Le tradizioni sono un qualcosa di misterioso e squisitamente affascinante.
Questo fine-settimana sono stata al matrimonio di un carissimo amico, un compagno di studi dell'universita', quello che sarebbe stato la mia anima gemella matematica se le nostre strade non si fossero inesorabilmente separate al terzo anno (indirizzi diversi... capita...) ma vabbeh.
Il rito si e' svolto in un paesino campano in provincia di Avellino, i festeggiamenti in un albergo poco distante e giuro, sembrava di essere dentro la scena iniziale dell'ultima fatica di Matteo Garrone: parlando con alcuni degli altri invitati ho scoperto che piu' di qualcuno ha avuto la stessa identica sensazione. E la cosa mi ha inevitabilmente colpita.
La fontana davanti cui fare le foto di famiglia, il duo di "musicisti" (lo so, quelle virgolette sono snob oltre ogni dire, ma proprio non riesco ad evitarle) casinisti che cercano di coinvolgere gli invitati a battere le mani e cantare in coro, un invitato che, tra una portata e l'altra, prende in mano il microfono, si inginocchia davanti alla fidanzata e le propone di sposarlo, lei in lacrime che accetta e tutti si mettono a cantare "Ti amo" di Umberto Tozzi (giuro!, che poi nella mia infinita ignoranza ho appena letto il testo e ho capito quanto fosse fuori luogo), i balli di gruppo latinoamericani, la discoteca dopo il dolce. C'era proprio tutto: mancava solo la star del Grande Fratello e poi avremmo fatto l'en plein.
La sensazione di essere stata dentro un film iper-realista non mi ha abbandonata fino a questa mattina, abbastanza dopo il risveglio, quando ormai gli ultimi residui (piu' o meno alcolici) della festa mi avevano lasciata e ho avuto il tempo di ripensare al tutto con lucidita'.
C'e' una incredibile tenerezza in tutto questo, un modo di esserci, di festeggiarsi, di farsi sentire; una sensazione simile a quella che mi lasciava l'osservare da fuori le sceneggiate napoletane (letteralmente) da finestra a finestra o il tizio che fischiava sul pianerottolo davanti casa a Forcella.
Un paio d'anni fa avevo letto un libro in cui si raccontava Napoli vista dagli occhi di uno straniero che si trovi a viverla: mi aveva impressionato quanto fosse essenzialmente la stessa citta' che vedevo io quando lavoravo li'. Ecco, adesso posso dire che Garrone, da romano, ha raccontato un matrimonio campano usando un linguaggio molto simile a quello che avrei usato io.
Con un'unica differenza cruciale: da dentro e' molto piu' divertente, coinvolgente, emozionante.
Sara' perche' era il mio amico, sara' perche' ero circondata da amici e belle persone, sara' perche' vivere le cose e' sempre piu' bello che vederle da fuori. Garrone usa una lucida freddezza distaccata: io ho ballato con amici ed estranei, riempiendomi il cuore di tutto questo esuberante affetto scomposto che (gia' lo so) mi manchera' da morire una volta raggiunta l'altra parte del mondo.
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