sabato 20 luglio 2013

Thegiornalisti - Vecchio [2012]

L'album che ho comprato quella sera del concerto a testaccio, ascoltato, riascoltato, lasciato li' sotto la lingua per convincermi di averne sentito bene il sapore.
In copertina c'e' un giardino trascurato dal sapore antico, al centro una statua di Garibaldi ti guarda un po' di traverso.

Play.

Strana miscela, non c'e' che dire: ci sta dentro l'energia del punk (suonato rigorosamente con chitarracce di seconda mano o che suonano come tali), ma anche l'armonia tipica delle canzoni all'italiana degli anni sessanta/settanta (Battisti la fa da padrone), il tutto condito con quel pizzico di Rock&Roll ortodosso e quella punta di blues d'altri tempi che non guastano mai. Ma c'e' anche qualcos'altro, qualcosa che prima non c'era e adesso c'e'.
I passaggi armonici sono raramente banali, i ritmi ti fregano spesso e volentieri, il cantato e' intenso e urgente, i testi (auto?)ironici al punto giusto. Confermo la sensazione che questi ragazzi non si prendano troppo sul serio, eppure sono capaci di creare delle immagini sonore davvero importanti: s'impongono all'attenzione dell'ascoltatore stuzzicandone l'orecchio, dandogli a tratti quello che vuole per poi sottrarglielo all'improvviso.

Forse, o almeno per come la vedo io, devono ancora crescere dal punto di vista dell'intensita' emotiva: non che manchi, ma e' ancora acerba (so' gggiovani). D'altra parte se continuano in questa direzione penso che ci si possa aspettare grandi cose.
Insomma, una scoperta interessante: sono curiosa di seguirne gli sviluppi.



Lista delle tracce:

La tua pelle e' una bottiglia che parla e se non parla vado fuori di me
Il tradimento
Pioggia nel cuore
Una domenica fuori porta
Diamo tempo al tempo
Guido cosi'
Cinema
Vecchio
I gatti
Bere
E che ci vuoi fare
Nato con te

martedì 16 luglio 2013

Nick Cave & The Bad Seeds - Push the sky away [2013]

La copertina e' in bianco e nero, il nome della band e il titolo dell'album sono scritti con i caratteri di una vecchia machina da scrivere. Il fondo e' quello di una parete con tre porte-finestre da cui filtra una luce quasi abbagliante, salvifica. Nick, con indosso un vestito nero da cui fuoriesce il colletto bianco della camicia, tiene aperta la porta-finestra sulla sinistra. Una donna completamente nuda si muove in punta di piedi nella sua direzione. Ha la testa china (la donna) e i capelli nerissimi le coprono il viso: le mani le scompaiono sotto la chioma corvina, ma la sensazione e' che siano li' a coprire delle lacrime. Il modo in cui lui tiene aperta la porta-finestra e' un invito perentorio e definitivo:  vuole far uscire la donna, la sta mandando via.

Play.

Il pensiero che viene subito, al primo ascolto, e' che si tratta di un album molto vicino a "The Boatman's Call", uno dei miei preferiti del Re Inchiostro: intimo, dolce, malinconico, forse autoreferenziale, toccante ("and some people say it's just rock and roll/ah, but it gets you right down to your soul"… se lo dice da solo, ma direi che ha ragione, almeno per quanto mi riguarda).

Ogni canzone e' segnata da poche manciate di accordi, la batteria e' un soffio, il piano appena accennato, le chitarre bisbigliano: tappeti sonori per la voce di Nick che arriva dalla fine del mondo e ti rovescia addosso tutto quello che ha accumulato nei suoi (quasi) 56 anni di vita. Ballate elementari, allucinazioni claustrofobiche, ricordi piu' o meno lontani che si affacciano prepotenti, e ancora immagini, e ancora musica.

Ad aprire le danze ci pensa 'We no who u r' morbida e sognante, elementare nella sua dolcezza leggermente sporca, rilassante, pervasa da una specie di speranza pacata e rassegnata allo stesso tempo.
Poi 'Wide lovely eyes' eterea, soffusa, delicata sebbene la chitarra ossessiva di sottofondo lasci una specie di amaro in bocca come di qualcosa che non ci viene detto, ma dopo un po' neanche si nota piu': diventa semplicemente un sostituto vagamene armonico della batteria.
Iniziamo a rilassarci e cosi', senza preavviso, parte l'incubo allucinato di 'Water's edge' con la sua imposta freddezza cupa e amara, gli archi di Ellis che fanno da contrappunto ipnotico.
Se ne esce (ma neanche troppo) con 'Jubilee street' e il suo arpeggio a meta' strada tra la dolcezza e il disgusto: un crescendo lento e inesorabile in cui si resta invischiati senza rendersene conto.
Per riprendersi davvero bisogna arrivare a 'Mermaids' che ritorna alla dolcezza, l'amplifica e fa salire un sorriso mesto: echi della splendida 'Song to the siren' di Tim Buckley qua e la'.
Dopo aver preso questa boccata d'aria ci reimmergiamo nell'angoscia con 'We real cool', ma stavolta e' con toni ancor piu' malinconici, rassegnati e definitivi.
E poi un'altro sogno allucinato in 'Finishing Jubilee street', con una chitarra che ripete ossessivamente lo stesso arpeggio asimmetrico incurante di quel che le succede attorno.
Arriviamo cosi' all'intensa 'Higgs boson blues' dai toni caldi e suadenti, il nostro che sporca la voce apposta all'occorrenza; un blues post-moderno in piena regola che s'insinua nelle vene crescendo in modo impercettibile per poi calare improvvisamente, riesplodere in tutta la sua potenza e calmarsi (di nuovo all'improvviso) solo nel finale: (quasi) otto minuti e non riesci a credere che siano passati cosi' in
fretta.
Conclude la traccia-titolo, il gran finale; arriva dritta allo stomaco, nella sua delicatezza e' un pugno ben assestato sui nervi scoperti che ciascuno di noi ha: minimalista e totale. La prima volta ti entra dentro, la seconda ti scuote le budella, la terza ti fa piangere, la quarta cominci ad odiare l'autore per averti colpito cosi' bene, la quinta capisci che e' tua, la sesta e' gia' troppo tardi: non potrai mai piu' dimenticarla.

E tra le pieghe armoniche, nascoste tra le parole, si riescono a scorgere figure di donne (tante, diverse, ma forse e' sempre la stessa immagine). Donne che non si riescono a perdonare, donne da amare, donne-bambine da guardare di nascosto, donne da scopare, donne da adorare, donne da proteggere, donne da sognare, donne con cui fare l'amore dolcemente, donne (infine) da spingere via, da allontanare, perche' fa troppo male tenersi dentro i loro fantasmi.

Nick e' vivo, vivissimo, e di questo non possiamo che essere felici.


Lista delle tracce:

We no who u r
Wide lovely eyes
Water's edge
Jubilee street
Mermaids
We real cool
Finishing jubilee street
Higgs boson blues
Push the sky away

sabato 13 luglio 2013

Sogno

(Il sogno di questa notte mi ha colpita: magari ai lettori di passaggio non gliene frega niente ma tant'e'...)


Sono su una nave per andare in Sardegna.
Con me altre persone (mia sorella, mia mamma... ma non sono loro).

Mentre stiamo avvicinandoci ad Olbia vedo che da un bagno esce dell'acqua: c'e' un buco in una tubatura.
Invece di sistemare la tubatura come sarebbe sensato, il personale di bordo, preso dal panico, inizia ad evacuare la nave.

Io sono tra i primi, con mia sorella, ad essere messa su una mini scialuppa di salvataggio con un salvagente addosso.
Cerco di dire che il salvagente non mi serve, che potrei arrivare a riva nuotando (e' davvero a pochissime bracciate di distanza): che si occupino piuttosto di salvare la mia valigia se proprio non vogliono salvare la nave... ma niente: nella loro ottusita' mi obbligano a fare come dicono.

Una volta a riva vedo la nave che affonda lentamente.
Siamo tutti in salvo, nessuna tragedia, ma mi rode perche' avrebbero potuto salvare anche la nave o le valigie e non l'hanno fatto: tutti i passeggeri hanno raggiunto la terraferma, la nave e' ancora li' e nessuno fa niente.

Penso siano dei peracottari, perche' se avessero fatto le cose per bene la nave non starebbe affondando, o almeno i bagagli sarebbero in salvo.
Dico ad alta voce a mia sorella che pretendero' un risarcimento di almeno tremila euro per la loro idiozia e incompetenza.

(Il significato di questo sogno mi e' del tutto evidente ma chissa', magari mi sbaglio: magari qualcuno da fuori puo' farmi vedere le cose da un'angolazione cui non avevo pensato...)