7 giugno 2017
Correva l'anno 1990 e avevo da poco compiuto sette anni quando il figlio di amici di famiglia mi sottopose al primo ascolto di "G N' R Lies": la mia "carriera" da pessima musicista dilettante e attenta ascoltatrice di album comincio' quel giorno e i Guns N' Roses furono il mio primo amore musicale, parallelamente a Edoardo Bennato. Ebbene si', in versione ancora acerba (nel caso fosse sfuggito il dettaglio lo ripeto: avevo sette anni!) la mia anima rock e la mia vena cantautorale gia' cominciavano a farsi vedere.
Passarono per Roma nel '92 ma a quell'eta' non si poteva andare a un concerto dei Guns N' Roses: mi e' sempre rimasta una punta di amarezza nonostante mi sia sempre resa conto della ragionevolezza dell'imposizione parentale.
Nel '93, con lo scatto della decina e l'uscita di "In Utero", mi stavo gia' spostatando nella direzione musicale che chi mi legge con attenzione (dai, ci saranno almeno due persone che leggono questi miei scritti?, facciamo tre?) conosce bene, e l'uscita di "The Spagetti Incident?" mi lascio' quasi del tutto indifferente... e d'altra parte esiste forse qualcuno in giro che lo tiene in gran conto?
Per finire la lite tra Axl e Slash con conseguente fine di cio' che ai miei occhi erano in Guns n' Roses fu la pietra tombale del mio primo amore.
Per finire la lite tra Axl e Slash con conseguente fine di cio' che ai miei occhi erano in Guns n' Roses fu la pietra tombale del mio primo amore.
Da allora non ho praticamente avuto la piu' pallida idea di cosa fosse stato di tutti loro.
Fino a poco fa.
(Si', lo so che questa storia l'ho gia' raccontata, ma amor di prosa voleva che io la riproponessi: tutto quel che segue pero' e' scritto odierno)
Poco meno di due anni fa, in quel di Hamilton (ON) a cinque minuti a piedi da quella che era casa mia, venne a suonare Slash, ormai gigante fuori tempo massimo: nessuno, allora, avrebbe potuto prevedere una rappacificazione tra lui e Axl e pensai che vedere anche solo uno dei due fosse per me un accettabile di premio di consolazione.
Poi.
Poi pero' capita che devo farmi una delle mie tournee' in Europa, e capita che io debba passare anche per Zurigo (CH) quattro giorni a lavorare con un carissimo amico, e capita che poco prima della mia partenza io riceva notizia che tutti i G N' R degli anni del mio innamoramento - beh, Axl, Slash, Duff e Dizzy - suonino proprio in quel di Zurigo (CH), proprio mentre io sono li', e capita che il mio amico sia a tutt'oggi di ascolti assai tamarrock.
Allora ci si consulta rapidamente via skype.
- Che facciamo?, sono 176 franchi svizzeri perdio!
-Vero, ma questa occasione non ricapita...
A nulla valgono due dottorati in matematica quando si ha un desiderio infantile da realizzare, non esistono argomentazioni logiche, c'e' solo voglia di andare: ciascuno cerca nell'altro la razionalita' necessaria per dire di no, ma e' una ricerca vana.
E' un romanticismo profondo quello che ci spinge alla fine a svuotare il conto in banca; non avrei mai preso un treno apposta per i G N' R, forse addirittura non sarei andata neanche se fossero venuti ad Atlanta in un posto raggiungibile a piedi, o comunque ci avrei pensato; ma ecco, l'idea che un viaggio di lavoro si trasformi per incanto in un'occasione irripetibile da vivere con uno degli amichetti del cuore ha un fascino a cui nessuno dei due sa resistere.
E' deciso, si va.
Arrivati allo Stadio siamo catapultati direttamente alla fine degli anni ottanta: giacche jeans strappate, magliette sbiadite per essere rimaste trent'anni in un armadio, bandane, borchie, occhiali da sole.
Io sono gia' emozionata.
Entriamo e suona il primo dei gruppi spalla, c'e' pochissima gente e ci prendiamo il tempo per comprare anche noi una maglietta che indosseremo sopra il maglioncino (fa freschino a Zurigo accipicchia!), poi scendiamo sul prato dello stadio cercando di avvicinarci il piu' possibile al palco.
Il primo gruppo spalla se ne va nella piu' totale indifferenza degli astanti.
Viene piazzata un'altra batteria sul palco.
Il mio amico, tamarrock si', ma evidentemente digiuno di concerti, pensa che ormai ci siamo e tutto sommato pensa sia normale che lo stadio sia mezzo vuoto dato che siamo in Svizzera e domani e' giorno lavorativo.
Ah, beata innocenza.
Il secondo gruppo spalla sono i The Darkness.
Chi?
Il mio amico tamarrock li riconosce subito, io ci metto un po' di piu'.
Gli inglesissimi The Darkness, gruppo self-called rock che all'inizio degli anni zero aveva avuto un discreto successo su empty-vi con un paio di canzoni per poi svanire essenzialmente nel nulla.
Il mio amico ed io ridiamo come pazzi ad ogni gorgheggio del cantante, che a un certo punto addirittura si mettera' in verticale ad aprire e chiudere le gambe come una forbice. Mi guardo intorno e noto essenzialmente due categorie: quelli che ignorano il palco e quelli che ridono.
Ad un certo punto il cantante, piccatissimo, ci manda tutti a quel paese "Siamo qui per scaldarvi ma se voi non ballate o battete le mani non arriverete mai carichi per i Guns N' Roses... Fottetevi!"
Il suo tentativo resta pressocche' ignorato.
Chiudono il loro momento inglorioso con quello che era stato il loro brano di successo.
Chissa' che male ha fatto il mondo per meritarsi i The Darkness.
Se ne vanno senza salutare tra le grida della folla.
Lo stadio si va riempiendo.
Salgono i tecnici, smontano e rimontano.
Sugli schermi, uno al centro e due ai lati del palco, viene sparato un filmato con lo storico logo circolare che gira e vari tipi di armi da fuoco (dalla classica rivoltella del logo a fucili di varia fattura) che sparano. Tecnologia audiovisiva moderna sfruttata da gente che ha il cervello negli anni ottanta.
Fa quasi tristezza il pensiero.
Poi, dopo un tempo che pare interminabile (ma sono solo le sette e quaranta), quando ormai lo stadio e' gremito (sold-out!, altro che svizzeri!), i tecnici scendono, le pistole sullo schermo sparano un ultima volta, calano le luci e poi... e poi via, entrano Axl, Slash, Duff, Dizzy, il giovane batterista e la bella tastieristina.
Il mio cuore e' gia' andato.
Attaccano con "It's so easy" e io gia' canto a squarcia gola. Axl e' un cicciottone ma la voce ancora c'e', giusto un filo piu' sporca e bassa. E non ne sbaglia una.
Segue a ruota "Mr. Brownstone", e se sul momento fa ridere vedere 'sto panzone che fa le mossette-sexy come quando era un bel ventenne, dopo un po' non ci fai piu' caso: quello e' Axl che mette un braccio intorno alla spalla di Slash e tu (io) hai di nuovo otto anni e stai di nuovo sognando tutto un mondo di possibilita'.
Suonano un brano che non conosco, immagino da Chinese Democracy e... bah, buon tamarrock non c'e' che dire, ma tutti quanti vogliamo sentire altro.
I Nostri ovviamente lo sanno, quel brano li' serviva a far salire la tensione, perche' dopo l'applauso di rito ma chiaramente freddino Axl chiede urlando "You know where you are?"... e si' che lo sappiamo!, "Welcome to the jungle" scuote lo stadio: per aprire la propria carriera con un brano come questo ci voleva una spavalderia non indifferente.
Poi "Double talkin' jive" e Slash, che fin qui era stato tutto sommato tranquillo, ci regala un assolo in coda lunghissimo e da brividi.
Bisogna di nuovo allentare la tensione e suonano un altro brano che non conoscono, ma e' un soffio, va via cosi' senza accorgersene, e poi, introdotta un dolce accordo di settima minore, parte "Estranged".
Ora.
"Estranged" e' una di quelle canzoni 'per sempre', se si capisce cosa intendo.
Mi ricordo il video da cui traspariva tutta l'inquietudine di Axl, la sua infanzia negata, la sua stanchezza... ricordo l'assolo di Slash come un cristo sulle acque... avevo nove anni, non potevo capire un verso come "old at heart but I'm only 28", ma anche allora era la mia preferita (si vede che la propensione ai Joy Division l'avevo gia', seppur in forma embrionale) e stasera, gia' sulla prima strofa - quella si', la capivo anche all'epoca - mi scendono le lacrime e resto li', immobile, senza neanche la forza di cantare. Penso che Axl gia' allora sapesse che non potevano andare avanti a lungo, che erano stanchi, svuotati... faceva lo sbruffone lui, ma era un pulcino con la maschera da leone.
Sono stordita.
Mi servirebbe una gran forza di volonta' per asciugare le lacrime e non perdermi su una pericolosissima strada di pensieri pesanti, ma ci pensano loro con "Live and let die", a cui oggi come allora regalano una potenza che Sir Paul non avrebbe potuto immaginare: del resto i Guns N' Roses sono stati (sic) la piu' grande cover-band della storia.
Segue "Rocket queen" e no, non vogliono farci mancare niente stasera: non era tra le mie preferite, ma stasera vale tutto. Certo niente di comparabile al modo in cui mi parte il cuore quando subito dopo la batteria attacca in solitaria quel ritmo inconfondibile che tutti noi associamo immancabilmente all'ex governatore della California... turututtu-pa turututtu-pa turututtu-pa turututtu-pa... e "You could be mine", che un anno e mezzo fa mi aveva sferzata con la sua potenza, oggi, con Axl, Slash e Duff insieme sul palco, e' semplicemente una magia.
Ho bisogno di riprendere fiato, tutti siamo troppo storditi, e come per rispondere a una richiesta silenziosa, suonano due brani che non conosco, giusto per lasciarci rimettere insieme tutti i pezzi.
Poi.
Poi Axl fa una specie di verso per schiarirsi la voce, ma non e' un verso qualsiasi, e' quel verso, quello che poi ci vorrebbe un cinguettio di passerotti, e gia' cosi' lo stadio esplode.
"Civil war", la prima canzone che io abbia mai cantato in pubblico.
E canto con tutta la voce che ho in corpo, canto per quella bambina che voleva farlo venticinque anni fa, canto per questa donna che non riesce a lasciar andare la bambina e forse non lo fara' mai.
Segue un'altra cover, "Black hole sun", e non riesco a decidere se apprezzo la scelta o la trovo di cattivissimo gusto, ha l'aria della ruffianata e mi irrita un po', ma giusto un filino: infondo sono dei veri tamarri, non e' che gli si possa chiedere delicatezza e contegno.
E con ancor piu' cattivo gusto per la scelta dell'ordine in scaletta attaccano "Coma". Alzo un sopracciglio e un minuscolo pezzetto del mio rispetto nei loro confronti se ne va.
Segue un lunghissimo assolo di Slash, uno di quelli che ti fanno ringraziare gli dei del rock: ruvido, sporco, da vero zappatore d'altri tempi, ma e' proprio in questo che ha il suo bello. E come faceva gia' quando poteva permettersi di suonare a petto nudo (oggi per fortuna ci risparmia) ci mette in mezzo la musica de "Il padrino", con la sua Gibson rigorosamente mantenuta in posizione verticale.
Brividi.
Ed e' sempre lui a dare il via al brano successivo, con uno dei giri piu' famosi della storia del tamarrock... ed e' "Sweet child o' mine", quella che cantavamo da bambini in garage, nella primissima band di cui io abbia mai fatto parte, che ovviamente era una cover-band dei G N' R. E poi ancora "My Michelle", che con quella di Sir Paul non c'entra un accidente!
Sospetto che le ultime due siano state un grosso sforzo per le corde vocali di Axl perche' di nuovo lascia spazio ai due chitarristi (l'altro e' Richard Fortus) per una versione strumentale di "Wish you were here" che fa venire la pelle d'oca: Fortus e' tecnicamente piu' preparato di Slash, piu' pulito, piu' veloce, piu' elegante.
Ma Slash ha quel modo caldo e lurido che e' solo suo e che ti (mi) lascia senza fiato.
Alla fine del lungo brano strumentale torna Axl e si siede al piano.
E devo davvero dire cosa sta per succedere?
Da bambina il pianoforte introduttivo di "November rain" mi avvolgeva come una calda coperta. Anche di questa ho netto il ricordo del video, Slash a gambe larghe che esce dalla chiesa per suonare l'assolo fuori, in mezzo a un deserto dall'aria texana, la pioggia che comincia a cadere, il finale doloroso... e stasera tutto questo torna a galla come se non avesse aspettato altro per 25 anni.
E poi?, poi ci vuole "Knocking on heaven's door", cover talmente particolare e famosa che certi ignoranti - come me - non riescono piu' ad associarla a Bob Dylan. Il finale e' prolungato al limite della perversione, ma ci sta.
Poi "Nightrain", per non tornare mai piu', perche' questa notte non finisca mai.
Pausa.
Brevissima.
Tornano ed e' "Don't cry", la prima canzone che io abbia mai suonato alla chitarra.
E non credo ci sia bisogno di aggiungere altro: anche questa mi strappa dei bei lacrimoni.
Poi "Whole lotta Rosie", che Axl dedica al suo cagnolino morto di recente: gran pezzo, gran cover.
Sappiamo tutti a quale canzone sara' affidato il gran finale, sappiamo tutti che quando sentiremo Sol-Do-Fa-Do-Sol questa sospensione del tempo sara' finita, vorremmo tutti ritardare quel momento ma e' inevitabile. Quando i famigerati cinque accordi vibrano, tutto lo stadio canta all'unisono "Take me down to the Paradise city/where the grass is green and the girls are pretty/oh won't you please take me home".
Fuoco sul palco e coriandoli sparati sul pubblico accompagnano il finale, gli inchini, i saluti, la definitiva uscita di scena.
Sono le dieci e mezza.
Hanno suonato quasi quattro ore.
Massimo rispetto.
Il mio amico ed io torniamo a casa ubriachi di rock e di infanzia.
Felici.
Fino a poco fa.
(Si', lo so che questa storia l'ho gia' raccontata, ma amor di prosa voleva che io la riproponessi: tutto quel che segue pero' e' scritto odierno)
Poco meno di due anni fa, in quel di Hamilton (ON) a cinque minuti a piedi da quella che era casa mia, venne a suonare Slash, ormai gigante fuori tempo massimo: nessuno, allora, avrebbe potuto prevedere una rappacificazione tra lui e Axl e pensai che vedere anche solo uno dei due fosse per me un accettabile di premio di consolazione.
Poi.
Poi pero' capita che devo farmi una delle mie tournee' in Europa, e capita che io debba passare anche per Zurigo (CH) quattro giorni a lavorare con un carissimo amico, e capita che poco prima della mia partenza io riceva notizia che tutti i G N' R degli anni del mio innamoramento - beh, Axl, Slash, Duff e Dizzy - suonino proprio in quel di Zurigo (CH), proprio mentre io sono li', e capita che il mio amico sia a tutt'oggi di ascolti assai tamarrock.
Allora ci si consulta rapidamente via skype.
- Che facciamo?, sono 176 franchi svizzeri perdio!
-Vero, ma questa occasione non ricapita...
A nulla valgono due dottorati in matematica quando si ha un desiderio infantile da realizzare, non esistono argomentazioni logiche, c'e' solo voglia di andare: ciascuno cerca nell'altro la razionalita' necessaria per dire di no, ma e' una ricerca vana.
E' un romanticismo profondo quello che ci spinge alla fine a svuotare il conto in banca; non avrei mai preso un treno apposta per i G N' R, forse addirittura non sarei andata neanche se fossero venuti ad Atlanta in un posto raggiungibile a piedi, o comunque ci avrei pensato; ma ecco, l'idea che un viaggio di lavoro si trasformi per incanto in un'occasione irripetibile da vivere con uno degli amichetti del cuore ha un fascino a cui nessuno dei due sa resistere.
E' deciso, si va.
Arrivati allo Stadio siamo catapultati direttamente alla fine degli anni ottanta: giacche jeans strappate, magliette sbiadite per essere rimaste trent'anni in un armadio, bandane, borchie, occhiali da sole.
Io sono gia' emozionata.
Entriamo e suona il primo dei gruppi spalla, c'e' pochissima gente e ci prendiamo il tempo per comprare anche noi una maglietta che indosseremo sopra il maglioncino (fa freschino a Zurigo accipicchia!), poi scendiamo sul prato dello stadio cercando di avvicinarci il piu' possibile al palco.
Il primo gruppo spalla se ne va nella piu' totale indifferenza degli astanti.
Viene piazzata un'altra batteria sul palco.
Il mio amico, tamarrock si', ma evidentemente digiuno di concerti, pensa che ormai ci siamo e tutto sommato pensa sia normale che lo stadio sia mezzo vuoto dato che siamo in Svizzera e domani e' giorno lavorativo.
Ah, beata innocenza.
Il secondo gruppo spalla sono i The Darkness.
Chi?
Il mio amico tamarrock li riconosce subito, io ci metto un po' di piu'.
Gli inglesissimi The Darkness, gruppo self-called rock che all'inizio degli anni zero aveva avuto un discreto successo su empty-vi con un paio di canzoni per poi svanire essenzialmente nel nulla.
Il mio amico ed io ridiamo come pazzi ad ogni gorgheggio del cantante, che a un certo punto addirittura si mettera' in verticale ad aprire e chiudere le gambe come una forbice. Mi guardo intorno e noto essenzialmente due categorie: quelli che ignorano il palco e quelli che ridono.
Ad un certo punto il cantante, piccatissimo, ci manda tutti a quel paese "Siamo qui per scaldarvi ma se voi non ballate o battete le mani non arriverete mai carichi per i Guns N' Roses... Fottetevi!"
Il suo tentativo resta pressocche' ignorato.
Chiudono il loro momento inglorioso con quello che era stato il loro brano di successo.
Chissa' che male ha fatto il mondo per meritarsi i The Darkness.
Se ne vanno senza salutare tra le grida della folla.
Lo stadio si va riempiendo.
Salgono i tecnici, smontano e rimontano.
Sugli schermi, uno al centro e due ai lati del palco, viene sparato un filmato con lo storico logo circolare che gira e vari tipi di armi da fuoco (dalla classica rivoltella del logo a fucili di varia fattura) che sparano. Tecnologia audiovisiva moderna sfruttata da gente che ha il cervello negli anni ottanta.
Fa quasi tristezza il pensiero.
Poi, dopo un tempo che pare interminabile (ma sono solo le sette e quaranta), quando ormai lo stadio e' gremito (sold-out!, altro che svizzeri!), i tecnici scendono, le pistole sullo schermo sparano un ultima volta, calano le luci e poi... e poi via, entrano Axl, Slash, Duff, Dizzy, il giovane batterista e la bella tastieristina.
Il mio cuore e' gia' andato.
Attaccano con "It's so easy" e io gia' canto a squarcia gola. Axl e' un cicciottone ma la voce ancora c'e', giusto un filo piu' sporca e bassa. E non ne sbaglia una.
Segue a ruota "Mr. Brownstone", e se sul momento fa ridere vedere 'sto panzone che fa le mossette-sexy come quando era un bel ventenne, dopo un po' non ci fai piu' caso: quello e' Axl che mette un braccio intorno alla spalla di Slash e tu (io) hai di nuovo otto anni e stai di nuovo sognando tutto un mondo di possibilita'.
Suonano un brano che non conosco, immagino da Chinese Democracy e... bah, buon tamarrock non c'e' che dire, ma tutti quanti vogliamo sentire altro.
I Nostri ovviamente lo sanno, quel brano li' serviva a far salire la tensione, perche' dopo l'applauso di rito ma chiaramente freddino Axl chiede urlando "You know where you are?"... e si' che lo sappiamo!, "Welcome to the jungle" scuote lo stadio: per aprire la propria carriera con un brano come questo ci voleva una spavalderia non indifferente.
Poi "Double talkin' jive" e Slash, che fin qui era stato tutto sommato tranquillo, ci regala un assolo in coda lunghissimo e da brividi.
Bisogna di nuovo allentare la tensione e suonano un altro brano che non conoscono, ma e' un soffio, va via cosi' senza accorgersene, e poi, introdotta un dolce accordo di settima minore, parte "Estranged".
Ora.
"Estranged" e' una di quelle canzoni 'per sempre', se si capisce cosa intendo.
Mi ricordo il video da cui traspariva tutta l'inquietudine di Axl, la sua infanzia negata, la sua stanchezza... ricordo l'assolo di Slash come un cristo sulle acque... avevo nove anni, non potevo capire un verso come "old at heart but I'm only 28", ma anche allora era la mia preferita (si vede che la propensione ai Joy Division l'avevo gia', seppur in forma embrionale) e stasera, gia' sulla prima strofa - quella si', la capivo anche all'epoca - mi scendono le lacrime e resto li', immobile, senza neanche la forza di cantare. Penso che Axl gia' allora sapesse che non potevano andare avanti a lungo, che erano stanchi, svuotati... faceva lo sbruffone lui, ma era un pulcino con la maschera da leone.
Sono stordita.
Mi servirebbe una gran forza di volonta' per asciugare le lacrime e non perdermi su una pericolosissima strada di pensieri pesanti, ma ci pensano loro con "Live and let die", a cui oggi come allora regalano una potenza che Sir Paul non avrebbe potuto immaginare: del resto i Guns N' Roses sono stati (sic) la piu' grande cover-band della storia.
Segue "Rocket queen" e no, non vogliono farci mancare niente stasera: non era tra le mie preferite, ma stasera vale tutto. Certo niente di comparabile al modo in cui mi parte il cuore quando subito dopo la batteria attacca in solitaria quel ritmo inconfondibile che tutti noi associamo immancabilmente all'ex governatore della California... turututtu-pa turututtu-pa turututtu-pa turututtu-pa... e "You could be mine", che un anno e mezzo fa mi aveva sferzata con la sua potenza, oggi, con Axl, Slash e Duff insieme sul palco, e' semplicemente una magia.
Ho bisogno di riprendere fiato, tutti siamo troppo storditi, e come per rispondere a una richiesta silenziosa, suonano due brani che non conosco, giusto per lasciarci rimettere insieme tutti i pezzi.
Poi.
Poi Axl fa una specie di verso per schiarirsi la voce, ma non e' un verso qualsiasi, e' quel verso, quello che poi ci vorrebbe un cinguettio di passerotti, e gia' cosi' lo stadio esplode.
"Civil war", la prima canzone che io abbia mai cantato in pubblico.
E canto con tutta la voce che ho in corpo, canto per quella bambina che voleva farlo venticinque anni fa, canto per questa donna che non riesce a lasciar andare la bambina e forse non lo fara' mai.
Segue un'altra cover, "Black hole sun", e non riesco a decidere se apprezzo la scelta o la trovo di cattivissimo gusto, ha l'aria della ruffianata e mi irrita un po', ma giusto un filino: infondo sono dei veri tamarri, non e' che gli si possa chiedere delicatezza e contegno.
E con ancor piu' cattivo gusto per la scelta dell'ordine in scaletta attaccano "Coma". Alzo un sopracciglio e un minuscolo pezzetto del mio rispetto nei loro confronti se ne va.
Segue un lunghissimo assolo di Slash, uno di quelli che ti fanno ringraziare gli dei del rock: ruvido, sporco, da vero zappatore d'altri tempi, ma e' proprio in questo che ha il suo bello. E come faceva gia' quando poteva permettersi di suonare a petto nudo (oggi per fortuna ci risparmia) ci mette in mezzo la musica de "Il padrino", con la sua Gibson rigorosamente mantenuta in posizione verticale.
Brividi.
Ed e' sempre lui a dare il via al brano successivo, con uno dei giri piu' famosi della storia del tamarrock... ed e' "Sweet child o' mine", quella che cantavamo da bambini in garage, nella primissima band di cui io abbia mai fatto parte, che ovviamente era una cover-band dei G N' R. E poi ancora "My Michelle", che con quella di Sir Paul non c'entra un accidente!
Sospetto che le ultime due siano state un grosso sforzo per le corde vocali di Axl perche' di nuovo lascia spazio ai due chitarristi (l'altro e' Richard Fortus) per una versione strumentale di "Wish you were here" che fa venire la pelle d'oca: Fortus e' tecnicamente piu' preparato di Slash, piu' pulito, piu' veloce, piu' elegante.
Ma Slash ha quel modo caldo e lurido che e' solo suo e che ti (mi) lascia senza fiato.
Alla fine del lungo brano strumentale torna Axl e si siede al piano.
E devo davvero dire cosa sta per succedere?
Da bambina il pianoforte introduttivo di "November rain" mi avvolgeva come una calda coperta. Anche di questa ho netto il ricordo del video, Slash a gambe larghe che esce dalla chiesa per suonare l'assolo fuori, in mezzo a un deserto dall'aria texana, la pioggia che comincia a cadere, il finale doloroso... e stasera tutto questo torna a galla come se non avesse aspettato altro per 25 anni.
E poi?, poi ci vuole "Knocking on heaven's door", cover talmente particolare e famosa che certi ignoranti - come me - non riescono piu' ad associarla a Bob Dylan. Il finale e' prolungato al limite della perversione, ma ci sta.
Poi "Nightrain", per non tornare mai piu', perche' questa notte non finisca mai.
Pausa.
Brevissima.
Tornano ed e' "Don't cry", la prima canzone che io abbia mai suonato alla chitarra.
E non credo ci sia bisogno di aggiungere altro: anche questa mi strappa dei bei lacrimoni.
Poi "Whole lotta Rosie", che Axl dedica al suo cagnolino morto di recente: gran pezzo, gran cover.
Sappiamo tutti a quale canzone sara' affidato il gran finale, sappiamo tutti che quando sentiremo Sol-Do-Fa-Do-Sol questa sospensione del tempo sara' finita, vorremmo tutti ritardare quel momento ma e' inevitabile. Quando i famigerati cinque accordi vibrano, tutto lo stadio canta all'unisono "Take me down to the Paradise city/where the grass is green and the girls are pretty/oh won't you please take me home".
Fuoco sul palco e coriandoli sparati sul pubblico accompagnano il finale, gli inchini, i saluti, la definitiva uscita di scena.
Sono le dieci e mezza.
Hanno suonato quasi quattro ore.
Massimo rispetto.
Il mio amico ed io torniamo a casa ubriachi di rock e di infanzia.
Felici.
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