' un album qualsiasi.<br />
Non e' neanche semplicemente un bellissimo album qualsiasi.<br />
"Ok Computer" e' un'anomalia forse irripetibile.<br />
I Radiohead hanno scritto degli album strepitosi sia prima che dopo "Ok Computer", album che hanno aperto strade, che hanno fatto sognare, che hanno coccolato generazioni di animi malinconici, album da pelle d'oca.<br />
Ma "Ok Computer" e' un'altra cosa.<br />
Esagero: "Ok Computer" e' l'album perfetto.<br />
"Ok Computer" ha saputo parlare dell'uomo moderno, delle sue paranoie, della sua alienazione quando ancora credevamo di poter credere in qualcosa, quando ancora non ci rendevamo conto di come la grande disillusione globale ci stesse consumando da dentro.<br />
<br />
L'idea di King Kong Radio (gli dei della musica l'abbiano in gloria!) e' coraggiosa: andare a sfiorare l'album perfetto e' un rischio che in pochi prenderebbero, ma forse infondo al cuore tutti vorrebbero trovare il coraggio di farlo, di suonare almeno una di quelle canzoni facendola propria... E' una bella sfida e dodici eroici Italiani la accettano: io, standomene non molto eroicamente seduta in poltrona dall'altra parte del mondo, lo ricevo cosi'.<br />
<br />
Motta&Appino.<br />
Cominciano con un arpeggio di chitarra acustica, e un'altra chitarra acustica a sostituire gli archi della melodia introduttiva; tutta l'essenza del brano e' di fatto affidato alle chitarre acustiche, a eccezion fatta del finale elettronico e sghembo. La voce di Francesco Motta, al limite del roco se paragonata a quella di Thom Yorke, si incastra perfettamente all'ambiente tra echi e ritorni.<br />
<br />
Diodato.<br />
Il suo e' coraggio allo stato puro, perche' suonare una cover di un brano di "Ok Computer" non e' da tutti ma ancora si puo' fare, ma "Paranoid Android"... la canzone perfetta dell'album perfetto... eppure lui riesce a non sporcarla: non so dire "farla sua" perche' conosco poco o niente della sua produzione (mea maxima culpa), ma certo la sua voce e' una lama e l'uso dell'elettronica e' sapiente, tanto da far quasi dimenticare le chitarre di Jonny Greenwood. Nel finale, quella terza parte che ogni volta e' una stretta allo stomaco, i cori sono sostituiti da un pianoforte, e il brivido non e' intaccato.<br />
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Niccolo' Fabi.<br />
Quanti secoli sono passati da "Capelli"?, quante vite?, e io che all'epoca lo avevo preso per una meteora irrilevante (ri-mea maxima culpa)... Anche qui la cover e' acustica, ma questo e' Fabi al cento per cento, che riducendosi all'essenziale esalta la morbidezza di un brano che, per collocazione infelice (ma a qualcuno doveva pur toccare la posizione dopo "Paranoid Android"), si tende spesso a dimenticare ingiustamente.<br />
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Colapesce.<br />
L'inizio elettronico da solo fa venire i brividi allo stomaco: la chitarra acustica non e' che un ricordo, ma paradossalmente si materializza come un'eco nell'orecchio di chi (come la sottoscritta) ha consumato il cd comprato alle superiori. I suoni sono ipnotici e ammalianti, forse giusto un po' troppo sovrapponibile all'originale, ma mica ci si sta sovrapponendo con una roba qualunque!<br />
<br />
Dimartino&Cammarata.<br />
Perche' c'e' bisogno di rilassarsi di tanto in tanto, e allora ci regalano una versione piano/chitarrina e poco piu', in cui anche le percussioni sono appena accennate, con le due voci che si intrecciano perfettamente per tutta la durata del brano, delicato come una piuma nel vento.<br />
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Marlene Kuntz.<br />
Eh loro no, non possono fare una cover sovrapponibile, Marlene e' sempre alla ricerca del nuovo. E qui Marlene esplora il nuovo assoluto nella la prima meta' del brano, mentre lo riveste di essenza-Marlenica nella seconda: Marlene puo' solo snaturare, sempre senza perdere la bellezza, perche' Marlene, ricordiamolo, <a href="https://www.youtube.com/watch?v=soQI6ZqIvE0" target="_blank">cerca la bellezza ovunque</a>, anche nella sua controllata follia. Brano di difficile digestione, ma questa e' Marlene.<br />
<br />
Spartiti.<br />
La voce di Collini era l'unica che poteva essere presa in considerazione per questo brano; il suo inglese stentato, il suo modo inconfondibile di recitare senza apparente trasporto... Collini, l'uomo che si finge macchina, al posto di una macchina che voleva rappresentare l'uomo moderno. Se i Radiohead avessero conosciuto Collini probabilmente avrebbero affidato la parte a lui. E ho detto tutto.<br />
<br />
Adriano Viterbini.<br />
Se non fosse per la collocazione non avrei mai e poi mai riconosciuto il brano, tutto chitarre con un filo di overdrive che si attorcigliano al limitare del southern-rock e dell'arabesco, e una batteria appena sfiorata a dare il tempo. Gradevole in ogni dettaglio.<br />
<br />
Iosonouncane.<br />
Cori, cori, cori. Echi e cori. Suoni infiniti che rimbombano da tutte le parti e arrivano confusi a confondere e ipnotizzare. E la paranoia, la paura, sono amplificate allo spasmo, restituite alla loro essenza.<br />
<br />
Nada.<br />
La voce degli angeli per un capitolo pesante da decifrare. Ricordo (ce n'e' bisogno?) il senso del brano: c'e' un essere umano stanco della vita e di quelle immagini televisive di perfezione che svuotano l'anima, divorato la finzione del vivere, siccche' vede in un incontro a tu per tu col monossido di carbonio l'unica via d'uscita. E Nada?, Nada col suo sorriso riesce a renderlo un brano gioiso, quasi come se la risoluzione finale fosse paradossalmente il modo giusto di scoprire la felicita'. Che sia voluto o meno e' difficile a dirsi, ma tant'e'.<br />
<br />
Cristina Dona'.<br />
Una cover di sole voci per una delle voci piu' interessanti del panorama italico; voci che si sovrappongono una sull'altra e non c'e' bisogno di altro, voci che si attorcigliano nell'aria e liberano l'anima da ogni male. Due minuti e cinquantanove secondi che vorresti non finissero mai.<br />
<br />
Paolo Benvegnu'.<br />
Il gran finale non poteva che essere affidato a lui/loro, perche' in giro non c'e' niente di meglio e a quanto pare non sono l'unica a pensarlo. Ed e' anche tematicamente ovvio associare questo brano a lui/loro: rallentiamo, fermiamoci a guardare, ad assaporare, lasciamoci sorprendere da un pensiero e culliamolo qualche secondo, restituiamo valore ai momenti di silenzio immobile... dove corri imbecille?, rallenta!, respira!, torna ad essere Uomo!<br />
La sua voce, le loro voci, l'eleganza degli arrangiamenti, i dettagli su cui soffermarsi: meraviglia, gran finale.<br />
<br />
Difficile confrontarsi con questo gioiellino, difficile davvero. Ma che lo si ascolti ancora, ecco, che ci si innamori di nuovo, che ci si lasci trasportare e coccolare, che la dolcezza malinconica dell'originale trovi nuova vita in un mondo che non e' poi cosi' diverso da quello che era stato disegnato; un applauso, un inchino.<br />
<br class="Apple-interchange-newline" /><br />
<b><i>Lista delle tracce (serve davvero?)</i></b><br />
<b><i><br /></i></b>Airbag - Motta&Appino<br />
Paranoid Android - Diodato<br />
Subterranean Homesick Alien - Niccolo' Fabi<br />
Exit Music (for a Film) - Colapesce<br />
Let Down - Dimartino&Cammarata<br />
Karma Police - Marlene Kuntz<br />
Fitter Happier - Spartiti<br />
Electioneering - Adriano Viterbini<br />
Climbing up the Walls - Iosonouncane<br />
No Surprises - Nada<br />
Lucky - Cristina Dona'<br />
The Tourist - Paolo Benvegnu'Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-83749222928529303672017-07-22T15:32:00.000+02:002017-07-23T04:17:47.543+02:00Montréal<i>(Sedersi a pranzare con un foglio, una matita e nessuna voglia di fare i conti: ecco che succede...)</i><br />
<br />
Il Quebéc non e' Canada, e' un'altra cosa, ha un altro respiro. Non e' solo una questione di lingua, e' qualcos'altro che fatico a capire ma che sento nettamente. Il loro francese e' strano, spesso non lo capisco: un autoctono con cui parlavo l'altra sera al bancone del posto dove ho cenato (dove per altro ho mangiato un francesissimo Chèvre chaud decisamente notevole) diceva che dal suo punto di vista sono i francesi ad avere un accento strano. Gia'. Storicamente sbagliato, ma che importa?<br />
Con l'inglese e' la stessa cosa, solo che siamo tutti abituati all'accento americano: chissa', magari passando un tempo sufficiente in Quebéc potrei addirittura cercare di capire se l'evoluzione dell'accento e' simile in spirito a quella avvenuta con la lingua d'Albione. E del resto ci sara' qualche linguista che ha studiato la questione ben prima e ben piu' approfonditamente di quanto potrei mai fare io col mio orecchio e i miei pensieri sconnessi.<br />
Ma sto divagando, tanto per cambiare.<br />
<br />
Dicevo che il Quebéc non e' Canada, ma non e' corretto: il Canada e' talmente vasto ed io lo conosco talmente poco che non e' giusto da parte mia lanciarmi in affermazioni cos' forti. Diciamo che il Quebéc e' profondamente diverso dall'Ontario del sud, affermazione molto piu' debole e oserei dire al limite del tautologico.<br />
E' pur vero che i miei amici Hamiltoniani sostenevano di potersi sentire a casa in tutto il paese tranne che in Quebéc, quindi chissa'.<br />
Quanto a me sento piu' forte il salto tra qui e l'Ontario del sud di quello che ho sentito tra l'Ontario del sud e il Grande Sud degli Stati: buffo, interessante, e' un altro fatto che vorrei capire.<br />
Avere antenati francesi o ingelsi fa davvero cosi' tanta differenza?, il ben noto (e ingiustificato) senso di superiorita' francese e' davvero cosi' forte da sopravvivere per 200 anni a 5000 km di distanza?<br />
Sara' che sono lontana dall'Europa da troppo tempo, ma oggi mi sembra che la somiglianza tra questi e i cugini d'oltralpe sia molto piu' forte di quella tra i nordamericani parlanti lingua inglese e i britannici. Buffo. Va detto anche che non ricordo di aver avuto la stessa sensazione quattro anni fa, durante la mia prima visita qui, ma va pur detto che all'epoca non avevo nessuna esperienza di vita nordamericana e inoltre i miei pensieri erano focalizzati su altro: oggi invece ho voglia e bisogno di guardarmi attorno e pensare.<br />
Forse l'essere una comunita' piu' piccola rispetto a quella anglofona li ha portati ad aggrapparsi con piu' forza alle loro radici. O magari c'entra anche il fatto che il mio airbnb e' al Plateau...<br />
<br />
Ma ecco, qui seduta in questo patio in una traversa di rue Sainte Catherine, mi guardo intorno e penso che tutto sommato potrebbe essere una traversa di Queen Street a Toronto, e a malapena noto la differenza. Cosi' come per certi versi il Plateau mi ricorda vagamente James Street North a Hamilton, solo piu' pulita e piu' viva.<br />
<br />
Semmai dovessi tornare a casa saro' una persona diversa, una che si orienta in Citta' (maiuscola, quella), per dire. Saro' una che ha imparato il silenzio, una che ha perso il senso dell'orientamento, una che per tre anni ha dimenticato cosa vuol dire sentirsi a casa, sapersi accolti, ascoltati... non dico capiti, quello non e' possibile, l'essere umano non e' fatto per capire un altro essere umano, ma ascoltati... Saro' una che ha dimenticato (se mai lo ha saputo) come si parla, una che ha ascoltato tanto e non ha parlato mai. E chi lo sa, quandanche dovessi tornare a casa o trovarne una nuova, se tornero' a parlare. Qualcuno direbbe che non ho parlato mai e in linea di massima non avrebbe completamente torto ma ecco, diciamo pure che sono peggiorata molto.<br />
<br />
Un uomo seduto a un tavolo qui accanto mi guarda. Non ha l'intento di approcciarmi, non e' quello sguardo li'. Mi guarda perche' mi vede sola e pensosa, con gli occhi che a tratti si alzano dal foglio per perdersi nel vuoto, e questa cosa lo incuriosisce genuinamente; magari si domanda cosa ci faccio qui, sola e pensosa, con una birra che si va scaldando al sole, una matita e un pezzo di carta.<br />
Gia'.<br />
Cosa ci faccio qui?<br />
Mi sono persa e non riesco ancora a ritrovarmi.<br />
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...e comunque vedere un Tim Hortons sparuto sulla strada tra l'aeroporto e il centro mi ha scosso: accidenti quanto sono malinconica di questi tempi!Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-48551019502558216592017-07-15T23:19:00.001+02:002017-07-15T23:19:36.279+02:00Deproducers - Botanica [2017]Sfondo di un verde chiaro e leggero, come una fogliolina giovane illuminata dal sole. In alto, al centro il numero due, al centro il titolo dell'album, scritto cosi' grande da dover essere mandato a capo, con opportuno trattino, tra la a e la enne: le lettere sono riempite con disegni di fiori, foglie, tronchi d'albero segati in modo da mostrarne le venature. Sotto, piccolo, il nome della band.<br />
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Play.<br />
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Prendete quattro giganti, metteteli in una stanza e lasciate che la magia avvenga.<br />
E se non vi basta (del resto come potrebbe bastarvi?), fatelo una seconda volta: ecco a voi Botanica.<br />
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L'intento, a mio avviso riuscitissimo, dei Deproducers e' quello di re-insegnarci lo stupore verso la realta', dall'universo immensamente grande e lontano alla natura verde che ci circonda, stupore primordiale, vero, sincero, come quando eravamo bambini e guardavamo ad occhi spalancati le stelle di notte o le nervature delle foglie di giorno.<br />
Il <a href="https://open.spotify.com/user/europeanspaceagency/playlist/5UrKdK3B45tgk0oB1EXJlZ" target="_blank">primo capitolo</a> di questo "audiolibro" immaginifico era infatti dedicato allo spazio profondo, alle stelle, alle galassie, probabilmente la prima grande fascinazione di un essere umano nel momento in cui impara a guardare fuori e porsi domande... beh, almeno lo fu per me.<br />
Il secondo capitolo, per l'appunto, e' dedicato alle piante, alla loro Vita imperscrutabile, al loro respiro lento e inesorabile.<br />
<br />
A dare corpo e colore alle immagini poi, ci pensa la musica.<br />
E che Musica!, scritta e suonata magistralmente, con eleganza: una morbida coperta da cui lasciarsi avvolgere, stordire e ipnotizzare, che i Signori Casacci, Cosma, <a href="https://aquattromaniblog.blogspot.com/search/label/Gianni%20Maroccolo" target="_blank">Marock</a> e Sinigallia (in rigoroso ordine alfabetico) ne sanno piu' di qualcosa su come ammaliare con suoni, ritmi, armonie.<br />
<br />
Ecco, giusto un appunto, piu' che "musica da conferenza" come ho letto da qualche parte, vatti a ricordare dove, piuttosto direi "musica da documentario", non per sminuirne l'esattezza scientifica, sia chiaro, ma una conferenza sarebbe troppo tecnica perche' dei non-specialisti come me possano apprezzarne la bellezza, o stupirsene.<br />
Di fatti lo scienziato da ringraziare questa volta e' Stefano Mancuso, che oltre ad essere (leggo in rete) il fondatore della controversa <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Plant_perception_(physiology)" target="_blank">neurobiologia vegetale</a> e' anche un abile <a href="https://www.ted.com/speakers/stefano_mancuso" target="_blank">TED-talker</a>, perfettamente in grado quindi di comunicare con dei non addetti e farli pensare.<br />
<br />
Ma se al primo ascolto ci si sofferma sulla musica, al secondo sui dati scientifici e al terzo sulle loro implicazioni, poi al quarto si ritorna in se stessi e dal quinto in avanti e' di nuovo la Musica, viene da dire scientificamente esatta, ad occupare la nostra attenzione e a farci sognare.<br />
<br />
A rischio di ripetermi...<br />
...2017, ottima annata almeno da quel lato dell'Atlantico.<br />
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<b><i>Lista delle tracce</i></b><br />
<b><i><br /></i></b>Pianeta verde<br />
Dendrocronologia<br />
Fotosintesi<br />
Radici<br />
Natura psicoattiva<br />
Societa' vegetale<br />
Global seed vault<br />
Sviluppo di un fiore<br />
Vegetazione modulare<br />
Disboscamento<br />
BotanicaLiv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-82746953771628351112017-06-26T17:12:00.000+02:002017-06-26T17:12:05.915+02:00Paolo Bevengnu' @ Biblioteca Lazzerini - Prato<div style="text-align: right;">
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<i>20 giugno 2017</i></div>
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Zurigo, Barcellona, Sardegna, un rapido passaggio per Roma tra un volo e l'altro: una tournee Europea piuttosto faticosa. Il passaggio per Roma tra Barcellona e la Sardegna e' stato il piu' lungo, ben cinque giorni, un'immensita'.<br />
E poi.<br />
E poi sono venuta a sapere che Benvegnu', dopo <a href="http://sentireascoltare.com/news/paolo-benvegnu-annullate-alcune-date-del-tour-per-problemi-di-salute/" target="_blank">l'interruzione forzata</a> avvenuta a fine aprile, riprendera' la sua tournee in giro per lo Stivale proprio durante quei cinque giorni. E non importa dove si tenga questo concerto, non importa neanche che io debba fare un seminario a Torvergata il pomeriggio dello stesso giorno: l'idea di prendere un treno per andarlo a sentire si era affacciato subito alla mente, e la brevissima conversazione di <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.it/2017/06/ko-computer-ex-dogana-roma.html" target="_blank">domenica sera</a> mi ha convinta definitivamente.<br />
<br />
Un concerto di Benvegnu' e' per me un viaggio nell'anima che va ben oltre la musica. C'e' una sola persona al mondo con cui vorrei tentare di condividere quest'esperienza, ma un volo al mattino dopo rende impossibile la sua presenza: pazienza, sara' per la prossima volta.<br />
Cosi', anche oggi, parto sola.<br />
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Un breve scambio di messaggi con l'ottimo Andrea (che si', a questo punto considero un amico) e rimedio un ostello e un invito a cena con il gruppo.<br />
E' quindi con emozione infinita che salgo sul frecciargento in direzione Firenze; l'orrido treno arrivera' in ritardo anche questa volta (che sia una <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.it/2014/12/paolo-benvegnu-container-grottammare.html" target="_blank">maledizione</a>?) ma da Firenze a Prato i regionali sono frequentissimi e quantomeno non devo prendere un taxi: mi basta aspettare un po', giusto dispiaciuta per il ritardo di venti minuti sulla mia personale tabella di marcia e, soprattutto, sperando di non crear problemi.<br />
<br />
Arrivo all'osteria e Andrea e' fuori che mi aspetta, gli altri sono dentro insieme ad un paio di loro amici: uno poi scopriro' essere il fotografo della serata, l'altro e' M., un carissimo amico di Andrea. Tutti mi salutano con caloroso affetto, con baci e abbracci come si fa con gli amici.<br />
Mi sento un po' un'adolescente imbecille ad emozionarmi cosi', ma cerco di non darlo a vedere.<br />
Hanno finito di mangiare e mi sento fortemente in imbarazzo, ma si impegnano molto per farmi sentire a mio agio, Andrea ordina altri tortelli (spettacolari!) e mi fanno un po' compagnia; poi, uno alla volta, la banda si alza per andare a preparare gli ultimi dettagli per la serata, io finisco il pasto e M. mi accompagna all'ostello per fare il check-in e lasciare lo zaino.<br />
Pochi minuti e sono di nuovo in strada, aiutata da Mr. Google (<i>il savio gentil che tutto seppe</i>) a trovare la strada verso la biblioteca.<br />
<br />
Lo spazio designato per il concerto e' all'aperto, il palco e' allestito, ci sono sedie ordinate all'uopo, tutte occupate; prendo posto in piedi su un lato. Sulla parete diametralmente opposta rispetto alla mia posizione troneggia un enorme striscione rosso con la scritta "Tu sei un filo passato attraverso la cruna di un ago. Tu sei una trama di momenti accumulati che si ammassa in giorni, notti e anni. Tu sei un rotolo di tela teso dalla nascita alla morte. Tu sei fasciato come un neonato, vestito come una stella e avvolto come un cadavere". Gente interessante da queste parti.<br />
Il tutto mi fa pensare a una situazione casereccia, al limite del familiare: ci sara' di che godere.<br />
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Entrano in scena, lui/loro/lui.<br />
Salgono su palco e senza dire una parola parte il fischio iniziale di "Victor Neuer" (piu' nuovo del <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.it/2015/11/scisma-mr-newman-2015.html" target="_blank">signor Uomonuovo</a>) e l'incipit e' cantato senza arpeggio, che entrera' solo sulla seconda meta' della prima strofa; e' una dichiarazione di intenti: il moderno Ulisse sta per mettersi(ci) in viaggio, e la sua voce ci prende per mano con garbo, quasi chiedendoci di affidarci a lui. L'arpeggio di Andrea e' bellissimo ma ahime' sono troppo lontana per riuscire a studiarlo con l'attenzione che vorrei.<br />
Poi "Nello spazio profondo" col suo ritmo incalzante, e nonostante il caldo mi trovo per un attimo immersa nella neve di Hamilton, all'incrocio tra Queen e King, nel silenzio, e inizia ad affiorare una sensazione che focalizzero' piano piano durante la serata: il fatto e' che quest'anno il cambiamento in me e' stato reale, ho solo un ricordo nebbioso di cio' che e' stato, e mi appare come una pausa dalla vita, una storia vissuta da un'altra persona, e questo pensiero mi tira fuori un sorriso nuovo.<br />
Segue "Suggestionabili" in versione superrock, che invece sento ancora mia, perche' ancora mi ostino a cercare di capire questo puzzle che in quasi trentaquattro anni non sono mai riuscita a risolvere. Non arriva potente come fu un anno e mezzo fa, ma certo fa venire la pelle d'oca.<br />
E' la volta di "Goodbye planet Earth", con gli splendidi bassi saltellanti di Luca e quella pronuncia forse volutamente sbagliata da far sembrare si tratti di un addio al cuore. E sono io tre anni fa, quando ho salutato quello che era il mio mondo per sfuggire a me stessa; la sensazione pero' non e' di malinconia ma piuttosto di dolcezza nei confronti della me del passato, la me contro cui ho lottato violentemente e che adesso sta forse trovando una pace insperata.<br />
Ci attaccano direttamente "Olovisione in parte terza", con le dita infuocate di Marco che accarezzano la tastiera e le mie orecchie, e capisco che <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.it/2017/03/paolo-benvegnu-h3-2017.html" target="_blank">H3+</a> sara' suonato in ordine, eventualmente saltando qualche brano come e' accaduto con "Macchine"... speravo si sentirla stasera... ok, next time.<br />
E' la volta di "Una nuova innocenza" e penso che adesso il Nostro una figlia ce l'ha davvero e boh?, forse e' solo suggestione, ma nei suoi occhi mi pare di vedere una luce diversa, un senso di benessere che forse non credeva sarebbe prima o poi arrivato. Il finale che ci regalano e' supersonico e mi stringe le budella.<br />
Alla fine del brano una piccola pausa per ringraziare il pubblico e dire due parole. Questo e' il primo concerto vero e proprio dopo Bologna (i tre pezzi suonati l'altra sera a Roma non valgono) e se ne percepisce l'emozione fortissima, la voce che trema: oltretutto Andrea e' di qui, Benvegnu' ha vissuto qui, gli altri sono comunque di zona, qui si gioca in casa, e giocare in casa e' sempre piu' difficile. Ringrazia dunque, e presenta l'ultimo brano, sostenendo di aver trovato ispirazione in alcuni dei presenti...<br />
...e parte "Se questo sono io", che suona inizialmente da solo, con la fida jazzmaster ad accarezzare la sua voce calda e bellissima, per poi lasciar riempire il tutto dal resto del gruppo.<br />
E no Signor Benvegnu' dai, non prendermi in giro, non stai parlando di me, non fare il furbo, non e' vero, non ci credero' mai! Non e' vero che parli di me, di come tre anni fa ho varcato un oceano sperando di ricominciare, di come ho avuto troppa fretta e mi sono persa sempre, di come ho bruciato due anni di vita, di come ho deliberatamente ignorato i miei fantasmi negli inverni Hamiltoniani convinta che bastasse prendere un aereo per rinascere, di come ho pensato troppo presto di avercela fatta, di come ho giocato alla spavalda e mi sono frantumata le gengive. E non sai che in tutto questo contorcimento la tua voce mi ha camminato a fianco tante di quelle volte che quasi ti considero uno di casa: eri li' nella neve, nell'inverno, alla stazione di Toronto, eri li' quelle rare volte in cui ho potuto mettere i piedi nell'oceano...<br />
Due ragazze accanto a me chiacchierano indifferenti; io, stordita, mi domando cosa ci vengano a fare a un concerto se poi devono parlare tutto il tempo, vorrei trovare il coraggio di zittirle ma non ne sono capace e mi limito a fare un paio di passi indietro per allontanarmi dal loro chiacchiericcio.<br />
Come da disco segue "Quattrocentoquattromila", che dal vivo e' piu' entusiasmante che mai e mi strappa un sorriso d'ammirazione; questi musicisti sono dei giganti!, il finale, prolungato fino allo spasmo, non lascia scampo.<br />
E di nuovo, come da disco, segue "Boxes" con la sua cadenza al limitare del blues, il cuore che batte a tempo con i colpi magistrali e potenti di Ciro, le pareti attorno che vibrano, le stelle lassu' che ci guardano: e' un brano molto intenso e Benvegnu' questa sera lo interpreta quasi da attore.<br />
Poi "Avanzate, ascoltate", e di nuovo quella bella sensazione di prima mi assale. Un anno e mezzo fa mi erano bastate poche note per essere catapultata nel passato. Oggi il pensiero va al mio salotto ad Atlanta, alla mia dolce Ofelia che mi aspetta in finestra, al mio pianoforte, silenzioso da settimane, su cui prima di partire provavo ad imparare a suonare questo brano perche' avevo la sensazione che non fosse poi cosi' difficile, che l'avrei potuto fare; solo in un secondo momento realizzo l'essenza profonda del cambiamento avvenuto, e questa chiarezza addolcisce i miei pensieri che si posano, quasi senza che me ne accorga, su di un cappello da pompiere.<br />
E' il turno di "Slow parsec slow" e della sua pace salvifica, a cornice perfetta del mio flusso di coscienza. Il NuovoMondo, il mio mondo nuovo, la luce del Grande Sud che scalda il cuore... ed e' gioia pura, indescrivibile.<br />
L'ultimo brano prima della pausa e' "Il mare bellissimo", un viaggio senza destinazione in cui perdersi, dietro note, e ritmi, e meraviglia, e pensieri, e sensazioni, e le curvature del ghiaccio (gniiiiiiiick!, genio chiunque di voi abbia pensato di mettere li' quel fischio: ogni volta che arrivo a quel punto penso che si', e' proprio il suono del ghiaccio).<br />
<br />
Pausa, brevissima.<br />
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Tornano in scena e Benvegnu' presenta, con voce lievemente tremante dall'emozione, il brano con cui apriranno l'encore: e' "The tourist" nella versione da pelle d'oca che ho avuto il piacere di ascoltare solo due giorni fa, e che a differenza della versione registrata in KO Computer comincia, stasera come domenica sera, con il ritornello cantato a cappella da Benvegnu', Andrea e Luca. Bellissimo!<br />
Segue "Andromeda Maria", suonata essenzialmente in solitaria, giusto con un morbido tappeto disegnato appena da Ciro, Luca (ai synth, o cosa?, non vedo...) e Marco. Mi sembra di sentirla oggi per la prima volta, ha un calore incredibile, dolcissimo, da piangere.<br />
Torna in scena anche Andrea, Luca torna al basso e ci regalano una versione molto potente di "Solo io e il mio amore" e il suo schiaffo agli indifferenti, ai codardi, agli ipocriti. Alcuni di quelli accanto a me muovono la testa a ritmo, altri accennano un ballo. Io guardo le stelle e mi lascio emozionare.<br />
Siamo al gran finale, "Cerchi nell'acqua" e il suo invito a continuare ad andare sempre avanti, a camminare, a fermarsi quando serve, per respirare, per pensare, per soffermarsi sulle cose belle, e poi proseguire, ancora e ancora, fino alla fine.<br />
Ma no, non era l'ultima, con l'uscita di H3+ il finale non puo' che essere affidato a "No drinks, no food", alla sua armonia degregoriana, al benessere che emana, alla sua dolcezza che e' pace, pace, pace. Chiudo gli occhi, respiro e mentalmente li ringrazio, uno per uno, per questo bel regalo che mi hanno fatto in occasione del mio n-simo giro di boa europeo.<br />
Tre inchini, saluti, ed escono di scena.<br />
<br />
Ma il pubblico ne vuole ancora, li richiama a gran voce, cosi' escono, sorridenti, e ci regalano una dolcissima versione di "Hurt" dei Nine Inch Nails che mette i brividi. Tutto il pubblico si e' alzato e avvicinato al palco e io, per vedere qualcosa, salgo in piedi su una panchina di pietra.<br />
Gran finale, non c'e' che dire.<br />
Di nuovo tre inchini, saluti, buio.<br />
Stavolta e' finito davvero.<br />
<br />
Li aspetto per salutarli, ringraziarli, complimentarmi.<br />
Un abbraccio ciascuno, un ringraziamento ciascuno, compro anche una maglietta con il '<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Tian" target="_blank">tian</a>' di H3+ disegnato sopra.<br />
<br />
Andrea mi chiede di aspettarlo. Andremo poi a bere sangria con alcuni suoi amici sulla splendida terrazza di una sua amica, un piccolo angolo di paradiso in centro a Prato.<br />
Chiacchiereremo, stringero' nuove amicizie, addirittura cantero' sottovoce "Il mare verticale" e "Smells like teen spirit" accompagnata da Andrea alla chitarra classica.<br />
Avro' occasione di conoscere persone deliziose che spero di rincontrare prima o poi.<br />
Tornero' all'ostello tardissimo, stanca morta, ma felice come una bambina.<br />
<br />
Al mattino dopo ho appuntamento in piazza con Andrea per fare colazione assieme.<br />
Vuole coinvolgermi nel suo nuovo disco, per questo aveva tanta voglia di parlarmene: la cosa mi onora a tal punto che, nonostante io dubiti di poter fare davvero qualcosa di buono, accetto la sfida e decido di tentare.<br />
Ascoltero' i provini sul treno verso casa e... beh, se questi sono solo provini non oso immaginare che meraviglia sara' il prodotto finale... e' deciso: mi lancio, e poi vedremo se ne uscira' qualcosa.<br />
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E cosi', ancora una volta, grazie.<br />
Grazie amici, grazie, grazie, grazie.</div>
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Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-3162398977744500032017-06-23T22:33:00.000+02:002017-06-23T22:33:24.920+02:00KO Computer @ Ex Dogana - Roma<div style="text-align: right;">
<i>18 giugno 2017</i></div>
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Feisbuc, mostro a sette teste, orrido prosciugatore di umanita', io ti benedico.</div>
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Ti benedico perche' conosci i miei gusti musicali, sai ogni giorno in quale angolo di mondo io mi trovi (o mi trovero') e per conseguenza mi fai sapere chi suonera' (o suonera') in un intorno ragionevolmente piccolo della mia persona.</div>
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La compilazione "KO computer", per chi non lo sapesse, e' un omaggio di King Kong radio al disco dei Radiohead che scosse il mondo musicale esattamente vent'anni fa; oggi, in occasione del suo compleanno, undici artisti italiani, ne reinterpretano un brano a testa: parliamo di brani schifosamente belli, reinterpretarli e' una gran sfida, ma l'operazione a me pare abbastanza riuscita, del resto la musica italica gode di ottima salute, checche' se ne dica.</div>
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Per chi fosse interessato si puo' ascoltare e/o scaricare il tutto da <a href="http://www.kingkong.rai.it/dl/portaleRadio/Programmi/Page-5947fea3-6741-41c3-9654-536da5aab555.html?set=ContentSet-e18dcc6b-a87c-47f4-9db2-ec1154701c1c&type=A" target="_blank">qui</a>.</div>
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Due giorni dopo l'uscita della compilazione, King Kong radio organizza in quel di Roma una serata (gratuita) a tema, da principio sperando di avere tutti i musicisti, in seconda battuta accontentandosi essenzialmente della meta', perche' e' estate, perche' ci sono tour da fare, perche' la gente va in vacanza, anche i musicisti. Ma anche avere mezzo disco e' un bel lusso in casi come questo.</div>
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Chiamo un caro amico, uno che so potrebbe apprezzare cose come questa, uno dei due che vennero <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.it/2015/12/giorgio-canali-plays-joy-division-monk.html" target="_blank">qui</a>, per capirci: decisione dell'ultimo secondo, si va.</div>
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Il posto e' carino, siamo in un cortile, c'e' un bar con tavoli e sedie, un biliardino, dei tavoli da ping pong, il palco e' allestito su una specie di balaustra: tutto l'ambiente e' delizioso.</div>
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Col mio amico ci sediamo, ci beviamo un paio di birre piccole, chiacchieriamo raccontandoci le rispettive vite come facciamo ogni volta che passo per la capitale.</div>
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Sono belli gli amici cosi': durante la mia vita dall'altro lato dell'Atlantico non ci sentiamo praticamente mai, eppure quando sono dentro il raccordo, che sia passato un giorno, un mese, un anno, riprendiamo sempre dallo stesso punto.</div>
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Sono fortunata ad avere amici cosi'.</div>
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Quando lo spettacolo sta per cominciare ci dirigiamo verso il palco e rimediamo senza troppo sforzo un dignitosissimo posto in quarta fila.</div>
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Spengono le luci, accendono i riflettori, la presentatrice sale sul palco e, dopo averci detto quali sono i grandi assenti della serata, fa partire la registrazione di "Airbag" reinterpretata da Motta e Appino: discreto inizio per scaldare gli animi.</div>
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Finito il brano invita Diodato (che nella mia ignoranza non avevo mai sentito nominare) a salire sul palco per la sua versione di "Paranoid Android".</div>
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Ora.</div>
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"Paranoid Android" e' una delle canzoni piu' belle della storia del rock.</div>
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Posso dire 'la piu' bella?', non lo so, forse si'.</div>
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"Paranoid Android" e' la canzone che vorrei aver scritto io se fossi musicista.</div>
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Ci vuole un coraggio estremo per reinterpretare un brano cosi': toccarlo, scalfirlo... sembra un orrido sacrilegio... e nessuna versione potrebbe rendere giustizia all'originale a meno di esservi essenzialmente fedele. O almeno questo credevo.</div>
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Diodato riesce nell'impossibile con discreta eleganza guadagnandosi per sempre la mia ammirazione.</div>
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Poi gli viene chiesto di suonare un suo brano: mi appunto mentalmente di comprare un CD prima della partenza per le americhe o di farmene spedire uno da amazon.</div>
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I grandi assenti sono parecchi e si passa direttamente a "Karma Police", che nella compilazione e' reinterpretata in versione puramente elettronica dalla bella Marlene ma che oggi, causa vacanza, ci viene proposta in chiave acustica dal solo Godano: peccato per l'assenza del Maestro-Tesio, ma anche Godano da solo con una chitarra acustica, in barba al suo polso destro rigido come marmo, riesce a far venire la pelle d'oca.</div>
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Dopo "Karma Police", dovendo scegliere un suo brano da regalarci, ci suona "Nuotando nell'aria" e li' io (che sono io) inevitabilmente mi ritrovo a canticchiare il riff della chitarra mancante, che il mio orecchio ne soffre un poco l'assenza.</div>
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Poi tocca a "Fitter happier" in un'incredibile versione di Spartiti col testo tradotto in italiano, che solo Max Collini poteva rendere umana quella voce metallica senza snaturarne l'essenza.</div>
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Dal loro repertorio ci regalano "Sendero Luminoso" e vedo il mio amico ridere di gusto: ricordo il mio primo impatto con gli Offlaga Disco Pax (un sospiro a Enrico Fontanelli) e immagino che all'epoca anche io avessi la stessa espressione compiaciuta, che noi vecchi pseudocomunisti disillusi abbiamo quantomeno imparato a riderci su.</div>
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Poi Nada. Splendida, sorridente, luminosa. Nada e una "No surprises" dolcissima che poco o nulla ha da invidiare all'originale, e noi li', con la pelle d'oca, immobilizzati.</div>
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Quando e' il suo turno di scegliere un brano dei suoi, ci confessa "Questa l'avevo pensata a cappella ed e' cosi' che ve la voglio proporre stasera", e incredibilmente canta "All'aria aperta", lasciandoci tutti a bocca aperta, innamorati di quegli occhi da eterna bambina cresciuta.</div>
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Il gran finale e' affidato a Benvegnu', che voi (ma voi chi?) lo sapete, e' ultimamente <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.it/search/label/Paolo%20Benvegn%C3%B9" target="_blank">il mio preferito</a> al mondo.</div>
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Suona "The tourist", che se qualcuno doveva suonarla mi riesce difficile pensare ad altri, e l'attacco a tre voci con Luca e Andrea lascia senza fiato.</div>
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Quanto al suo repertorio ci propone "No drinks no food" e io, immancabilmente, mi ritrovo con gli occhi lucidi in un perverso gioco di specchi uno dentro l'altro, al ricordo di quando lo ascoltavo e ricordavo quando ero altrove e ricordavo altre memorie, e sorridevo al pensiero di me cosi' arrotolata.</div>
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Alla fine del brano la presentatrice di King Kong radio gli chiede si suonare un altro pezzo. "Vecchio o nuovo?" chiede, dal pubblico in molti rispondono "Vecchio!", io provo a dire "Nuovo!" ma sono probabilmente l'unica.</div>
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Vedo Franchi rivolgersi a Benvegnu' e chiedere "Paolo, che si fa?"; non vedo la risposta, non so cosa faranno, ma non fa nessuna differenza, mi giro verso l'amico che e' con me e dichiaro "Questa colpisce al cuore"; lui domanda "La conosci?"; rispondo "Si', ma non so quale sara'".</div>
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Parte "Cerchi nell'acqua". Certo, un brano da fine concerto, il messaggio positivo con cui si saluta.</div>
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Sorrido.</div>
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Il mio amico torna a casa, io invece voglio salutare <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.it/2015/04/andrea-franchi-tanz-2015.html" target="_blank">Andrea</a>, che da <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.it/2014/12/paolo-benvegnu-container-grottammare.html" target="_blank">quella notte</a> e' diventato quasi un amico: e' un onore immenso per me poter dire che anche lui mi considera quasi un'amica.</div>
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Lo avevo avvisato che ci sarei stata e lui mi ha portato dei cantuccini da Prato che assaggio (e godo) immediatamente, ma che decido di conservare gelosamente per il rientro nelle Americhe, per condividerli con qualcuno che abbia voglia di meritarseli (se mi leggi: altri sacrifici...).</div>
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Chiacchieriamo, mi dice di avere un nuovo album in cantiere ma lo fermo: non voglio sapere niente, non voglio rovinarmi il gusto della sorpresa quando lo ascoltero' per la prima volta.</div>
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Baci e abbracci anche con Luca, Ciro e Marco: scatta anche una sfida a biliardino Andrea/io vs Ciro/Luca, che finisce in un onorabile pareggio.</div>
Anche Paolo mi vede, mi sorride, mi si avvicina, mi saluta.<br />
"Che piacere vederti!", dice "Ti leggo sempre, con quelle cose che hai scritto mi hai proprio beccato!, quella conversazione che avevamo avuto mi aveva davvero colpito...".<br />
Non dico niente, non riesco a dire niente come al solito, resto li', inebetita e confusa.<br />
Avevo gia' una mezza idea di prendere un treno per Prato un paio di giorni dopo, per sentirli di nuovo dal vivo: a questo punto, dopo questa sera, decido definitivamente che lo faro'.Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-86535892737903400212017-06-20T09:49:00.000+02:002017-06-23T11:30:33.625+02:00Guns n' Roses @ Letzigrund Stadion - Zurich<div style="text-align: right;">
<i>7 giugno 2017</i></div>
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Correva l'anno 1990 e avevo da poco compiuto sette anni quando il figlio di amici di famiglia mi sottopose al primo ascolto di "G N' R Lies": la mia "carriera" da pessima musicista dilettante e attenta ascoltatrice di album comincio' quel giorno e i Guns N' Roses furono il mio primo amore musicale, parallelamente a Edoardo Bennato. Ebbene si', in versione ancora acerba (nel caso fosse sfuggito il dettaglio lo ripeto: avevo sette anni!) la mia anima rock e la mia vena cantautorale gia' cominciavano a farsi vedere.</div>
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Passarono per Roma nel '92 ma a quell'eta' non si poteva andare a un concerto dei Guns N' Roses: mi e' sempre rimasta una punta di amarezza nonostante mi sia sempre resa conto della ragionevolezza dell'imposizione parentale.</div>
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Nel '93, con lo scatto della decina e l'uscita di "In Utero", mi stavo gia' spostatando nella direzione musicale che chi mi legge con attenzione (dai, ci saranno almeno due persone che leggono questi miei scritti?, facciamo tre?) conosce bene, e l'uscita di "The Spagetti Incident?" mi lascio' quasi del tutto indifferente... e d'altra parte esiste forse qualcuno in giro che lo tiene in gran conto?<br />
Per finire la lite tra Axl e Slash con conseguente fine di cio' che ai miei occhi erano in Guns n' Roses fu la pietra tombale del mio primo amore.</div>
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Da allora non ho praticamente avuto la piu' pallida idea di cosa fosse stato di tutti loro.<br />
Fino a poco fa.<br />
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<i><span style="font-family: "courier new" , "courier" , monospace; font-size: x-small;">(Si', lo so che questa storia l'ho gia' raccontata, ma amor di prosa voleva che io la riproponessi: tutto quel che segue pero' e' scritto odierno)</span></i><br />
<br />
Poco meno di due anni fa, in quel di Hamilton (ON) a cinque minuti a piedi da quella che era casa mia, venne a suonare <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.it/2015/09/slash-hamilton-place.html" target="_blank">Slash</a>, ormai gigante fuori tempo massimo: nessuno, allora, avrebbe potuto prevedere una rappacificazione tra lui e Axl e pensai che vedere anche solo uno dei due fosse per me un accettabile di premio di consolazione.<br />
<br />
Poi.<br />
<br />
Poi pero' capita che devo farmi una delle mie tournee' in Europa, e capita che io debba passare anche per Zurigo (CH) quattro giorni a lavorare con un carissimo amico, e capita che poco prima della mia partenza io riceva notizia che tutti i G N' R degli anni del mio innamoramento - beh, Axl, Slash, Duff e Dizzy - suonino proprio in quel di Zurigo (CH), proprio mentre io sono li', e capita che il mio amico sia a tutt'oggi di ascolti assai tamarrock.<br />
Allora ci si consulta rapidamente via skype.<br />
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- Che facciamo?, sono 176 franchi svizzeri perdio!<br />
-Vero, ma questa occasione non ricapita...<br />
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A nulla valgono due dottorati in matematica quando si ha un desiderio infantile da realizzare, non esistono argomentazioni logiche, c'e' solo voglia di andare: ciascuno cerca nell'altro la razionalita' necessaria per dire di no, ma e' una ricerca vana.<br />
E' un romanticismo profondo quello che ci spinge alla fine a svuotare il conto in banca; non avrei mai preso un treno apposta per i G N' R, forse addirittura non sarei andata neanche se fossero venuti ad Atlanta in un posto raggiungibile a piedi, o comunque ci avrei pensato; ma ecco, l'idea che un viaggio di lavoro si trasformi per incanto in un'occasione irripetibile da vivere con uno degli amichetti del cuore ha un fascino a cui nessuno dei due sa resistere.<br />
E' deciso, si va.<br />
<br />
Arrivati allo Stadio siamo catapultati direttamente alla fine degli anni ottanta: giacche jeans strappate, magliette sbiadite per essere rimaste trent'anni in un armadio, bandane, borchie, occhiali da sole.<br />
Io sono gia' emozionata.<br />
Entriamo e suona il primo dei gruppi spalla, c'e' pochissima gente e ci prendiamo il tempo per comprare anche noi una maglietta che indosseremo sopra il maglioncino (fa freschino a Zurigo accipicchia!), poi scendiamo sul prato dello stadio cercando di avvicinarci il piu' possibile al palco.<br />
Il primo gruppo spalla se ne va nella piu' totale indifferenza degli astanti.<br />
<br />
Viene piazzata un'altra batteria sul palco.<br />
Il mio amico, tamarrock si', ma evidentemente digiuno di concerti, pensa che ormai ci siamo e tutto sommato pensa sia normale che lo stadio sia mezzo vuoto dato che siamo in Svizzera e domani e' giorno lavorativo.<br />
Ah, beata innocenza.<br />
<br />
Il secondo gruppo spalla sono i The Darkness.<br />
Chi?<br />
Il mio amico tamarrock li riconosce subito, io ci metto un po' di piu'.<br />
Gli inglesissimi The Darkness, gruppo self-called rock che all'inizio degli anni zero aveva avuto un discreto successo su empty-vi con un paio di canzoni per poi svanire essenzialmente nel nulla.<br />
Il mio amico ed io ridiamo come pazzi ad ogni gorgheggio del cantante, che a un certo punto addirittura si mettera' in verticale ad aprire e chiudere le gambe come una forbice. Mi guardo intorno e noto essenzialmente due categorie: quelli che ignorano il palco e quelli che ridono.<br />
Ad un certo punto il cantante, piccatissimo, ci manda tutti a quel paese "Siamo qui per scaldarvi ma se voi non ballate o battete le mani non arriverete mai carichi per i Guns N' Roses... Fottetevi!"<br />
Il suo tentativo resta pressocche' ignorato.<br />
Chiudono il loro momento inglorioso con quello che era stato il loro brano di successo.<br />
Chissa' che male ha fatto il mondo per meritarsi i The Darkness.<br />
<br />
Se ne vanno senza salutare tra le grida della folla.<br />
Lo stadio si va riempiendo.<br />
Salgono i tecnici, smontano e rimontano.<br />
Sugli schermi, uno al centro e due ai lati del palco, viene sparato un filmato con lo storico logo circolare che gira e vari tipi di armi da fuoco (dalla classica rivoltella del logo a fucili di varia fattura) che sparano. Tecnologia audiovisiva moderna sfruttata da gente che ha il cervello negli anni ottanta.<br />
Fa quasi tristezza il pensiero.<br />
<br />
Poi, dopo un tempo che pare interminabile (ma sono solo le sette e quaranta), quando ormai lo stadio e' gremito (sold-out!, altro che svizzeri!), i tecnici scendono, le pistole sullo schermo sparano un ultima volta, calano le luci e poi... e poi via, entrano Axl, Slash, Duff, Dizzy, il giovane batterista e la bella tastieristina.<br />
Il mio cuore e' gia' andato.<br />
Attaccano con "It's so easy" e io gia' canto a squarcia gola. Axl e' un cicciottone ma la voce ancora c'e', giusto un filo piu' sporca e bassa. E non ne sbaglia una.<br />
Segue a ruota "Mr. Brownstone", e se sul momento fa ridere vedere 'sto panzone che fa le mossette-sexy come quando era un bel ventenne, dopo un po' non ci fai piu' caso: quello e' Axl che mette un braccio intorno alla spalla di Slash e tu (io) hai di nuovo otto anni e stai di nuovo sognando tutto un mondo di possibilita'.<br />
Suonano un brano che non conosco, immagino da Chinese Democracy e... bah, buon tamarrock non c'e' che dire, ma tutti quanti vogliamo sentire altro.<br />
I Nostri ovviamente lo sanno, quel brano li' serviva a far salire la tensione, perche' dopo l'applauso di rito ma chiaramente freddino Axl chiede urlando "You know where you are?"... e si' che lo sappiamo!, "Welcome to the jungle" scuote lo stadio: per aprire la propria carriera con un brano come questo ci voleva una spavalderia non indifferente.<br />
Poi "Double talkin' jive" e Slash, che fin qui era stato tutto sommato tranquillo, ci regala un assolo in coda lunghissimo e da brividi.<br />
Bisogna di nuovo allentare la tensione e suonano un altro brano che non conoscono, ma e' un soffio, va via cosi' senza accorgersene, e poi, introdotta un dolce accordo di settima minore, parte "Estranged".<br />
Ora.<br />
"Estranged" e' una di quelle canzoni 'per sempre', se si capisce cosa intendo.<br />
Mi ricordo il video da cui traspariva tutta l'inquietudine di Axl, la sua infanzia negata, la sua stanchezza... ricordo l'assolo di Slash come un cristo sulle acque... avevo nove anni, non potevo capire un verso come "old at heart but I'm only 28", ma anche allora era la mia preferita (si vede che la propensione ai Joy Division l'avevo gia', seppur in forma embrionale) e stasera, gia' sulla prima strofa - quella si', la capivo anche all'epoca - mi scendono le lacrime e resto li', immobile, senza neanche la forza di cantare. Penso che Axl gia' allora sapesse che non potevano andare avanti a lungo, che erano stanchi, svuotati... faceva lo sbruffone lui, ma era un pulcino con la maschera da leone.<br />
Sono stordita.<br />
Mi servirebbe una gran forza di volonta' per asciugare le lacrime e non perdermi su una pericolosissima strada di pensieri pesanti, ma ci pensano loro con "Live and let die", a cui oggi come allora regalano una potenza che Sir Paul non avrebbe potuto immaginare: del resto i Guns N' Roses sono stati (sic) la piu' grande cover-band della storia.<br />
Segue "Rocket queen" e no, non vogliono farci mancare niente stasera: non era tra le mie preferite, ma stasera vale tutto. Certo niente di comparabile al modo in cui mi parte il cuore quando subito dopo la batteria attacca in solitaria quel ritmo inconfondibile che tutti noi associamo immancabilmente all'ex governatore della California... turututtu-pa turututtu-pa turututtu-pa turututtu-pa... e "You could be mine", che un anno e mezzo fa mi aveva sferzata con la sua potenza, oggi, con Axl, Slash e Duff insieme sul palco, e' semplicemente una magia.<br />
Ho bisogno di riprendere fiato, tutti siamo troppo storditi, e come per rispondere a una richiesta silenziosa, suonano due brani che non conosco, giusto per lasciarci rimettere insieme tutti i pezzi.<br />
Poi.<br />
Poi Axl fa una specie di verso per schiarirsi la voce, ma non e' un verso qualsiasi, e' <i>quel</i> verso, quello che poi ci vorrebbe un cinguettio di passerotti, e gia' cosi' lo stadio esplode.<br />
"Civil war", la prima canzone che io abbia mai cantato in pubblico.<br />
E canto con tutta la voce che ho in corpo, canto per quella bambina che voleva farlo venticinque anni fa, canto per questa donna che non riesce a lasciar andare la bambina e forse non lo fara' mai.<br />
Segue un'altra cover, "Black hole sun", e non riesco a decidere se apprezzo la scelta o la trovo di cattivissimo gusto, ha l'aria della ruffianata e mi irrita un po', ma giusto un filino: infondo sono dei veri tamarri, non e' che gli si possa chiedere delicatezza e contegno.<br />
E con ancor piu' cattivo gusto per la scelta dell'ordine in scaletta attaccano "Coma". Alzo un sopracciglio e un minuscolo pezzetto del mio rispetto nei loro confronti se ne va.<br />
Segue un lunghissimo assolo di Slash, uno di quelli che ti fanno ringraziare gli dei del rock: ruvido, sporco, da vero zappatore d'altri tempi, ma e' proprio in questo che ha il suo bello. E come faceva gia' quando poteva permettersi di suonare a petto nudo (oggi per fortuna ci risparmia) ci mette in mezzo la musica de "Il padrino", con la sua Gibson rigorosamente mantenuta in posizione verticale.<br />
Brividi.<br />
Ed e' sempre lui a dare il via al brano successivo, con uno dei giri piu' famosi della storia del tamarrock... ed e' "Sweet child o' mine", quella che cantavamo da bambini in garage, nella primissima band di cui io abbia mai fatto parte, che ovviamente era una cover-band dei G N' R. E poi ancora "My Michelle", che con quella di Sir Paul non c'entra un accidente!<br />
Sospetto che le ultime due siano state un grosso sforzo per le corde vocali di Axl perche' di nuovo lascia spazio ai due chitarristi (l'altro e' Richard Fortus) per una versione strumentale di "Wish you were here" che fa venire la pelle d'oca: Fortus e' tecnicamente piu' preparato di Slash, piu' pulito, piu' veloce, piu' elegante.<br />
Ma Slash ha quel modo caldo e lurido che e' solo suo e che ti (mi) lascia senza fiato.<br />
Alla fine del lungo brano strumentale torna Axl e si siede al piano.<br />
E devo davvero dire cosa sta per succedere?<br />
Da bambina il pianoforte introduttivo di "November rain" mi avvolgeva come una calda coperta. Anche di questa ho netto il ricordo del video, Slash a gambe larghe che esce dalla chiesa per suonare l'assolo fuori, in mezzo a un deserto dall'aria texana, la pioggia che comincia a cadere, il finale doloroso... e stasera tutto questo torna a galla come se non avesse aspettato altro per 25 anni.<br />
E poi?, poi ci vuole "Knocking on heaven's door", cover talmente particolare e famosa che certi ignoranti - come me - non riescono piu' ad associarla a Bob Dylan. Il finale e' prolungato al limite della perversione, ma ci sta.<br />
Poi "Nightrain", per non tornare mai piu', perche' questa notte non finisca mai.<br />
<br />
Pausa.<br />
Brevissima.<br />
<br />
Tornano ed e' "Don't cry", la prima canzone che io abbia mai suonato alla chitarra.<br />
E non credo ci sia bisogno di aggiungere altro: anche questa mi strappa dei bei lacrimoni.<br />
Poi "Whole lotta Rosie", che Axl dedica al suo cagnolino morto di recente: gran pezzo, gran cover.<br />
Sappiamo tutti a quale canzone sara' affidato il gran finale, sappiamo tutti che quando sentiremo Sol-Do-Fa-Do-Sol questa sospensione del tempo sara' finita, vorremmo tutti ritardare quel momento ma e' inevitabile. Quando i famigerati cinque accordi vibrano, tutto lo stadio canta all'unisono "Take me down to the Paradise city/where the grass is green and the girls are pretty/oh won't you please take me home".<br />
Fuoco sul palco e coriandoli sparati sul pubblico accompagnano il finale, gli inchini, i saluti, la definitiva uscita di scena.<br />
Sono le dieci e mezza.<br />
Hanno suonato quasi quattro ore.<br />
Massimo rispetto.<br />
<br />
Il mio amico ed io torniamo a casa ubriachi di rock e di infanzia.<br />
Felici.</div>
Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-31862692054804377982017-05-16T18:52:00.001+02:002017-06-19T23:51:11.109+02:00Playlist del giorno1. Mad World [G. Jules (Tears for Fears cover)]<br />
2. L'innocenza [Scisma]<br />
3. How to disappear completely [Radiohead]<br />
4. Everybody hurts [R.E.M.]<br />
5. Suggestionabili [P. Benvegnu']<br />
6. Macchine [P. Benvegnu']<br />
7. Stefan Zweig [P. Benvegnu']<br />
8. Amen [Marlene Kuntz]<br />
9. Sally [F. Mannoia (V. Rossi cover)]<br />
10. Smells like Teen Spirit [Equilibrio Instabile (Nirvana cover)]<br />
11. Se questo sono io [P. Benvegnu']<br />
<br />
<br />
<br />
<i>(...frammenti di un puzzle che - ancora - non prende forma)</i>Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-65252053112731666042017-03-21T23:56:00.000+01:002017-03-21T23:56:44.441+01:00Edda - Graziosa Utopia [2017]Sfondo giallognolo e un disegno stilizzato; i contorni di una ragazza con lunghi capelli marroni raccolti in una treccia, accovacciata con in mano uno specchio: indossa calzini rossi e un vestitino azzurro cortissimo, e la superficie riflettente dello specchio sembra rivolta proprio tra le gambe di lei. Una freccia parte dalle mani di lei e punta in alto verso un tondo verde all'interno del quale vi e' un'arancia, un'altra punta in basso verso un riquadro rosa all'interno del quale compare un gatto bianco e nero che beve latte da un piattino. Appena dietro, le linee di assi cartesiani a delineare il pavimento, la parete laterale e quella posteriore.<br />
<br />
Play.<br />
<br />
Non ce l'ho mai fatta a scrivere di "Semper biot", "Odio i vivi" o "Stavolta come mi ammazzerai". Sia chiaro, non che non ci abbia provato, li ho ascoltati a lungo (difficile fare diversamente con certi album), li ho lasciati entrare sotto la pelle... e forse e' proprio per questo non sono mai riuscita a trasformare in parole le mie impressioni: quegli abissi infiniti di tormento e dannazione hanno sempre frenato le mie dita e ogni bozza di recensione e' stata sistematicamente cestinata.<br />
Vediamo se ci riesco questa volta.<br />
<br />
Stefano "Edda" Rampoldi.<br />
Accidenti a lui, alla sua voce roca e sgraziata che ti scartavetra lo stomaco, alla sua chitarra tagliente che ti ipnotizza, alla sua sincerita' oscena e graffiante che ti fa arrossire.<br />
<br />
Album dopo album i brani assumono via e piu' una forma-canzone "canonica", il tono del cantato si fa sempre meno caricaturale, e piu' in generale assistiamo a una specie di standardizzazione dell'espressione, ma non ci si lasci ingannare dagli arrangiamenti quasi ordinari: l'essenza trasmessa da questo magnifico autore e' e si mantiene potente e destabilizzante.<br />
Se la caricatura, la mancanza di grammatica sonora, erano un modo per distrarre da contenuti che altrimenti avrebbero ferito piu' di cento lame conficcate profondamente nella carne, oggi questo ruolo e' affidato a musiche piu' costruite e dotate addirittura di rifiniture elettroniche, a un rock cantautorale squisitamente italico in cui anche le sbavature sono rigorose.<br />
E che rock signori!<br />
La morbidezza della chitarra acustica nella traccia di apertura non e' che un inganno: tutto il disco trasuda rock raffinato, dai ritmi potenti, i bassi profondi e le armonie mai banali.<br />
E giusto per farci capire dove sono le radici, a traccia sei (in un album di dieci canzoni, cosi', per dare le coordinate) addirittura scomoda vocalmente il "Ciao sono io" piu' famoso della storia della Canzone all'Italiana.<br />
<br />
Dieci canzoni, dieci bombe a mano di pregevole fattura musicale. Provare per credere.<br />
<br />
Ma.<br />
Ma alla fine siamo sempre li', a conficcare un dito sporco di fango dentro una ferita profonda e ancora sanguinante, a denudare il proprio lato sensibile e fragile dietro una maschera di parole forti e nauseanti.<br />
Si', "denudare dietro una maschera": Edda si nasconde mostrandosi, nascondendosi e' nudo.<br />
<br />
Ecco, a mio personalissimo avviso, l'essenza di quest'uomo che canta di se' al femminile usando come pseudonimo il nome di sua madre: uno che innalza un gigantesco muro impenetrabile di aggressivita' verbale, di malcelata nudita' scomposta, per proteggere un uccellino sperduto che - bisbigliando - prega che qualcuno sfondi quel muro e gli dimostri che anche lui puo' essere amato.<br />
<br />
Eggia', perche' chi lo sa se la sua paura e' quella di amare o piuttosto quella di essere finalmente accolto e amato in modo puro e genuino.<br />
<br />
E in questo gioco di specchi uno dentro l'altro, in questo album piu' che mai mi appare chiaro che il fulcro del discorso di Edda sia racchiuso nel tema della verita': la verita' che manca, la verita' celata e quindi esposta, spogliata, mascherata da falsita', la verita' derisa per non sentirne il peso.<br />
E che peso!<br />
Perche' insomma, ci avete (ma voi chi?) fatto caso che "verita'" e' la parola piu' frequente nella discografia del Nostro?, E' sempre nudo, odia i vivi, si fa ammazzare... la verita' e' la sua utopia.<br />
Dire la verita', spogliarsi davvero e non per gioco o esagerazione sguaiata, e' forse l'unico modo per essere davvero liberi. E provare schifo (!) per la propria verita' e sputarla via in mezzo a un mucchio di esagerazioni false e' il piu' perverso modo di violentarsi, di punirsi e privarsi della felicita'.<br />
<br />
E poi ci sono io che ascolto.<br />
In silenzio.<br />
Io che penso.<br />
E mi lascio scardinare.<br />
<br />
...2017, ottima annata.<br />
<br />
<br />
<b><i>Lista delle tracce</i></b><br />
<b><i><br /></i></b>
Spaziale<br />
Signora<br />
Benedicimi<br />
Ziguli'<br />
Brunello<br />
Un pensiero d'amore<br />
Picchiami<br />
La liberazione<br />
Arrivederci a Roma<br />
Il santo e il caprioloLiv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-20873882161539647892017-03-07T23:24:00.000+01:002017-06-26T17:09:27.188+02:00Paolo Benvegnu' - H3+ [2017]Sfondo giallognolo di cartoncino sbiadito dal tempo. Un ideogramma cinese (<a href="https://it.wiktionary.org/wiki/%E5%A4%A9" target="_blank">tian, cielo</a>) disegnato come con un pennello, con inchiostro rosso.<br />
<br />
Play.<br />
<br />
Caro Signor Benvegnu',<br />
chiedo scusa, ti do del tu.<br />
So per certo che hai letto <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2014/12/paolo-benvegnu-container-grottammare.html" target="_blank">quello che avevo scritto</a> dopo il vostro concerto a Grottammare a Natale di due anni fa; lo so perche' tu stesso me lo hai detto dopo il vostro concerto a Roma a Natale di un anno fa, dal che ho immaginato che tu abbia poi letto anche cio' che <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2015/12/paolo-benvegnu-monk-club-roma.html" target="_blank">avevo scritto in quell'occasione</a>. Il fatto che tu ricordassi la mia recensione a distanza di un anno, di piu', che tu associassi immediatamente la parola "Toronto" al mio scritto e deducessi all'istante chi fossi mi aveva profondamente colpita: penso sempre di non lasciare grandi tracce del mio passaggio e quando capitano cose cosi', quando scopro di qualcuno che si ricorda qualcosa fatto/scritto/detto da me, resto sempre un po' a bocca aperta.<br />
Mi sono spesso domandata se tu avessi cliccato qua e la' in quei post scoprendo cio' che avevo scritto di <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2014/10/paolo-benvegnu-earth-hotel-2013.html" target="_blank">Earth Hotel</a> (l'album piu' bello del 2014) o di <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2015/11/scisma-mr-newman-2015.html" target="_blank">Mr. Newman</a> (l'EP piu' bello del 2015, la' dove il primo posto per l'album se lo aggiudicano <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2015/09/gianni-maroccolo-e-claudio-rocchi-vdb23.html" target="_blank">Maroccolo e Rocchi</a> di un soffio), o se le impressioni di questa bambina ti avessero lasciato intuire che effetto puo' fare l'ascolto della tua/vostra musica.<br />
<br />
Caro Signor Benvegnu',<br />
non sei completamente digiuno di scienza, lo ho capito dal modo in cui mi ascoltavi quella sera mentre provavo a spiegare grossolanamente il mio lavoro ad Andrea; non sei uno di quelli che si riempiono la bocca di frasi come "H3+ e' la molecola dell'universo" senza andare al fondo: hai intitolato il tuo album come il <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Trihydrogen_cation" target="_blank">catione idrogenonio</a>, una molecola che si' e' tra le piu' comuni dell'universo, che forse e' realmente importante per la <a href="https://uanews.arizona.edu/story/h3-the-molecule-that-made-the-universe" target="_blank">creazione delle stelle</a>, ma che soprattutto ha la peculiarita' di essere stabile solo la' dove la temperatura e la densita' di materia sono prossime allo zero, qualcosa che quindi si romperebbe, cesserebbe di essere se stessa (sic!), se vi fosse un po' piu' di movimento (temperatura ed energia cinetica sono infondo la stessa cosa) o qualora si trovasse troppo vicina ad altro. Non credo sia un caso, anche questo dettaglio mi parla.<br />
<br />
Caro Signor Benvegnu',<br />
io non so perche', ma va sempre a finire che parli a me, alla mia storia, alla fase che attraverso, anno dopo anno, album dopo album. Ma dimmi, chi ti ha dato il permesso di spogliarmi?, perche' quando canti "<i>E cerco cio' che e' intatto. Astratto, sommerso. Sconfitto. Diverso. E cerco cio' che e' intatto, esatto, sommerso. Sconfitto. Diverso. Nell'imperfetto astratto.</i>" io ripenso a quella notte in cui vi ho raccontato il mio essere matematica, il mio andare a caccia di armonia nel rumore, di moti regolari che sopravvivono al caos. E sono sicura che non lo hai fatto intenzionalmente, pero' accidenti che impressione!<br />
Cosi' come sono sicura che non e' intenzionalmente a me che ti rivolgi in "Se questo sono io", pero' te lo devo dire: e' a me che parli!, e mica e' carino sentirsi scoperti cosi'... e pensa, non so nemmeno se mi sembra piu' che parli <i>di</i> me che varco orizzonti soltanto per perdermi sempre o se parli <i>a</i> me, alla bambina che ti ascolta e sogna, quella che chiude gli occhi mentre cammina col fedele cuffione e tu sei invariabilmente li' con lei.<br />
E so che non puoi immaginare il mio cammino, ne' come la Luce del Grande Sud del NuovoMondo (gia', niente piu' Toronto, ora vivo ad Atlanta, Signora del Sud) mi stia lentamente facendo rinascere. Gli errori, le paure, le frustrazioni, la fretta sciocca che di fatto rallenta, la ricerca continua di un'ascesa che pare irraggiungibile, lo schiantarsi e ripartire... non lo sai, ma certo che lo racconti proprio bene.<br />
<br />
Caro Signor Benvegnu',<br />
intendiamoci. Quando ho trovato il cartoncino dell'UPS sulla porta di casa tutto quello che sono riuscita a pensare e' stato "tra un po' avro' in mano l'album piu' bello del 2017" e mi sono emozionata. Mi hai/avete viziata: lo sapevo in anticipo e senza dubbio che me ne sarei innamorata.<br />
E ascoltando, riascoltando, ancora e ancora, ogni volta entra un po' piu' a fondo e si', confermo: questo e' l'album piu' bello del 2017.<br />
<br />
Caro Signor Benvenu',<br />
ringrazio oggi piu' che mai il giorno in cui hai deciso di diventare un musicista, e ringrazio ancora di piu' il giorno in cui hai conosciuto Andrea Franchi, Luca "Roccia" Baldini, Marco Lazzeri e il nuovo arrivato Ciro Fiorucci (era suo il nome che non ho capito l'anno scorso a Roma?), tutti musicisti spettacolari, di notevole sensibilita' e tecnica squisita, cosi' come ringrazio il giorno in cui hai deciso di affidarti a Michele Pazzaglia e al suo gusto raffinato.<br />
<br />
Cari Signori Benvegnu',<br />
ecco, finalmente mi rivolgo a tutti voi chiedendo scusa per averci messo tanto: Paolo, Andrea, Luca, Marco, Ciro, Michele e collaboratori.<br />
Avete scritto un disco meraviglioso sotto ogni aspetto: quelle divagazioni armoniche mi piacciono da pazzi, i bassi (tanto per cambiare) mi fanno girare la testa, il modo in cui avete usato quel pizzico di elettronica mi strappa sorrisi di ammirazione, i vostri ritmi mi seducono, i suoni che avete disegnato mi cullano... tutto, tutto, tutto concorre al mio benessere psicofisico.<br />
Ringrazio Andrea per aver portato qui l'esperienza di <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2015/04/andrea-franchi-tanz-2015.html" target="_blank">Tanz!</a>, gioiellino che chi non l'avesse ancora ascoltato dovrebbe senz'altro rimediare, lo ringrazio perche' ne riconosco il tocco in piu' punti e me lo godo fin nelle ossa, dall'arpeggio elegantissimo di "Victor Neuer" (piu' nuovo del Signor Uomonuovo) a tutti minuscoli giri ipnotici disseminati qua e la'.<br />
Ringrazio Luca perche' se il basso di "Love is talking" mi si attorciglia addosso da sempre, se quello di "Avenida Silencio" mi strappa ogni volta una lacrima, quelli di "Goodbye planet Earth" (a proposito, la pronuncia sbagliata da sembrare "heart" non lo so se e' voluta, in effetti dubito, ma mi pare anche questo un ignaro tocco di classe) o di "Quattrocentoquattromila" sono semplicemente sublimi.<br />
Ringrazio Marco perche' le sue dita di fuoco accarezzano le mie orecchie con dolcezza, perche' quel suo meraviglioso pianoforte di "Olovisione in parte terza" e' una delizia di note che si rincorrono con garbo, perche' gli archi DeGregoriani di "No drinks no food" mi riportano all'infanzia e alla dolcezza.<br />
Ringrazio Ciro per i suoi ritmi sincopati, perche' e' l'ultimo arrivato e gia' dice egregiamente la sua.<br />
Ringrazio Michele perche' ha un orecchio spettacolare, perche' se ascolto l'album ad occhi chiusi e' il mio corpo a diventare un'astronave e perdersi in questo mare di nero e stelle e note e benessere, e letteralmente lasciarsi andare tra echi e ritorni.<br />
Ringrazio chiunque di voi abbia avuto l'idea di ritardare l'entrata in scena della batteria in "Macchine", tenendo le mie orecchie sospese ad aspettare su quel crescendo che si perde nel nulla e regalando poi soddisfazione quando finalmente esplode dopo l'intermezzo elettronico, per non parlare del lungo finale strumentale che e' gioia allo stato puro.<br />
Ringrazio chi ha pensato la costruzione di "Boxes" e l'inquietudine blues che si porta dentro, cosi' come vi ringrazio per la serena accettazione di "Astrobar Sinatra", in cui l'abbandono si fa finalmente pace, e per la gioia pura di "Slow Parsec Slow", brano di bellezza colossale.<br />
Ringrazio tutti voi, che confermate ancora una volta di essere Musica colta a tutto tondo, ringrazio la vostra vena cantautorale all'italiana che si ammanta di jazz e di elettronica senza perdere mai la sua essenza, la sua grazia, la sua dolcezza.<br />
Ringrazio il vostro amore per la Terra e la Vita, riassunto nel gran finale salvifico che ti rimescola dentro e ti rimette in armonia col mondo.<br />
<br />
Cari Signori Benvegnu',<br />
oggi il mio unico rimpianto e' di essere a 8000km (metro piu' metro meno) di distanza da un vostro concerto, troppi per potervi ringraziare di persona; lasciatemi pero' esprimere il desiderio che portiate avanti il tour fino a Natale prossimo, perche' se per allora sarete in giro, in qualsiasi parte dello Stivale, mi troverete sotto al palco, a guardarvi con occhi spalancati, a far entrare la vostra musica nelle ossa, a lasciarmi avvolgere ancora una volta, come ogni volta.<br />
<br />
<br />
<b><i>Lista delle tracce</i></b><br />
<br />
Victor Neuer<br />
Macchine<br />
Goodbye planet Earth<br />
Olovisione in parte terza<br />
Se questo sono io<br />
Quattrocentoquattromila<br />
Boxes<br />
Slow parsec slow<br />
Astrobar Sinatra<br />
No drinks no foodLiv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-86543702543666247982017-02-28T04:10:00.001+01:002017-02-28T04:10:59.350+01:00Baustelle - L'amore e la violenza [2017]Una foto leggermente sbiadita, due giovani donne abbracciate, una bionda e una bruna; la bruna e' di fianco, a torso nudo, il braccio destro, nell'atto di abbracciare la bionda, copre parte del seno; anche la bionda e' verosimilmente a torso nudo ma il gioco di luci e ombre lo lascia solo intuire. In basso a destra, piccola, la scritta in stampatello "warner music e' lieta di presentare", appena sotto, sempre in stampatello, il titolo dell'album un po' piu' grande, sotto ancora il nome della band, grande, in grassetto e caratteri minuscoli.<br />
<br />
Play.<br />
<br />
Era il duemilatredici quando "Fantasma" ha visto la luce.<br />
Per qualche mese a partire dalla sua uscita lo avevo ascoltato a ripetizione, non potevo staccarmene, non avevo ne' ho mai avuto la lucidita' di scriverne ma giuro che lo ascoltavo senza posa.<br />
Comporre un album come quello non e' cosa da poco: comporne uno <i>dopo</i> quello, con una cosi' pesante eredita' sulle spalle, e' una vera scommessa, e non a caso sono passati ben quattro anni, perche' ci vuole molto coraggio per mettersi in competizione con una cosa simile, e una competizione con un altro si puo' anche accettare, ma con se' stessi...<br />
<br />
La scelta dei Baustelle per questo nuovo lavoro e', a mio parere, l'unica sensata: suonare qualcosa "oscenamente pop", per usare le parole dello stesso Bianconi, ovvero accettare che l'esperienza di "Fantasma", nella sua monumentalita', e' un unicum, un momento particolarissimo da conservare nel cuore come parentesi speciale del proprio vissuto, ma che l'essenza Baustelliana era gia' tutta incapsulata nella manciata di secondi che aprivano "Le vacanze dell'ottantatre" (ottima annata signori!) e che vale la pena di ritrovare quell'essenza per sperare ritrovare se' stessi e non perdersi alla ricerca inutile di un "Fantasma-reloaded", che tanto non potra' essere perche' se anche fosse sarebbe un surrogato insoddisfacente.<br />
<br />
E quindi largo ai synth di plastica che sembrano usciti direttamente da una discoteca degli anni settanta/ottanta, ci si ammanti di miriadi di citazioni piu' e meno colte, piu' e meno auliche, piu' e meno popolari, si raccontino storie drammatiche con sbruffoneria e modi ridicoli, si usi la Baustellianissima sequenza di accordi si-la-mi-sol-la, tutti rigorosamente maggiori, con la voce che canta fa-diesis sul cadere del si, mi sul cadere del la e del mi e di nuovo fa-diesis sul cadere del sol e dell'ultimo la, che poi a me questi giochi armonici fanno girare la testa.<br />
<br />
Ma attenzione perche' non si tratta un passo indietro: questo e' un album molto piu' maturo di quanto le scelte sonore possano farlo apparire a primo impatto, qui la plastica viene usata con sapienza ed eleganza ed e' chiarissimo, quand'anche non se ne fosse a conoscenza, che questo lavoro e' frutto di un percorso d'evoluzione inesorabile.<br />
<br />
Quanto al filo conduttore mi pare che ci sia ben poco da interpretare, che il messaggio sia decisamente cristallino ed esposto a chiare lettere: una disillusione totale, accettata pero' con assoluta serenita' ("la vita e' tragica/la vita e' stupida/pero' e' bellissima/essendo inutile/pensa il contrario e poi/ti ammazzi subito/ pensare che/la vita e' una sciocchezza aiuta a vivere"... come si fa ad essere piu' espliciti di cosi'?).<br />
Il tutto ballando come adolescenti scemi.<br />
<br />
Si potrebbe stare ore a cercare tutti i dettagli, a parlare dei minuscoli tocchi di classe lirici o musicali disseminati qua e la', potrei mettermi anche io a partecipare alla gara giornalistica di chi ne (ri)conosce di piu': per fortuna faccio un'altro mestiere, la musica e' semplicemente il mio principale diletto e scriverne e' un gioco che mi diverte e nulla piu'... pero' ecco, questa non posso tenermela per me: trovo che traccia uno sia una perla di genialita' cinica che poteva venire in mente solo ai montepulcianesi.<br />
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Annata niente male questo duemiladiciassette fino a qui, niente da dire.<br />
<br />
<br />
<b><i>Lista delle tracce</i></b><br />
<b><i><br /></i></b>
Love<br />
Il vangelo di Giovanni<br />
Amanda Lear [Explicit]<br />
Betty<br />
Eurofestival<br />
Basso e batteria [Explicit]<br />
La musica sinfonica<br />
Lepidoptera<br />
La vita<br />
Continental Stomp<br />
L'era dell'acquario<br />
RagazzinaLiv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-6006477621870128942017-02-26T20:55:00.000+01:002017-02-26T20:56:13.609+01:00Addio Proust! - Io non ho mai perso il controllo [2017]Sfondo color crema e un disegno a matite colorate. Una balena bluastra e' "seduta" su una sediola di legno davanti a un tavolino ricoperto di una tovaglia marrone su cui troneggia una moka; sembra voler allungare una pinna verso una tazzina ma ha lo sguardo di chi sa che non potra' mai afferrarla. Oltre il tavolo una finestra che parrebbe chiusa, ma c'e' una tenda davanti visibilmente mossa dal vento. Il nome della band e' in alto, scritto in lettere vuote; il titolo dell'album appena sotto, piu' piccolo, in semplice stampatello.<br />
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Play.<br />
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Ecco qua una nuova perlina dallo Stivale: evidentemente non riesco a staccarmi dalla musica italica, fa parte del mio essere, inutile girarci attorno.<br />
E quello degli Addio Proust! (col punto esclamativo) e' proprio un ottimo rock italico, ben scritto e ben suonato, in cui si passa con discreta nonchalance da melodie cantautorali di facile appiglio a violenti passaggi arabo-rock, di quelli per cui tutti quanti dovremmo ringraziare il giorno in cui il <a href="https://www.youtube.com/watch?v=pL0L_tlmY7w" target="_blank">Maestro-Tesio</a> ha sfiorato la sua prima chitarra, per non parlare di episodi chiaramente figli della miglior tradizione hardcore-punk e grunge, sia nostrana che americana.<br />
Bassi eleganti, batterie esatte, chitarre essenziali, voce sincera.<br />
<br />
In neanche quaranta minuti, questi esordienti Fiorentini ci dicono un bel po' di cose difficili da inquadrare, e lo fanno anche con una certa ironia furbetta, indiscutibile punto di forza, che da energia, impedisce di prendersi troppo sul serio e, soprattutto, ti forza a ripetuti ascolti prima di poter individuare il bandolo della matassa.<br />
<br />
Ci vengono proposte immagini surreali, accostamenti solo all'apparenza insensati ma che, a voler ascoltare con un minimo di attenzione, parlano di un disagio diffuso e a tutto tondo, raccontato per metafore animali perche' questo e' cio' che siamo: animali con tanti di quegli psico-strati addosso da aver dimenticato il nostro essere carne e sangue, balene che il mondo costringe ad uscire dall'acqua e a desiderare di sedersi a un tavolo per mangiare una bistecca (sic!) e bere un caffe', pesci che infondo al cuore vorrebbero semplicemente tornare a nuotare ma non lo ammetteranno mai ad alta voce.<br />
<br />
La musica degli Addio Proust!, alla luce di queste considerazioni, si adatta perfettamente a tale altalena interiore, destreggiandosi abilmente tra generi tanto diversi che a primo ascolto possono apparire un'accozzaglia indecisa, ma a giudizio di chi scrive raramente scelta fu piu' ponderata e adattata al messaggio ultimo: che si abbandonino la ricerca del tempo perduto e le atroci costruzioni mentali che ci disumanizzano, che si torni finalmente all'essenza e lo si faccia sorridendo.<br />
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Questa deliziosa opera prima lascia l'impressione di avere a che fare con bella gente, ed e' un peccato che io sia cosi' lontana, perche' la sensazione e' che dal vivo questi ragazzi diano il loro meglio: voi (ma voi chi?), se potete, se vi capita, fate un salto e gustateveli.<br />
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<b><i>Lista delle tracce</i></b><br />
<b><i><br /></i></b>
A.P.<br />
Macello<br />
Pesci<br />
Bove<br />
Sulla coda di novembre<br />
Ascessi<br />
Film<br />
Virus<br />
Mi vedi sono qua<br />
Insetto<br />
Neve<br />
AlieniLiv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-85876452593942249302017-02-26T02:25:00.001+01:002017-02-26T02:25:41.916+01:00Ulan Bator - Stereolith [2017]Una cornice bianca racchiude un'immagine quasi perfettamente simmetrica rispetto all'asse verticale della copertina, di quelle che danno allo stesso tempo benessere e fastidio a chi soffre in forma leggera di disturbi ossessivo-compulsivi.<br />
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Un mostro meccanico che ricorda vagamente le eliche di un aereo si appoggia sulla superficie di un mare blu-inchiostro, due tecnici lo stanno mettendo a punto. Un piramide violacea si staglia immensa alle spalle del mostro meccanico, emergendo dal mare come un'isola psichedelica. Dietro ancora montagne di roccia rosa mostrano fianchi parzialmente innevati. Sopra le montagne, tra nuvole bianche di zucchero filato, alti palazzi grigio-bluastri.</div>
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Il nome della band e il titolo dell'album sono scritti in un triangolo bianco in basso, un taglio che dalla cornice si incunea nell'immagine.</div>
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Play.</div>
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Il potere ipnotico delle musiche di Monsieur Cambuzat ha su di me un effetto molto potente e certo non da oggi: avevo da poco compiuto quindici anni la prima volta che le mie orecchie hanno incontrato gli Ulan Bator e ne sono rimaste ammaliate, e non fatemi fare il conto di quanto tempo e' passato che mi fa impressione. A distanza di tanti anni ben poco e' cambiato.<br />
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E' passato poco piu' di un anno da <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2016/01/ulan-bator-abracadabra-2016.html" target="_blank">Abracadabra</a>, che a sua volta giungeva dopo solo un anno e due figure da <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2015/07/amaury-cambuzat-plays-ulan-bator-2014.html" target="_blank">Amaury Cambuzat Plays Ulan Bator</a>: quando si dice essere produttivi e avere cose da dire... certa gente non sa stare ferma e, almeno a mio personalissimo giudizio, non e' in grado di scrivere Musica che non sia di altissimo livello.</div>
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Perche' porcamiseria quanto e' bello questo ultimo album degli Ulan Bator!, che magia, quale meraviglioso fluttuare ipnotizzati, incantati fin dal primo ascolto, fin dall'attacco improvviso e destabilizzante!, e' un attimo, bastano poche battute per essere catturati dalle vibrazioni elettriche, dai ritmi zoppi, dai bassi penetranti, dalle chitarre chirurgiche.</div>
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Avvolta dal fedele cuffione per l'occasione attaccato allo Stereo(lith), adagiata ad occhi chiusi in poltrona, mi lascio trasportare e mi sembra di essere una nave alla deriva su un mare elettrificato, a tratti nella bonaccia senza scampo, a tratti nel cuore della tempesta; non c'e' timone, non c'e' vela, solo la potenza e la grazia delle armonie ubriache Cambuzatiane (Cambuzatesche?, Cambuzatiche?), il vibrare delle note, dei colpi, dei respiri, e non posso far altro che abbandonarmi alla musica, <i>e il naufragar m'e' dolce in questo mare.</i><br />
E ci si sente ipnotizzati, ubriachi si', perche' e' inevitabile, ma piu' che altro nella fase successiva, quando si e' ormai semplicemente immersi in un sogno distorto e surreale: la testa ondeggia, la mente si annebbia e gli occhi si riempiono di immagini sconnesse, il tutto senza ossessione ne' nausea, anzi, quasi attraversati da un vago senso di benessere.<br />
Per trentanove minuti e sei secondi il mondo li' fuori non esiste, niente esiste, solo questo immenso mare sonoro tutto intorno, sopra, sotto, fuori e dentro, a cullarti.<br />
<br />
Immancabili come sempre le associazioni con la produzione di <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/search/label/Swans" target="_blank">Mr. Gira</a>, tanto che mentre ascolto e vago con la mente mi viene da pensare che non c'e' dolore, ne' adesso, ne' tempo, ne' qui; e pero', questa a sorpresa, quel "Black blue-eyed girl" della terza traccia, per come e' pronunciato e interpretato, mi <a href="https://www.youtube.com/watch?v=lbq4G1TjKYg" target="_blank">rimanda</a> inevitabilmente alla Signora del Dorset, altro caposaldo della mia cultura di musicofila, per me tanto imprescindibile che le ho intitolato la mia <a href="http://aquattromaniblog.blogspot.com/2014/06/polly.html" target="_blank">Polly</a>: ditemi (ma voi chi?), la sento solo io questa citazione?<br />
<br />
Concludendo.<br />
...ma che conclusione?, che si continui ad ascoltare, che ci si lasci incantare, che ci si immerga completamente infondo a questo abisso per non riemergere mai piu'.<br />
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<br />
<b><i>Lista delle tracce</i></b><br />
<b><i><br /></i></b>
On fire<br />
Stereolith<br />
Blue girl<br />
Spinach can<br />
Ego trip<br />
Neuneu<br />
No book<br />
Icarus<br />
Lost<br />
Dust</div>
Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-57856934549609620532017-01-31T16:16:00.001+01:002017-01-31T16:17:23.937+01:00Goodbye John<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/rlDInWEczd8/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/rlDInWEczd8?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
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<br /></div>
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<i>(Per favore 2017, per favore: non essere la versione 2.0 del 2016...)</i></div>
<br />Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-15189287827337679982017-01-27T07:55:00.001+01:002017-01-27T18:36:39.026+01:00Con i miei occhiHo visto un uomo morire.<br />
Morire per un attimo, morire davvero.<br />
Al secondo giorno di una conferenza.<br />
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E' mattina, si deve ancora cominciare: al centro di ricerca dove si tiene la conferenza offrono la colazione dalle otto alle nove, poi si attacca a lavorare.<br />
Sono seduta attorno a un tavolo con qualche collega, si chiacchiera del piu' e del meno ancora vagamente storditi dal sonno, qualcuno guada i poster rimasti appesi da ieri sera, altri stanno gia' discutendo alla lavagna; alle nove meno cinque suonano una campanella, e' ora di cominciare.<br />
Ci alziamo tutti in piedi, tutti tranne lui, P., ed <a href="https://www.youtube.com/watch?v=RDiiX939GZU" target="_blank">e' un attimo realizzare che no, non e' cosi'</a>, c'e' qualcosa che non va.<br />
E' li' seduto su una poltroncina, ha gli occhi serrati.<br />
Il suono che emette col respiro, il respiro di chi soffoca, un uomo in apnea; il modo in cui si contorce al rallentatore, si avvolge su se stesso, stringe i pugni, suda, pallido come un lenzuolo; il pacchetto di Marlboro nel taschino della camicia che non riesci a non notare.<br />
K. gli sorregge la testa, V. gli distende i piedi, R. gli prende una mano e gli fa un massaggio che lentamente distende quelle dita che sembravano volersi conficcare nella carne del palmo.<br />
<br />
Qualcuno ha chiamato un'ambulanza ma il primo ad arrivare e' un poliziotto (siamo negli Stati, no?) e fa delle domande cui nessuno sa rispondere.<br />
L'unico dato a nostra disposizione e' l'eta'.<br />
Cinquantatre'.<br />
Cinquantatre'? ...no dai, saranno almeno sessantatre'... non puo' essere uno di cinquantatre' anni...<br />
Mai lasciarsi ingannare dall'aspetto.<br />
<br />
Poco dopo arrivano i paramedici ed e' la scena di un film: tutti lasciamo spazio, i paramedici hanno un'attrezzatura hollywoodiana, del resto siamo a Los Angeles.<br />
Attaccano il massaggio cardiaco come nei film, solo che nei film non si vede quanto si muove la pancia del malcapitato: e' un gesto di una violenza inaudita, tutto il corpo di P. si muove, il ventre fa su e giu' in risposta ai colpi che riceve gonfiandosi e sgonfiandosi come un palloncino, impossibile che le costole siano rimaste intatte, semplicemente impossibile.<br />
Osservare la scena e' nauseante ma non riesco a distogliere lo sguardo.<br />
Orrore.<br />
La ragazza che e' li' a schiacciare il petto di P. avra' si' e no venticinque anni.<br />
Orrore.<br />
R. si allontana in un corridoio con l'aria di chi semplicemente non puo' guardare, una donna che non conoscevo, tal A.W., va a nascondersi dietro una parete divisoria e piange, singhiozza, grida. Vado da lei per un attimo, provo ad abbracciarla, a sollevarle la testa; lei se ne accorge appena e continua a ripetere "he is my friend... I don't want him to die... he told me before... he was my friend... he is my friend...". Tutte le forze l'hanno abbandonata.<br />
La lascio tra le braccia di un'altra che si e' avvicinata e sembra un'amica, infondo io non sono nessuno, conosco a malapena tre persone, questa e' una comunita' nuova per me.<br />
<br />
Con P. ci avevo parlato cinque minuti la sera prima; lo conoscevo di nome perche' sto lavorando a un problema che nasce da una domanda posta da lui; il giorno prima durante un seminario aveva fatto un commento che aveva risvegliato in me un vecchio sogno-matematico andato in frantumi... inevitabilmente lo avevo fermato e costretto davanti a una lavagna, ma la sua risposta non era stata neanche lontanamente soddisfacente: ahime' ormai ci sono abituata, quello e' il mio sogno-matematico, non una domandina qualunque, non mi aspetto si possa risolvere cosi', infondo non mi aspetto neanche piu' che si possa risolvere... ma sto divagando, tanto per cambiare.<br />
Rimane il fatto che ci avevo parlato, che era stato molto carino, che mi aveva lasciato una punta di amaro, che mi ero ripromessa di parlarci con piu' calma in un altro momento, ma che tutto sommato P. non e' niente per me: un nome, un volto, una voce profonda e pacata con forte accento russo.<br />
Mi domando chi tra le persone dell'ambiente dei matematici che ho frequentato negli anni passati scatenerebbe in me una reazione simile a quella di A.W.: amici e famiglia non riesco neanche a processarli.<br />
Un lampo veloce va alla moglie di P. che K. sta cercando di contattare via skype, ma allontano subito il pensiero perche' e' troppo straziante immaginare di essere all'altro capo di quella connessione internet.<br />
Mi vedo a una conferenza nel futuro e a turno, uno per uno, li vedo cadere tutti, chi per nome, chi per cognome: E., K., K., G., W. (doloroso strappo al cuore anche solo pensarlo), R., W., G. (e semplicemente non riesco piu' a muovermi, a respirare, non sento piu' le gambe, perdo ogni forza), M., D.... non posso andare avanti.<br />
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Il rumore periodico della macchina cardiaca lascia ipnotizzati fino all'attimo, quello da film, in cui viene emesso un suono unico, continuo, persistente: il suono della morte in ospedale.<br />
Beeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee...<br />
I paramedici insistono, il massaggio cardiaco si fa se possibile ancora piu' violento.<br />
Beeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee...<br />
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Ancora un tentativo frenetico, le gambe di P. sono percorse da uno spasmo.</div>
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Beep, beep, beep, beep, beep...</div>
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Il torso di P. comincia a muoversi lentamente.</div>
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Respira.</div>
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Respira.</div>
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Respira.</div>
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Respira.</div>
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Lo portano via.</div>
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Col passare delle ore, dei giorni, siamo raggiunti da notizie.</div>
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Lo stanno per operare,</div>
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lo hanno operato, il suo corpo ha reagito bene,</div>
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la temperatura corporea e' stata abbassata (davvero fanno queste cose?) ma si sta riprendendo,</div>
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ancora non e' cosciente ma sta recuperando,</div>
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e' sveglio, sua moglie e sua figlia sono con lui, e' fuori pericolo.</div>
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Ogni notizia e' un sospiro.</div>
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Sono ancora sottosopra.</div>
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Rido, cazzeggio, allontano le immagini con tutta la forza che ho in corpo, ma la verita' e' che assistere con occhi sbarrati alla morte, sia pur temporanea, di un essere umano ti cambia qualcosa dentro.</div>
Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2344666894531121317.post-28734536876258593662017-01-23T02:13:00.000+01:002017-01-23T02:13:17.132+01:00Tschuss Jaki<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<i>(Questo 2017 non e' che cominci sotto i migliori auspici...)</i>Liv Corsihttp://www.blogger.com/profile/06772851019755486345noreply@blogger.com0