sabato 22 agosto 2015

CNE

La Canadian National Exhibition, per gli amici CNE, e' una cosa seria, serissima: quel minuscolo corridoio ad Ancaster non era niente. Per carita', esserci dentro mi aveva colpita, ma quando si tratta di Toronto, la citta' (anzi, la Citta'), bisogna fare le cose in grande.

Dopo aver lavorato in mattinata, nel pomeriggio ho raggiunto un amico e suo figlio che mi hanno regalato questo squarcio in immersione totale nella vita nordamericana: non da turista, non con un gruppo di europei, ma con qualcuno che vive queste cose come una tradizione da tramandare di generazione in generazione.

Arrivi e sei subito investito dall'odore di zucchero, bacon, fritto in varie forme; sai gia' che a fine giornata ti sentirai male ma fai buon viso a cattivo gioco: sono esperienze che una volta nella vita vanno fatte.

La prima tappa e' il "Food building" e gia' il nome dice tutto.
E' un posto colossale, da perdercisi, e dentro e' solo cibo-spazzatura: da quella che loro chiamano pizza (e io northamericanpizza: non e' cattiva, solo che non e' pizza, e' un'altra cosa) ai piatti caraibici, a quelli cinesi, a miliardi di hambruger, anelli di cipolla, poutine (non esistono molte cose piu' disgustose...). Gli odori ti assalgono al punto che non riesci neanche a sentirli davvero.
Mi concedo un kebab e un northamericancoffee, rigorosamente piccolo.

Poi inizia il tour vero e proprio.
Loro si muovono senza difficolta' nell'intricato groviglio di gente e stand, del resto vengono qui ogni anno da sempre: io ogni tanto perdo completamente l'orientamento.

C'e' il posto al chiuso con gli animali da fattoria e quello con i televisori; c'e' chi fa sculture di sabbia, che tutto diresti meno che e' sabbia; ci sono i giostrai e lo zucchero filato.
E' un lunapark mastodontico, dotato di tutte le attrazioni che uno si aspetterebbe da un lunapark, montagne russe comprese; e d'accordo, magari non sono vertiginose come quelle del Divo Ostrov, ma poggiano su pezzi di legno che mi paiono di una fragilita' allarmante: il pensiero che tra un mese questa fiera sara' finita e tutti i giostrai (montagne russe comprese) si sposteranno da qualche altra parte mi fa tremare.

Una delle cose piu' tipiche, a quanto mi dicono, e' il cosiddetto "ice cream waffle": la forma e' quella di un cucciolone, il gelato e' una specie di vaniglia dolce e piuttosto insapore ma in quantita' almeno doppia di quella nel cucciolone, il waffle lo fanno sul momento e il povero biscotto del cucciolone non puo' che dichiararsi sconfitto al suo confronto.
Ovviamente non posso esimermi dal provarlo.
E' assassino.
Ne mangeresti a quintalate pur sapendo che potresti morirne.

E gente che suona su vari palchi, e il posto e' talmente grande e affollato che possono anche suonare contemporaneamente.
E la parata con la banda in divisa che suona, i carri da cui ragazzine belline da teen-movie lanciano collanine luccicose e un'improbabile marcia di stormtrooper.

Tutto questo e' troppo per me: con l'avanzare della giornata sento sempre piu' forte la sensazione di non appartenere a questo posto.
Come sempre.
Non basta avere degli amici per sentirsi a casa in nordamerica.
Non basta neanche essere innamorati.

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