ti do un'ultima volta del "tu", ma solo per un'abitudine ormai radicata nei miei polpastrelli quando scrivo di te su questo blog.
Sono passati sette giorni e io ancora non me ne capacito, e non oso immaginare come devono stare quelli che ti conoscevano davvero e che ti vogliono bene: la tua famiglia, i tuoi amici quelli veri. Non riesco a pensarci eppure non riesco neanche a smettere di farlo.
Da lontano, da sconosciuto, eppure sei stato accanto a me per vent'anni, più precisamente nelle mie orecchie, in così tanti momenti importanti che non si riescono a contare.
Le sere in cui tornavo dall'università, col fido cuffione, quando sapevo di dover andare via ma non ne avevo voglia, perché la verità è che per me, allora come ora, "casa" era proprio l'università.
E non saprò mai cosa hai scritto sul libretto di "Le labbra" la prima volta che ho avuto il coraggio di avvicinarti. Questo invece è quello che avevo scritto io all'epoca
un luogo splendido per un concerto memorabile.
inizio ore 20:45, scrivono in rete: il mio ragazzo ed io siamo li' intorno alle 20:15... sai mai...
C'e' un parco, un palco nel parco, delle sedie posizionate all'uopo: bene, pensiamo noi. il sole (quel poco che c'era visto il tempo appena nuvoloso) comincia a calare, prendiamo un paio di birre e troviamo posto in terza fila, abbastanza centrali.
Gli offlaga salgono sul palco intorno alle 21:15 (credo... minuto piu', minuto meno). Iniziano con un pezzo che non conosco, ma mi par bello. poi suonano (in ordine sparso, perdonatemi)
Ventrale (sono quasi sicura fosse la seconda)
Dove ho messo la Golf? ("volendo anche questa e' una storia di rimozione sfrontata" dice max prima di attaccare il brano)
Sensibile
Lungimiranza
Fermo!
Onomastica
Venti minuti (qui vien sempre da piangere quando uno la ascolta: dal vivo, se possibile, e' ancora piu' intensa... e forse anche lui va dietro al palco per asciugarsi le lacrime... ha la voce rotta...)
Enver
Cinnamon (e max lancia gomme sul pubblico alla fine del brano... cinnamon 100% original!)
Robespierre (con cui chiudono la loro parte di concerto)
e' sempre un piacere ascoltarli, ricordarsi che sono davvero bravi...
tra loro e benvegnu' passa una mezz'ora in cui cambiano drammaticamente gli equilibri. molte persone si alzano per mettersi in piedi sotto al palco con nostra somma irritazione (alla fine ci arrenderemo anche noi... ahime'). poi arrivano loro, lui, loro.
iniziano con la coda jazz de "la peste" (come poter fare diversamente alla casa del jazz?) in modo da attaccarci subito "il nemico". seguono (sempre in ordine sparso)
Cerchi nell'acqua
Il sentimento delle cose (in una strana versione un po' piu' rock, cantata in tono monocorde... splendida!)
La schiena
Interno notte
Cinque secondi
Moses
Love is talking
Avanzate, ascoltate
Io ho visto
Andromeda Maria
Achab in New York
Good morning, mr. Monroe!
Johnnie and Jane
pausa, ma brevissima e poi
il mare verticale
rosemary plexiglas
io e il mio amore
sono commossa. era la prima volta che lo sentivo suonare dal vivo. la sua voce vibra profonda, ancora, nella mia testa.
una menzione speciale alla sezione ritmica del gruppo: davvero notevoli.
a fine concerto lui emerge immediatamente e gli si forma un piccolo gruppetto intorno: come non approfittare? tiro fuori "le labbra" e una penna.
lui gioca a fare il buffone. dice un sacco di cose terribili, ma ridendo, facendo finta di non cederci. mi sembra in imbarazzo: felice del riscontro positivo, senz'altro, si fa scudo a suon di scemenze farcite di verita'. firma autografi, saluta amici e sconosciuti. poi ci vede e si scusa per non averci rivolto prima la parola. mi fa il baciamano e da il cinque al mio ragazzo. gli do l'album gia' aperto al punto giusto chiedendogli di scrivere una roba qualsiasi. lo ringrazio per la bella musica che scrive, perche' non riesco a smettere di ascoltarlo, perche' non riesco a capire le note che suona, perche' tocca qualche nervo scoperto che non credevo di avere... lui si commuove. mi abbraccia, ma forte, come un'amico vero. ricambio l'abbraccio. dice "sono solo un'essere umano... avendo a che fare con me capireste quanto sono insopportabile...", dice. "certo, e' possibile, ma noi stiamo solo dicendo che la tua musica e' bellissima!". mi riabbraccia e ringrazia. "e' un riscontro bellissimo".
torniamo a casa felici.
gran serata, gran bei concerti, entrambi.
Che impressione rileggersi.
Eri poi con me quando ho capito quello che dovevo fare, anche se era orribilmente doloroso. Ed eri con me su tutti i treni che ho preso, su e giù per lo stivale, l'anno prima di partire per il Canada, a guardare fuori dal finestrino e sentire questo dalle orecchie al cuore.
Eri con me sul primo volo, quello di sola andata, per Hamilton, e poi quel primo autunno - che per temperature a Roma chiameremmo "inverno gelido" - i miei passi nella neve insieme a quelli di Stefan Zweig (...potevi dirmi quelle cose mentre io ero lì, al freddo, sola con i miei pensieri, senza che mi risuonassero dentro?).
Il primo Natale post trasloco ti ho reincontrato a Grottammare, dove ci saranno state sì e no cento persone e ho "fatto amicizia" con Druga e Roccia. Quella volta, sentendomi chiacchierare con Druga, mi hai chiesto come sia essere un matematico e io non ho saputo che balbettare qualcosa a mezza bocca.
E ti ho reincontrato il Natale successivo al Monk, quando ho avuto conferma che leggevi le cretinate che scrivevo su di te.
Eri con me ad Atlanta, signora del Sud, a fare un riassunto del mio girovagare, tanto che, sapendo che mi avevi letto, ho sempre avuto il dubbio - lo so che è insensato, ma tant'è - che ci fossi anche io dentro quella canzone. O che ci fossimo noi tutti, i tuoi ascoltatori. A questo punto non lo sapremo mai, ma io ho bisogno di crederlo e temo che continuerò a farlo.
Dopodiché ci siamo reincontrati fugacemente all'Ex Dogana un paio di anni dopo, quando avevi da poco avuto un infarto e di conseguenza avevi appena smesso di fumare. Lì Druga mi invitò per quello di Prato due giorni dopo. Poi a Prato non ho avuto modo (coraggio?) di parlarti ma non era importante: ero lì per ascoltare. Durante il concerto hai detto che "Se questo sono io" aveva tratto ispirazione da alcuni dei presenti e mi sono domandata se la mia teoria (o per meglio dire il mio desiderio) fosse vera.
Quella è anche la serata in cui ho davvero stretto amicizia con Druga, che spero di rivedere prima o poi e a cui oggi va un grande abbraccio in attesa di poterglielo dare di persona.
Ed è stata l'ultima volta in cui vi ho sentiti suonare insieme.
Druga mi aveva accennato che stavate iniziando a prendere direzioni diverse, ma senza rancore.
Al mio rientro in Italia c'è stata la pandemia e, indovina un po'?, anche allora eri con me. Solo che c'era la pandemia e io ero incazzata col mondo e soprattutto con i miei vicini che suonavano sui balconi. E l'operazione buffona di dire che non erano canzoni tue (questo raccontavi nelle interviste all'epoca) mi sembrava al limite del cattivo gusto in un momento in cui la (mia) rabbia verso il buio di quella casa e verso i vicini entrava in pericolosa risonanza con frasi come "vi maledico insetti senza frontiere" o "io conosco gli umani e preferisco le pietre" e via e via, sparpagliate tra i brani. Pensavo che avresti dovuto avere il buon gusto di prenderti la responsabilità di quelle parole, anche se ovviamente quelle canzoni erano state scritte prima, con la pandemia non c'entravano niente, erano state solo molto sfortunate anche loro. E così mi sono arrabbiata anche con te che non c'entravi niente.
La verità è che era un album bellissimo. L'apertura era un canto d'amore per tua figlia, in mezzo odio per il mondo e poi, in chiusura, la salvezza, tua moglie. Inizio e fine, figlia e moglie, ad abbracciare la rabbia. Confesso che, nella solitudine buia della pandemia, ben peggiore di quella Hamiltoniana, ero arrabbiata con te anche perché puntavi il dito su un nervo scoperto, perché quella salvezza in teoria l'avevo ma in pratica non era vero.
Ti ho rivisto "da lontano" in un teatrino a Trastevere. Ero con un caro amico e subito dopo il concerto siamo andati via. Era un periodo interlocutorio. Di quel pomeriggio ricordo l'intervista che ci hanno fatto prima dell'inizio dello spettacolo in una stanzetta con degli specchi, con domande a cui non sembrava possibile rispondere ("cos'è per te il desiderio?"... ma ti pare bello fare una domanda così prima di un tuo concerto??). Chissà che ne è stato di quei filmati.
E poi te ne sei uscito con l'ultimo EP seguito a ruota dall'ultimo album, quello della - tarda - consacrazione. E a parte la riedizione di "Piccoli Fragilissimi Film", che però conta diversamente, gli ultimi davvero.
In un qualche modo, con questi due lavori, ti ho ritrovato, ovvero mi sono ritrovata.
Nel dannato 2024 ti ho visto due volte da sotto un palco, entrambe al Monk: una il 22 febbraio per "È inutile parlare d'amore" e una il 23 novembre, per "PFF reloaded". Del tuo ultimo concerto non ho scritto perché erano giorni infernali: avevo quattro seminari da fare, di cui tre diversi tra loro, nel giro in un mese, in giro per il mondo e a diversi climi e fusi orari.
Quella sera avevo dimenticato di indossare il braccialetto di cuoio che mi ha regalato un'amica facendoci incidere sopra che "la mia verità è nell'ostinazione a cercarmi a ferirmi a capirmi ma sono troppo suggestionabile". Mi sono mangiata le mani quando, arrivata al Monk, me ne sono ricordata: lo avessi avuto al braccio avrei convinto il mio compagno di avventure di aspettare un attimo per fartelo vedere, perché penso ti avrebbe fatto piacere. E invece niente, ho pensato "prossima volta"...
Accidenti a me.
Se avessi saputo che il 28 dicembre eri a Cave, a meno di un'ora di macchina da casa, e che era la mia ultima occasione... Ma coi "se" non si fa la storia.
Il dannato 2024 è l'anno che si è portato via N., persona importantissima della la mia adolescenza e in un certo senso anche lui una parte di me, lasciandomi il giorno del funerale letteralmente marchiato a fuoco sulla gamba sinistra (stinco su radiatore ed è subito ustione).
E nel pomeriggio dell'ultimo giorno del dannato 2024, giusto in tempo per evitare il cenone, te ne sei andato anche tu. Avevi vinto la targa Tenco con l'ultimo album, eri stato invitato da Bollani in Rai e la puntata era andata in onda solo la sera prima. E invece te ne sei andato.
E niente, anche solo a scriverlo fa male.
E io sono una cazzo di sconosciuta!
Una che ti guardava da lontano.
E con che coraggio io scrivo tutto questo quando ci sono la tua famiglia e i tuoi amici che davvero stanno trascorrendo questi giorni in una bolla?
Lo faccio perché tu eri una parte di me, perché, pur non sapendolo e non volendolo, camminavi con me.
Lo so che non è giusto, lo so che sono ridicola, mi leggo ridicola ma me ne infischio.
Nel leggere la notizia le mani hanno iniziato a tremare.
No.
No.
No.
Non tu.
No.
Scorrevo pagine web e mi sembrava surreale. Ho mandato qualche abbraccio virtuale e poi ho messo su "Dell'odio dell'innocenza", tra tutti proprio quello, finalmente e dolorosamente rappacificandomici. E ho pianto. Con lacrime, singhiozzi e tutto il resto.
Come l'idiota che sono.
In questi giorni sono uscite decine di articoli in cui si scriveva che eri uno dei migliori cantautori italiani degli ultimi vent'anni, nonostante fossi ignorato dai più. Sospetto che se potessi leggerli ti schermiresti e diresti qualche cosa di assurdo come facevi dal palco ogni tanto tra un brano e l'altro, per vincere l'imbarazzo del ricevere applausi, allo stesso tempo gongolando.
E ti si sarebbero illuminati gli occhi, quegli occhi da eterno bambino che avevi quando sorridevi.
Se ci fosse un "dopo" ti immaginerei a guardarlo con stupore, infastidito all'idea di non poterlo mettere in musica, nascondendo l'emozione dietro battute idiote fatte al primo puttino di passaggio. Ti immaginerei sorridente.
Sono davvero scema, non c'è che dire.
Proprio un animale rotto.
E allora ti saluto signor Benvegnù, e lo faccio storpiando parole tue, tanto non lo leggerai mai:
E se ti vedrò nel mare
allora dovrò bere dalle tue mani
e abbandonarti. Sarò incosciente
inafferrabile e seducente.
E se ancora voglio chiamarti amore
e regalarti un addio
che ogni sogno sia il mio
che il mio sogno sia il tuo
Ti cercherò tra le mie dita
e osserverò ogni cielo cambiare
e se vorrò immaginare
non potrò mai perdermi
perché sarai con me
ad accogliermi
ad accogliermi
ad accogliermi
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