martedì 10 ottobre 2017

AAVV - KO Computer [2017]

Fondo azzurrognolo che evapora nel bianco, strisce bluastre, come svincoli uno sopra l'altro di una superstrada, si accavallano e si attorcigliano. In alto a destra e' disegnato il profilo di un aeroplano, in alto a sinistra il logo di King Kong Radio, appena sotto la scritta "12 Artisti italiani omaggiano" e sotto ancora "Ok Computer / Radiohead 1997 - 2017". In basso l'elenco dei suddetti artisti con accanto il titolo del brano interpretato.

Play.

Ne avevo gia' accennato quando ho avuto la fortuna di ascoltarne alcuni brani dal vivo durante il mio brevissimo passaggio estivo per la Capitale. Oggi, a distanza di tempo e dopo numerosi ascolti, sento l'urgenza di scriverne per davvero.

Piccolo preambolo, qualora ve ne fosse bisogno.
"Ok Computer" non e' un album qualsiasi.
Non e' neanche semplicemente un bellissimo album qualsiasi.
"Ok Computer" e' un'anomalia forse irripetibile.
I Radiohead hanno scritto degli album strepitosi sia prima che dopo "Ok Computer", album che hanno aperto strade, che hanno fatto sognare, che hanno coccolato generazioni di animi malinconici, album da pelle d'oca.
Ma "Ok Computer" e' un'altra cosa.
Esagero: "Ok Computer" e' l'album perfetto.
"Ok Computer" ha saputo parlare dell'uomo moderno, delle sue paranoie, della sua alienazione quando ancora credevamo di poter credere in qualcosa, quando ancora non ci rendevamo conto di come la grande disillusione globale ci stesse consumando da dentro.

L'idea di King Kong Radio (gli dei della musica l'abbiano in gloria!) e' coraggiosa: andare a sfiorare l'album perfetto e' un rischio che in pochi prenderebbero, ma forse infondo al cuore tutti vorrebbero trovare il coraggio di farlo, di suonare almeno una di quelle canzoni facendola propria... E' una bella sfida e dodici eroici Italiani la accettano: io, standomene non molto eroicamente seduta in poltrona dall'altra parte del mondo, lo ricevo cosi'.

Motta&Appino.
Cominciano con un arpeggio di chitarra acustica, e un'altra chitarra acustica a sostituire gli archi della melodia introduttiva; tutta l'essenza del brano e' di fatto affidato alle chitarre acustiche, a eccezion fatta del finale elettronico e sghembo. La voce di Francesco Motta, al limite del roco se paragonata a quella di Thom Yorke, si incastra perfettamente all'ambiente tra echi e ritorni.

Diodato.
Il suo e' coraggio allo stato puro, perche' suonare una cover di un brano di "Ok Computer" non e' da tutti ma ancora si puo' fare, ma "Paranoid Android"... la canzone perfetta dell'album perfetto... eppure lui riesce a non sporcarla: non so dire "farla sua" perche' conosco poco o niente della sua produzione (mea maxima culpa), ma certo la sua voce e' una lama e l'uso dell'elettronica e' sapiente, tanto da far quasi dimenticare le chitarre di Jonny Greenwood. Nel finale, quella terza parte che ogni volta e' una stretta allo stomaco, i cori sono sostituiti da un pianoforte, e il brivido non e' intaccato.

Niccolo' Fabi.
Quanti secoli sono passati da "Capelli"?, quante vite?, e io che all'epoca lo avevo preso per una meteora irrilevante (ri-mea maxima culpa)... Anche qui la cover e' acustica, ma questo e' Fabi al cento per cento, che riducendosi all'essenziale esalta la morbidezza di un brano che, per collocazione infelice (ma a qualcuno doveva pur toccare la posizione dopo "Paranoid Android"), si tende spesso a dimenticare ingiustamente.

Colapesce.
L'inizio elettronico da solo fa venire i brividi allo stomaco: la chitarra acustica non e' che un ricordo, ma paradossalmente si materializza come un'eco nell'orecchio di chi (come la sottoscritta) ha consumato il cd comprato alle superiori. I suoni sono ipnotici e ammalianti, forse giusto un po' troppo sovrapponibile all'originale, ma mica ci si sta sovrapponendo con una roba qualunque!

Dimartino&Cammarata.
Perche' c'e' bisogno di rilassarsi di tanto in tanto, e allora ci regalano una versione piano/chitarrina e poco piu', in cui anche le percussioni sono appena accennate, con le due voci che si intrecciano perfettamente per tutta la durata del brano, delicato come una piuma nel vento.

Marlene Kuntz.
Eh loro no, non possono fare una cover sovrapponibile, Marlene e' sempre alla ricerca del nuovo. E qui Marlene esplora il nuovo assoluto nella la prima meta' del brano, mentre lo riveste di essenza-Marlenica nella seconda: Marlene puo' solo snaturare, sempre senza perdere la bellezza, perche' Marlene, ricordiamolo, cerca la bellezza ovunque, anche nella sua controllata follia. Brano di difficile digestione, ma questa e' Marlene.

Spartiti.
La voce di Collini era l'unica che poteva essere presa in considerazione per questo brano; il suo inglese stentato, il suo modo inconfondibile di recitare senza apparente trasporto... Collini, l'uomo che si finge macchina, al posto di una macchina che voleva rappresentare l'uomo moderno. Se i Radiohead avessero conosciuto Collini probabilmente avrebbero affidato la parte a lui. E ho detto tutto.

Adriano Viterbini.
Se non fosse per la collocazione non avrei mai e poi mai riconosciuto il brano, tutto chitarre con un filo di overdrive che si attorcigliano al limitare del southern-rock e dell'arabesco, e una batteria appena sfiorata a dare il tempo. Gradevole in ogni dettaglio.

Iosonouncane.
Cori, cori, cori. Echi e cori. Suoni infiniti che rimbombano da tutte le parti e arrivano confusi a confondere e ipnotizzare. E la paranoia, la paura, sono amplificate allo spasmo, restituite alla loro essenza.

Nada.
La voce degli angeli per un capitolo pesante da decifrare. Ricordo (ce n'e' bisogno?) il senso del brano: c'e' un essere umano stanco della vita e di quelle immagini televisive di perfezione che svuotano l'anima, divorato la finzione del vivere, siccche' vede in un incontro a tu per tu col monossido di carbonio l'unica via d'uscita. E Nada?, Nada col suo sorriso riesce a renderlo un brano gioiso, quasi come se la risoluzione finale fosse paradossalmente il modo giusto di scoprire la felicita'. Che sia voluto o meno e' difficile a dirsi, ma tant'e'.

Cristina Dona'.
Una cover di sole voci per una delle voci piu' interessanti del panorama italico; voci che si sovrappongono una sull'altra e non c'e' bisogno di altro, voci che si attorcigliano nell'aria e liberano l'anima da ogni male. Due minuti e cinquantanove secondi che vorresti non finissero mai.

Paolo Benvegnu'.
Il gran finale non poteva che essere affidato a lui/loro, perche' in giro non c'e' niente di meglio e a quanto pare non sono l'unica a pensarlo. Ed e' anche tematicamente ovvio associare questo brano a lui/loro: rallentiamo, fermiamoci a guardare, ad assaporare, lasciamoci sorprendere da un pensiero e culliamolo qualche secondo, restituiamo valore ai momenti di silenzio immobile... dove corri imbecille?, rallenta!, respira!, torna ad essere Uomo!
La sua voce, le loro voci, l'eleganza degli arrangiamenti, i dettagli su cui soffermarsi: meraviglia, gran finale.

Difficile confrontarsi con questo gioiellino, difficile davvero. Ma che lo si ascolti ancora, ecco, che ci si innamori di nuovo, che ci si lasci trasportare e coccolare, che la dolcezza malinconica dell'originale trovi nuova vita in un mondo che non e' poi cosi' diverso da quello che era stato disegnato; un applauso, un inchino.


Lista delle tracce (serve davvero?)

Airbag - Motta&Appino
Paranoid Android - Diodato
Subterranean Homesick Alien - Niccolo' Fabi
Exit Music (for a Film) - Colapesce
Let Down - Dimartino&Cammarata
Karma Police - Marlene Kuntz
Fitter Happier - Spartiti
Electioneering - Adriano Viterbini
Climbing up the Walls - Iosonouncane
No Surprises - Nada
Lucky - Cristina Dona'
The Tourist - Paolo Benvegnu'

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