20 giugno 2017
Zurigo, Barcellona, Sardegna, un rapido passaggio per Roma tra un volo e l'altro: una tournee Europea piuttosto faticosa. Il passaggio per Roma tra Barcellona e la Sardegna e' stato il piu' lungo, ben cinque giorni, un'immensita'.
E poi.
E poi sono venuta a sapere che Benvegnu', dopo l'interruzione forzata avvenuta a fine aprile, riprendera' la sua tournee in giro per lo Stivale proprio durante quei cinque giorni. E non importa dove si tenga questo concerto, non importa neanche che io debba fare un seminario a Torvergata il pomeriggio dello stesso giorno: l'idea di prendere un treno per andarlo a sentire si era affacciato subito alla mente, e la brevissima conversazione di domenica sera mi ha convinta definitivamente.
Un concerto di Benvegnu' e' per me un viaggio nell'anima che va ben oltre la musica. C'e' una sola persona al mondo con cui vorrei tentare di condividere quest'esperienza, ma un volo al mattino dopo rende impossibile la sua presenza: pazienza, sara' per la prossima volta.
Cosi', anche oggi, parto sola.
Un breve scambio di messaggi con l'ottimo Andrea (che si', a questo punto considero un amico) e rimedio un ostello e un invito a cena con il gruppo.
E' quindi con emozione infinita che salgo sul frecciargento in direzione Firenze; l'orrido treno arrivera' in ritardo anche questa volta (che sia una maledizione?) ma da Firenze a Prato i regionali sono frequentissimi e quantomeno non devo prendere un taxi: mi basta aspettare un po', giusto dispiaciuta per il ritardo di venti minuti sulla mia personale tabella di marcia e, soprattutto, sperando di non crear problemi.
Arrivo all'osteria e Andrea e' fuori che mi aspetta, gli altri sono dentro insieme ad un paio di loro amici: uno poi scopriro' essere il fotografo della serata, l'altro e' M., un carissimo amico di Andrea. Tutti mi salutano con caloroso affetto, con baci e abbracci come si fa con gli amici.
Mi sento un po' un'adolescente imbecille ad emozionarmi cosi', ma cerco di non darlo a vedere.
Hanno finito di mangiare e mi sento fortemente in imbarazzo, ma si impegnano molto per farmi sentire a mio agio, Andrea ordina altri tortelli (spettacolari!) e mi fanno un po' compagnia; poi, uno alla volta, la banda si alza per andare a preparare gli ultimi dettagli per la serata, io finisco il pasto e M. mi accompagna all'ostello per fare il check-in e lasciare lo zaino.
Pochi minuti e sono di nuovo in strada, aiutata da Mr. Google (il savio gentil che tutto seppe) a trovare la strada verso la biblioteca.
Lo spazio designato per il concerto e' all'aperto, il palco e' allestito, ci sono sedie ordinate all'uopo, tutte occupate; prendo posto in piedi su un lato. Sulla parete diametralmente opposta rispetto alla mia posizione troneggia un enorme striscione rosso con la scritta "Tu sei un filo passato attraverso la cruna di un ago. Tu sei una trama di momenti accumulati che si ammassa in giorni, notti e anni. Tu sei un rotolo di tela teso dalla nascita alla morte. Tu sei fasciato come un neonato, vestito come una stella e avvolto come un cadavere". Gente interessante da queste parti.
Il tutto mi fa pensare a una situazione casereccia, al limite del familiare: ci sara' di che godere.
Entrano in scena, lui/loro/lui.
Salgono su palco e senza dire una parola parte il fischio iniziale di "Victor Neuer" (piu' nuovo del signor Uomonuovo) e l'incipit e' cantato senza arpeggio, che entrera' solo sulla seconda meta' della prima strofa; e' una dichiarazione di intenti: il moderno Ulisse sta per mettersi(ci) in viaggio, e la sua voce ci prende per mano con garbo, quasi chiedendoci di affidarci a lui. L'arpeggio di Andrea e' bellissimo ma ahime' sono troppo lontana per riuscire a studiarlo con l'attenzione che vorrei.
Poi "Nello spazio profondo" col suo ritmo incalzante, e nonostante il caldo mi trovo per un attimo immersa nella neve di Hamilton, all'incrocio tra Queen e King, nel silenzio, e inizia ad affiorare una sensazione che focalizzero' piano piano durante la serata: il fatto e' che quest'anno il cambiamento in me e' stato reale, ho solo un ricordo nebbioso di cio' che e' stato, e mi appare come una pausa dalla vita, una storia vissuta da un'altra persona, e questo pensiero mi tira fuori un sorriso nuovo.
Segue "Suggestionabili" in versione superrock, che invece sento ancora mia, perche' ancora mi ostino a cercare di capire questo puzzle che in quasi trentaquattro anni non sono mai riuscita a risolvere. Non arriva potente come fu un anno e mezzo fa, ma certo fa venire la pelle d'oca.
E' la volta di "Goodbye planet Earth", con gli splendidi bassi saltellanti di Luca e quella pronuncia forse volutamente sbagliata da far sembrare si tratti di un addio al cuore. E sono io tre anni fa, quando ho salutato quello che era il mio mondo per sfuggire a me stessa; la sensazione pero' non e' di malinconia ma piuttosto di dolcezza nei confronti della me del passato, la me contro cui ho lottato violentemente e che adesso sta forse trovando una pace insperata.
Ci attaccano direttamente "Olovisione in parte terza", con le dita infuocate di Marco che accarezzano la tastiera e le mie orecchie, e capisco che H3+ sara' suonato in ordine, eventualmente saltando qualche brano come e' accaduto con "Macchine"... speravo si sentirla stasera... ok, next time.
E' la volta di "Una nuova innocenza" e penso che adesso il Nostro una figlia ce l'ha davvero e boh?, forse e' solo suggestione, ma nei suoi occhi mi pare di vedere una luce diversa, un senso di benessere che forse non credeva sarebbe prima o poi arrivato. Il finale che ci regalano e' supersonico e mi stringe le budella.
Alla fine del brano una piccola pausa per ringraziare il pubblico e dire due parole. Questo e' il primo concerto vero e proprio dopo Bologna (i tre pezzi suonati l'altra sera a Roma non valgono) e se ne percepisce l'emozione fortissima, la voce che trema: oltretutto Andrea e' di qui, Benvegnu' ha vissuto qui, gli altri sono comunque di zona, qui si gioca in casa, e giocare in casa e' sempre piu' difficile. Ringrazia dunque, e presenta l'ultimo brano, sostenendo di aver trovato ispirazione in alcuni dei presenti...
...e parte "Se questo sono io", che suona inizialmente da solo, con la fida jazzmaster ad accarezzare la sua voce calda e bellissima, per poi lasciar riempire il tutto dal resto del gruppo.
E no Signor Benvegnu' dai, non prendermi in giro, non stai parlando di me, non fare il furbo, non e' vero, non ci credero' mai! Non e' vero che parli di me, di come tre anni fa ho varcato un oceano sperando di ricominciare, di come ho avuto troppa fretta e mi sono persa sempre, di come ho bruciato due anni di vita, di come ho deliberatamente ignorato i miei fantasmi negli inverni Hamiltoniani convinta che bastasse prendere un aereo per rinascere, di come ho pensato troppo presto di avercela fatta, di come ho giocato alla spavalda e mi sono frantumata le gengive. E non sai che in tutto questo contorcimento la tua voce mi ha camminato a fianco tante di quelle volte che quasi ti considero uno di casa: eri li' nella neve, nell'inverno, alla stazione di Toronto, eri li' quelle rare volte in cui ho potuto mettere i piedi nell'oceano...
Due ragazze accanto a me chiacchierano indifferenti; io, stordita, mi domando cosa ci vengano a fare a un concerto se poi devono parlare tutto il tempo, vorrei trovare il coraggio di zittirle ma non ne sono capace e mi limito a fare un paio di passi indietro per allontanarmi dal loro chiacchiericcio.
Come da disco segue "Quattrocentoquattromila", che dal vivo e' piu' entusiasmante che mai e mi strappa un sorriso d'ammirazione; questi musicisti sono dei giganti!, il finale, prolungato fino allo spasmo, non lascia scampo.
E di nuovo, come da disco, segue "Boxes" con la sua cadenza al limitare del blues, il cuore che batte a tempo con i colpi magistrali e potenti di Ciro, le pareti attorno che vibrano, le stelle lassu' che ci guardano: e' un brano molto intenso e Benvegnu' questa sera lo interpreta quasi da attore.
Poi "Avanzate, ascoltate", e di nuovo quella bella sensazione di prima mi assale. Un anno e mezzo fa mi erano bastate poche note per essere catapultata nel passato. Oggi il pensiero va al mio salotto ad Atlanta, alla mia dolce Ofelia che mi aspetta in finestra, al mio pianoforte, silenzioso da settimane, su cui prima di partire provavo ad imparare a suonare questo brano perche' avevo la sensazione che non fosse poi cosi' difficile, che l'avrei potuto fare; solo in un secondo momento realizzo l'essenza profonda del cambiamento avvenuto, e questa chiarezza addolcisce i miei pensieri che si posano, quasi senza che me ne accorga, su di un cappello da pompiere.
E' il turno di "Slow parsec slow" e della sua pace salvifica, a cornice perfetta del mio flusso di coscienza. Il NuovoMondo, il mio mondo nuovo, la luce del Grande Sud che scalda il cuore... ed e' gioia pura, indescrivibile.
L'ultimo brano prima della pausa e' "Il mare bellissimo", un viaggio senza destinazione in cui perdersi, dietro note, e ritmi, e meraviglia, e pensieri, e sensazioni, e le curvature del ghiaccio (gniiiiiiiick!, genio chiunque di voi abbia pensato di mettere li' quel fischio: ogni volta che arrivo a quel punto penso che si', e' proprio il suono del ghiaccio).
Pausa, brevissima.
Tornano in scena e Benvegnu' presenta, con voce lievemente tremante dall'emozione, il brano con cui apriranno l'encore: e' "The tourist" nella versione da pelle d'oca che ho avuto il piacere di ascoltare solo due giorni fa, e che a differenza della versione registrata in KO Computer comincia, stasera come domenica sera, con il ritornello cantato a cappella da Benvegnu', Andrea e Luca. Bellissimo!
Segue "Andromeda Maria", suonata essenzialmente in solitaria, giusto con un morbido tappeto disegnato appena da Ciro, Luca (ai synth, o cosa?, non vedo...) e Marco. Mi sembra di sentirla oggi per la prima volta, ha un calore incredibile, dolcissimo, da piangere.
Torna in scena anche Andrea, Luca torna al basso e ci regalano una versione molto potente di "Solo io e il mio amore" e il suo schiaffo agli indifferenti, ai codardi, agli ipocriti. Alcuni di quelli accanto a me muovono la testa a ritmo, altri accennano un ballo. Io guardo le stelle e mi lascio emozionare.
Siamo al gran finale, "Cerchi nell'acqua" e il suo invito a continuare ad andare sempre avanti, a camminare, a fermarsi quando serve, per respirare, per pensare, per soffermarsi sulle cose belle, e poi proseguire, ancora e ancora, fino alla fine.
Ma no, non era l'ultima, con l'uscita di H3+ il finale non puo' che essere affidato a "No drinks, no food", alla sua armonia degregoriana, al benessere che emana, alla sua dolcezza che e' pace, pace, pace. Chiudo gli occhi, respiro e mentalmente li ringrazio, uno per uno, per questo bel regalo che mi hanno fatto in occasione del mio n-simo giro di boa europeo.
Tre inchini, saluti, ed escono di scena.
Ma il pubblico ne vuole ancora, li richiama a gran voce, cosi' escono, sorridenti, e ci regalano una dolcissima versione di "Hurt" dei Nine Inch Nails che mette i brividi. Tutto il pubblico si e' alzato e avvicinato al palco e io, per vedere qualcosa, salgo in piedi su una panchina di pietra.
Gran finale, non c'e' che dire.
Di nuovo tre inchini, saluti, buio.
Stavolta e' finito davvero.
Li aspetto per salutarli, ringraziarli, complimentarmi.
Un abbraccio ciascuno, un ringraziamento ciascuno, compro anche una maglietta con il 'tian' di H3+ disegnato sopra.
Andrea mi chiede di aspettarlo. Andremo poi a bere sangria con alcuni suoi amici sulla splendida terrazza di una sua amica, un piccolo angolo di paradiso in centro a Prato.
Chiacchiereremo, stringero' nuove amicizie, addirittura cantero' sottovoce "Il mare verticale" e "Smells like teen spirit" accompagnata da Andrea alla chitarra classica.
Avro' occasione di conoscere persone deliziose che spero di rincontrare prima o poi.
Tornero' all'ostello tardissimo, stanca morta, ma felice come una bambina.
Al mattino dopo ho appuntamento in piazza con Andrea per fare colazione assieme.
Vuole coinvolgermi nel suo nuovo disco, per questo aveva tanta voglia di parlarmene: la cosa mi onora a tal punto che, nonostante io dubiti di poter fare davvero qualcosa di buono, accetto la sfida e decido di tentare.
Ascoltero' i provini sul treno verso casa e... beh, se questi sono solo provini non oso immaginare che meraviglia sara' il prodotto finale... e' deciso: mi lancio, e poi vedremo se ne uscira' qualcosa.
E cosi', ancora una volta, grazie.
Grazie amici, grazie, grazie, grazie.
E poi.
E poi sono venuta a sapere che Benvegnu', dopo l'interruzione forzata avvenuta a fine aprile, riprendera' la sua tournee in giro per lo Stivale proprio durante quei cinque giorni. E non importa dove si tenga questo concerto, non importa neanche che io debba fare un seminario a Torvergata il pomeriggio dello stesso giorno: l'idea di prendere un treno per andarlo a sentire si era affacciato subito alla mente, e la brevissima conversazione di domenica sera mi ha convinta definitivamente.
Un concerto di Benvegnu' e' per me un viaggio nell'anima che va ben oltre la musica. C'e' una sola persona al mondo con cui vorrei tentare di condividere quest'esperienza, ma un volo al mattino dopo rende impossibile la sua presenza: pazienza, sara' per la prossima volta.
Cosi', anche oggi, parto sola.
Un breve scambio di messaggi con l'ottimo Andrea (che si', a questo punto considero un amico) e rimedio un ostello e un invito a cena con il gruppo.
E' quindi con emozione infinita che salgo sul frecciargento in direzione Firenze; l'orrido treno arrivera' in ritardo anche questa volta (che sia una maledizione?) ma da Firenze a Prato i regionali sono frequentissimi e quantomeno non devo prendere un taxi: mi basta aspettare un po', giusto dispiaciuta per il ritardo di venti minuti sulla mia personale tabella di marcia e, soprattutto, sperando di non crear problemi.
Arrivo all'osteria e Andrea e' fuori che mi aspetta, gli altri sono dentro insieme ad un paio di loro amici: uno poi scopriro' essere il fotografo della serata, l'altro e' M., un carissimo amico di Andrea. Tutti mi salutano con caloroso affetto, con baci e abbracci come si fa con gli amici.
Mi sento un po' un'adolescente imbecille ad emozionarmi cosi', ma cerco di non darlo a vedere.
Hanno finito di mangiare e mi sento fortemente in imbarazzo, ma si impegnano molto per farmi sentire a mio agio, Andrea ordina altri tortelli (spettacolari!) e mi fanno un po' compagnia; poi, uno alla volta, la banda si alza per andare a preparare gli ultimi dettagli per la serata, io finisco il pasto e M. mi accompagna all'ostello per fare il check-in e lasciare lo zaino.
Pochi minuti e sono di nuovo in strada, aiutata da Mr. Google (il savio gentil che tutto seppe) a trovare la strada verso la biblioteca.
Lo spazio designato per il concerto e' all'aperto, il palco e' allestito, ci sono sedie ordinate all'uopo, tutte occupate; prendo posto in piedi su un lato. Sulla parete diametralmente opposta rispetto alla mia posizione troneggia un enorme striscione rosso con la scritta "Tu sei un filo passato attraverso la cruna di un ago. Tu sei una trama di momenti accumulati che si ammassa in giorni, notti e anni. Tu sei un rotolo di tela teso dalla nascita alla morte. Tu sei fasciato come un neonato, vestito come una stella e avvolto come un cadavere". Gente interessante da queste parti.
Il tutto mi fa pensare a una situazione casereccia, al limite del familiare: ci sara' di che godere.
Entrano in scena, lui/loro/lui.
Salgono su palco e senza dire una parola parte il fischio iniziale di "Victor Neuer" (piu' nuovo del signor Uomonuovo) e l'incipit e' cantato senza arpeggio, che entrera' solo sulla seconda meta' della prima strofa; e' una dichiarazione di intenti: il moderno Ulisse sta per mettersi(ci) in viaggio, e la sua voce ci prende per mano con garbo, quasi chiedendoci di affidarci a lui. L'arpeggio di Andrea e' bellissimo ma ahime' sono troppo lontana per riuscire a studiarlo con l'attenzione che vorrei.
Poi "Nello spazio profondo" col suo ritmo incalzante, e nonostante il caldo mi trovo per un attimo immersa nella neve di Hamilton, all'incrocio tra Queen e King, nel silenzio, e inizia ad affiorare una sensazione che focalizzero' piano piano durante la serata: il fatto e' che quest'anno il cambiamento in me e' stato reale, ho solo un ricordo nebbioso di cio' che e' stato, e mi appare come una pausa dalla vita, una storia vissuta da un'altra persona, e questo pensiero mi tira fuori un sorriso nuovo.
Segue "Suggestionabili" in versione superrock, che invece sento ancora mia, perche' ancora mi ostino a cercare di capire questo puzzle che in quasi trentaquattro anni non sono mai riuscita a risolvere. Non arriva potente come fu un anno e mezzo fa, ma certo fa venire la pelle d'oca.
E' la volta di "Goodbye planet Earth", con gli splendidi bassi saltellanti di Luca e quella pronuncia forse volutamente sbagliata da far sembrare si tratti di un addio al cuore. E sono io tre anni fa, quando ho salutato quello che era il mio mondo per sfuggire a me stessa; la sensazione pero' non e' di malinconia ma piuttosto di dolcezza nei confronti della me del passato, la me contro cui ho lottato violentemente e che adesso sta forse trovando una pace insperata.
Ci attaccano direttamente "Olovisione in parte terza", con le dita infuocate di Marco che accarezzano la tastiera e le mie orecchie, e capisco che H3+ sara' suonato in ordine, eventualmente saltando qualche brano come e' accaduto con "Macchine"... speravo si sentirla stasera... ok, next time.
E' la volta di "Una nuova innocenza" e penso che adesso il Nostro una figlia ce l'ha davvero e boh?, forse e' solo suggestione, ma nei suoi occhi mi pare di vedere una luce diversa, un senso di benessere che forse non credeva sarebbe prima o poi arrivato. Il finale che ci regalano e' supersonico e mi stringe le budella.
Alla fine del brano una piccola pausa per ringraziare il pubblico e dire due parole. Questo e' il primo concerto vero e proprio dopo Bologna (i tre pezzi suonati l'altra sera a Roma non valgono) e se ne percepisce l'emozione fortissima, la voce che trema: oltretutto Andrea e' di qui, Benvegnu' ha vissuto qui, gli altri sono comunque di zona, qui si gioca in casa, e giocare in casa e' sempre piu' difficile. Ringrazia dunque, e presenta l'ultimo brano, sostenendo di aver trovato ispirazione in alcuni dei presenti...
...e parte "Se questo sono io", che suona inizialmente da solo, con la fida jazzmaster ad accarezzare la sua voce calda e bellissima, per poi lasciar riempire il tutto dal resto del gruppo.
E no Signor Benvegnu' dai, non prendermi in giro, non stai parlando di me, non fare il furbo, non e' vero, non ci credero' mai! Non e' vero che parli di me, di come tre anni fa ho varcato un oceano sperando di ricominciare, di come ho avuto troppa fretta e mi sono persa sempre, di come ho bruciato due anni di vita, di come ho deliberatamente ignorato i miei fantasmi negli inverni Hamiltoniani convinta che bastasse prendere un aereo per rinascere, di come ho pensato troppo presto di avercela fatta, di come ho giocato alla spavalda e mi sono frantumata le gengive. E non sai che in tutto questo contorcimento la tua voce mi ha camminato a fianco tante di quelle volte che quasi ti considero uno di casa: eri li' nella neve, nell'inverno, alla stazione di Toronto, eri li' quelle rare volte in cui ho potuto mettere i piedi nell'oceano...
Due ragazze accanto a me chiacchierano indifferenti; io, stordita, mi domando cosa ci vengano a fare a un concerto se poi devono parlare tutto il tempo, vorrei trovare il coraggio di zittirle ma non ne sono capace e mi limito a fare un paio di passi indietro per allontanarmi dal loro chiacchiericcio.
Come da disco segue "Quattrocentoquattromila", che dal vivo e' piu' entusiasmante che mai e mi strappa un sorriso d'ammirazione; questi musicisti sono dei giganti!, il finale, prolungato fino allo spasmo, non lascia scampo.
E di nuovo, come da disco, segue "Boxes" con la sua cadenza al limitare del blues, il cuore che batte a tempo con i colpi magistrali e potenti di Ciro, le pareti attorno che vibrano, le stelle lassu' che ci guardano: e' un brano molto intenso e Benvegnu' questa sera lo interpreta quasi da attore.
Poi "Avanzate, ascoltate", e di nuovo quella bella sensazione di prima mi assale. Un anno e mezzo fa mi erano bastate poche note per essere catapultata nel passato. Oggi il pensiero va al mio salotto ad Atlanta, alla mia dolce Ofelia che mi aspetta in finestra, al mio pianoforte, silenzioso da settimane, su cui prima di partire provavo ad imparare a suonare questo brano perche' avevo la sensazione che non fosse poi cosi' difficile, che l'avrei potuto fare; solo in un secondo momento realizzo l'essenza profonda del cambiamento avvenuto, e questa chiarezza addolcisce i miei pensieri che si posano, quasi senza che me ne accorga, su di un cappello da pompiere.
E' il turno di "Slow parsec slow" e della sua pace salvifica, a cornice perfetta del mio flusso di coscienza. Il NuovoMondo, il mio mondo nuovo, la luce del Grande Sud che scalda il cuore... ed e' gioia pura, indescrivibile.
L'ultimo brano prima della pausa e' "Il mare bellissimo", un viaggio senza destinazione in cui perdersi, dietro note, e ritmi, e meraviglia, e pensieri, e sensazioni, e le curvature del ghiaccio (gniiiiiiiick!, genio chiunque di voi abbia pensato di mettere li' quel fischio: ogni volta che arrivo a quel punto penso che si', e' proprio il suono del ghiaccio).
Pausa, brevissima.
Tornano in scena e Benvegnu' presenta, con voce lievemente tremante dall'emozione, il brano con cui apriranno l'encore: e' "The tourist" nella versione da pelle d'oca che ho avuto il piacere di ascoltare solo due giorni fa, e che a differenza della versione registrata in KO Computer comincia, stasera come domenica sera, con il ritornello cantato a cappella da Benvegnu', Andrea e Luca. Bellissimo!
Segue "Andromeda Maria", suonata essenzialmente in solitaria, giusto con un morbido tappeto disegnato appena da Ciro, Luca (ai synth, o cosa?, non vedo...) e Marco. Mi sembra di sentirla oggi per la prima volta, ha un calore incredibile, dolcissimo, da piangere.
Torna in scena anche Andrea, Luca torna al basso e ci regalano una versione molto potente di "Solo io e il mio amore" e il suo schiaffo agli indifferenti, ai codardi, agli ipocriti. Alcuni di quelli accanto a me muovono la testa a ritmo, altri accennano un ballo. Io guardo le stelle e mi lascio emozionare.
Siamo al gran finale, "Cerchi nell'acqua" e il suo invito a continuare ad andare sempre avanti, a camminare, a fermarsi quando serve, per respirare, per pensare, per soffermarsi sulle cose belle, e poi proseguire, ancora e ancora, fino alla fine.
Ma no, non era l'ultima, con l'uscita di H3+ il finale non puo' che essere affidato a "No drinks, no food", alla sua armonia degregoriana, al benessere che emana, alla sua dolcezza che e' pace, pace, pace. Chiudo gli occhi, respiro e mentalmente li ringrazio, uno per uno, per questo bel regalo che mi hanno fatto in occasione del mio n-simo giro di boa europeo.
Tre inchini, saluti, ed escono di scena.
Ma il pubblico ne vuole ancora, li richiama a gran voce, cosi' escono, sorridenti, e ci regalano una dolcissima versione di "Hurt" dei Nine Inch Nails che mette i brividi. Tutto il pubblico si e' alzato e avvicinato al palco e io, per vedere qualcosa, salgo in piedi su una panchina di pietra.
Gran finale, non c'e' che dire.
Di nuovo tre inchini, saluti, buio.
Stavolta e' finito davvero.
Li aspetto per salutarli, ringraziarli, complimentarmi.
Un abbraccio ciascuno, un ringraziamento ciascuno, compro anche una maglietta con il 'tian' di H3+ disegnato sopra.
Andrea mi chiede di aspettarlo. Andremo poi a bere sangria con alcuni suoi amici sulla splendida terrazza di una sua amica, un piccolo angolo di paradiso in centro a Prato.
Chiacchiereremo, stringero' nuove amicizie, addirittura cantero' sottovoce "Il mare verticale" e "Smells like teen spirit" accompagnata da Andrea alla chitarra classica.
Avro' occasione di conoscere persone deliziose che spero di rincontrare prima o poi.
Tornero' all'ostello tardissimo, stanca morta, ma felice come una bambina.
Al mattino dopo ho appuntamento in piazza con Andrea per fare colazione assieme.
Vuole coinvolgermi nel suo nuovo disco, per questo aveva tanta voglia di parlarmene: la cosa mi onora a tal punto che, nonostante io dubiti di poter fare davvero qualcosa di buono, accetto la sfida e decido di tentare.
Ascoltero' i provini sul treno verso casa e... beh, se questi sono solo provini non oso immaginare che meraviglia sara' il prodotto finale... e' deciso: mi lancio, e poi vedremo se ne uscira' qualcosa.
E cosi', ancora una volta, grazie.
Grazie amici, grazie, grazie, grazie.
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