lunedì 18 marzo 2024

Marlene Kuntz @ Orion - Ciampino

15 Marzo 2024


Nonostante le buone intenzioni mi rendo ahime' conto che e' pressocche' impossibile che io riesca a scrivere di tutti i concerti a cui vado: solo nei dieci giorni tra Benvegnu' e questo ci sono stati i Veeble (ordinata follia), Any Other (musica dell'anima), i C'mon Tigre (un viaggio psichedelico) e Umberto Maria Giardini (un colpo al cuore). Tutti e tre memorabili, ciascuno per un motivo diverso. Tutti e tre meritevoli di un bel racconto da parte mia, ma il tempo di scrivere diminuisce all'aumentare del tempo trascorso sotto un palco, a maggior ragione se si tiene conto che faccio ben altro mestiere. 

Stasera pero' e' tempo di tornare a quell'amore ancestrale che tante volte, da quell'ormai mitico nove-nove-novantanove, mi ha vista sotto il palco, coi gomiti sulle transenne.


Raggiungere l'Orion e' un po' piu' rognoso del previsto, piu' che altro per quanto riguarda il parcheggio, finche' chiediamo mesti un suggerimento al "buttafuori" del locale che ci rivela l'esistenza di un'altra entrata e, proprio li' davanti, ampio parcheggio gratuito. Parcheggiamo dunque, rimediamo qualche trancio di pizza al taglio da mangiare in piedi, in fretta e furia, ed entriamo.

Dopo una rapidissima scansione del palco e della gente gia' ammassata, riconosciuto il lato-Tesio lo raggiungo con decisione, seguita dal mio (stavolta un po' recalcitrante) compagno di avventure, che forse preferirebbe stare piu' tranquillo in previsione del feedback che verra': ahime' questa sera piu' di ogni altra sera non e' un'opzione accettabile percio' insisto e riusciamo a intrufolarci in modo da avere almeno i cappotti poggiati sulle transenne e una mano a testa a mantenere la posizione. Siamo quasi in braccio alla pedaliera di Tesio e dovrei fare uno sforzo sovrumano per non leggere la scaletta, ma inevitabilmente l'occhio ci cade e il cuore e' gia' partito ancor prima di cominciare. Mi giro a guardare la folla e scambio uno sguardo con una faccia nota che mi riconosce per nome. Io, che evidentemente non sono una fisionomista, gli chiedo senza pudore chi sia: e' Luca Grumvalski, conosciuto mesi fa perche' apriva il concerto a Monsieur Cambuzat in una fredda e piovosissima serata dello scorso autunno, quando, a fine esibizione, il mio compagno di avventure ed io abbiamo acquistato una copia a testa del suo (pregevole) cd "...bliss illusion". Scambia un abbraccio quasi fraterno con me e un cinque col il mio compagno di avventure, perche' quando si e' fratelli per quelle due ore sotto il palco si e' fratelli per sempre, anche se non ci si conosce.


Sale sul palco il ragazzo-spalla, riccioletto e paccioccone, voce soave, chitarrina di accompagno: non ricordo il nome, ma il cognome e' proprio "Ragazzo", e penso che e' una cosa bellissima. Ci regala forse quattro/cinque brani e poi esce tremante e felice. Mi ha fatto tenerezza ma ecco, il cd, anche ci fosse, non credo lo comprerei: forse e' ancora troppo acerbo ma in futuro chissa'. Ancora pochi minuti per un ultima sistemata al palco.

Buio.

Salgono sul palco ed e' gia' tripudio. Tesio agguanta la diavoletto rosso-rubino (std) e parte "Trasudamerica", accompagnata da un boato feroce. Segue "Canzone di domani" a cui donano una coda-noise pazzesca come quelle dei vecchi tempi. Poi "Gioia che mi do", e finalmente tiro fuori carta e penna: e' passato il tempo della telecamera puntata sulle mani del mio beniamino, ma prendo appunti freneticamente sperando che, una volta a casa, aiutata dall'orecchio, quelle poche parole basteranno. Se siete (ma voi chi?)  interessati... si', e' bastato: da oggi posso suonare anche questa. Senza soluzione di continuita' e' il turno di "Fuoco su di te". Confesso che dalla nostra posizione l'insieme si sente poco; siamo inondati dal feedback dell'ampli di Tesio che forse e' un po' estremo, tanto che anche lui sembra fare fatica a sentire il resto e ogni tanto si confonde. Applausi scroscianti e il primo ringraziamento al pubblico per dare il tempo di effettuare il primo cambio di chitarra della serata, Tesio imbraccia la diavoletto nera (dadgad) ed e' "Aurora" col suo splendido riff sghembo, che forse adesso quella telecamera la vorrei con me, perche' col telefonino neanche ci provo... E poi "L'agguato" (ah era la nera quindi?, buono a sapersi!) e il pubblico salta, urla, si esalta. Arriva quindi "Il lamento dello sbronzo", e di nuovo, carta e penna alla mano, prendo appunti frenetici, anche se ho la sensazione che ci siano problemi qua e la', Tesio sbaglia qualcosa (scambio uno sguardo di intesa e un sorriso con Grumvalski, che evidentemente - da chitarrista - e' l'altra persona in sala ad essersene accorto), ma quello che dovevo capire l'ho capito, quindi bene cosi'. Altro cambio di chitarra, torna la diavoletto rosso-rubino, e parte "Mala mela": anche qui prendo appunti e anche qui, a posteriori, saranno sufficienti per farmi capire almeno la strofa. Altra pausa per ringraziamenti. Godano ci tiene a farci sapere che questa sera sentiremo quasi tutto Catartica e anche qualche brano "pre-duemila, per cosi' dire". Io che purtroppo ho la scaletta letteralmente a portata di mano so che sta barando ma non importa: le uniche due eccezioni saranno sensatissime e va bene cosi'. Accompagnata da un lunghissimo fischio parte "1°2°3°" col suo giro pazzesco: sorrido immaginando la prima volta che Godano ha sentito Tesio e Bergia andare avanti all'infinito su quel giro, e nel mentre realizzo che sin qui Arneodo deve aver suonato almeno cinque strumenti diversi, tra tastiere e percussioni di vario genere. Un tizio in prima fila verso centro del palco e' rimasto a torso nudo e si sbraccia come un forsennato, come li vedevo fare vent'anni fa nei centri sociali: confesso che un po' mi fa tenerezza, e una parte di me pensa che al concerto di quest'estate, concerto delicato per il tour di "Karma Clima", e' possibile non sia neanche venuto. E a questo pensiero, piu' che tenerezza, provo anche un po' di tristezza, perche' "Karma Clima" e' proprio bello! Bah. Altro cambio di chitarra, e nel mentre financo Tesio decide di togliere la giacca e rimanere in maniche di camicia, rigorosamente nera. Imbraccia la lespaul studio (cgcggc), la mia preferita di sempre. Intanto Carnevale ha cominciato a battere colpi su un piatto (un-du-tre-quat - un-du-tre-quat - un-du-tre-quat - un-du-tre-quat) che se anche non avessi la scaletta davanti agli occhi saprei esattamente cosa sta per succedere. Mi giro verso il mio compagno di avventure cercando di suggerirgli di guardare, indicandogli le mani di Tesio e lasciarsene inebriare, e succede "Infinita'". E poi, con questa accoppiata di chitarre (ovviamente non lo ho scritto ma Godano aveva in braccio la thunderbird) non puo' che arrivare lei, "Ineluttabile" la primissima canzone che io abbia sentito suonare a Marlene dal vivo, in quel lontanissimo nove-nove-novantanove al Villaggio Globale, che quel giorno veniva suonata a Roma per la prima volta, che da allora mi e' entrata dentro e non e' uscita piu', e che nonostante il tiro e la pesantezza generale, e' quella in cui la destra di Tesio mi ammalia maggiormente con la sua elegante morbidezza. Altro cambio, di nuovo compare la diavoletto rosso-rubino, e Godano annuncia "questa' e' "Lieve"". Un esplosione in sala. Mi giro e mi accorgo che il tizio a torso nudo non c'e' piu', che forse e' stato allontanato al quarto tentativo di scavalcare le transenne. Pace all'anima dei punkettoni invecchiati. Pero' "Lieve" suonata con la diavoletto e' strana, diversa: forse lo penso solo io. E poi "Festa mesta", e gia' al primo accordo c'e' piu' rumore sotto al palco che sopra: il pubblico e' in delirio e salta, salta, salta, cinquantenni che pogano dio mio!, mi stringo alle transenne sperando di non venire spintonata perche' non so se il mio ginocchio malandato reggerebbe l'impatto. Finito il brano Tesio imbraccia la diavoletto nera mentre Godano afferra una bacchetta di batteria e la infila con vigore tra le corde della strato bianca e nera. Chiunque in sala sa esattamente cosa sta per arrivarci in faccia, eppure e' solo al primo "re" di Tesio che parte l'urlo di entusiasmo. Tesio quasi balla, e mi dispiaccio nel realizzare che la sua parte, al momento dell'assolo di Godano, un tempo veniva suonata diversamente, che questa sera mancano alcuni dettagli sulle corde acute che mi avevano fatto lucidare gli occhi la prima volta che li ho capiti. Peccato. Il pubblico non sembra accorgersene e a fine brano esplode con un applauso che sembra interminabile. Nel mentre Tesio riprende in braccio la diavoletto rosso-rubino ed e' il momento di "Nuotando nell'aria", col pubblico che canta e si stringe in un abbraccio sognante: anche qui pero' resto leggerissimamente delusa dall'assenza della pennata sghemba verso l'alto nel pre-finale in cui tutto dovrebbe tacere tranne appunto Tesio e qualche feedback di Godano. Magari non e' serata, magari e' ancora rigido, magari non sente benissimo dalle spie. Ri-peccato.

Pausa, ma brevissima.

Tornano, Tesio imbraccia ancora una volta la diavoletto rosso-rubino e Godano prende la parola per dirci che qui infrangeranno la loro regola di suonare solo brani pre-duemila per dedicarne uno a Luca Bergia, uno dal suo (splendido) disco solista, uno che e' stato scritto quando Bergia era ancora in vita ma gia' dava cenni di quel cedimento che lo ha strappato ai suoi cari e a noi che lo ammiravamo. Il pubblico, se all'inizio rumoreggia scontento che si esca dall'epopea noise, al sentire il nome di Bergia si commuove e fa commuovere Marlene chiamandolo a gran voce (e' umidita' quella che vedo negli occhi di Tesio?, o sono io ad averli appannati?). Suonano dunque "Ti voglio dire". Dal ventritre' marzo dello scorso anno il mio modo di ascoltare questo brano e' cambiato, e se prima suonava come un brano dolcissimo da dedicare a un amico in difficolta', oggi e' un brano di una malinconia straziante, perche' lo ascolti e pensi che la mano di un amico non e' mai sufficiente per battere i mostri, e ti senti inerme. Scaccio via questi pensieri aiutata dal fatto che a fine brano Tesio ha di nuovo imbracciato la lespaul studio e parte "Come stavamo ieri", che e' un modo molto delicato di riportarci qui, all'Orion, a questa sera di festa. E poi, immancabile, dopo aver cambiato la lespaul studio con la diavoletto nera, parte l'arpeggino in re che e' il preludio di un boato, quello di "Ape regina": il pezzo delle api, ancora una volta, come ogni volta, mi esplode in faccia. La chiusa, dopo un ennesimo cambio verso la diavoletto rosso-rubino, e' lasciata a "MK-OK", ed e' tutta la sala a gridare che "Ma-marlene e' la migliore!", e tutti dimentichiamo per un attimo che Marlene nell'intellighezia ci e' entrata di diritto ormai tanti anni fa. Presentazione della band, saluti, ringraziamenti. Escono.

Ri-pausa, ancora piu' breve.

Tornano per un ultimo brano, un ultimo regalo, l'altra eccezione della serata, "una canzone che ci piace di lasciarvi come una specie di bella suggestione da portarvi a casa" Ed e' "Bellezza", col suo arpeggio meraviglioso sulla diavoletto rosso-rubino. Sono solo io a pensare che con la tele-oro veniva meglio?, forse si, forse non se la ricorda nessuno, ma va bene cosi'.

Ultimi saluti, questa volta davvero.

Allungo una mano sulla scaletta come fa la mia gatta quando vuole qualcosa e chiedo al tecnico se posso staccarla e portarmela a casa. "Te la sei meritata" mi risponde lui con un sorriso: io gongolo. 

Salutiamo Grumvalski alla prossima volta ("ho male alla schiena", "io alle ginocchia".... ah, avere di nuovo vent'anni!) e ci fiondiamo a prendere una birra veloce prima di rimetterci in macchina stremati: lui forse un po' stordito, io forse pure, che ormai di anni ne ho quaranta e forse (forse) va bene cosi'.