lunedì 15 febbraio 2016

The Cure - Disintegration [1989]

A quanto pare questo e' il periodo dell'anno in cui mi ritrovo ad aver voglia di guardarmi indietro; l'inverno e' a meta' del suo percorso, bisogna avvolgersi in una calda coperta e aspettare che ritorni aprile e le allergie...

Ombre confuse di oscuri fiori psichedelici: il grosso dell'immagine e' scuro, appaiono poche macchie vagamente colorate. Dai fiori emerge, in gelido riflesso verde-azzurrognolo il volto di un uomo, forse un fantasma, con gli occhi contornati di ombretto nero e le labbra ripassate da un rossetto sanguigno. Il nome del gruppo e il titolo dell'album sono in alto, lievemente squilibrati verso il lato destro, scritti uno di fianco all'altro in un rosso scarlatto che appare come usurato.

Play.

Ci vuole una certa dose di sbruffoneria per scrivere di "Disintegration" a venticinque anni dalla sua uscita, ma si sa che la sbruffoneria non mi manca.
Temo pero' di dover cominciare con una confessione, a orecchie basse e capo cosparso di cenere.

Il mio primo incontro con i Cure avvenne nell'autunno del millenovecentonovantasette, all'inizio del secondo liceo; ero stata presentata ad un tipo, un bassista in cerca di chitarrista e/o cantante per il suo gruppo, come possibile candidata al ruolo. Quella formazione ebbe vita brevissima, il tastierista e il batterista svanirono nel giro di pochi incontri e rimanemmo il bassista ed io; in seguito incontrammo (fortunatamente in breve tempo) un altro batterista e fu l'inizio di un'avventura buffa e meravigliosa che restera' per sempre nel mio cuore, ma questa e' un'altra storia, e si dovra' raccontare un'altra volta.
Ora. Ovviamente la prima cosa che si fa quando si comincia a suonare con qualcuno che non si conosce e' scambiarsi compilazioni, in modo da avere un'idea di che musica risuona nel cuore dell'altro. Io all'epoca ero in fase hard-rock: ebbene si', se avevano i capelloni cotonati, suonavano su un'ibanez spigolosa, erano ricoperti di borchie e indossavano calzoni di pelle nera attillati, verosimilmente li ascoltavo. Il mio amico no, lui era avanti, ed esordi' con una cassetta frusciante contenente Eroi nel vento, Festa mesta, Sonica, Nuotando nell'aria, Lieve, Male di miele, Voglio una pelle splendida, Curami, Spara Juri, Matrilineare, Millenni, Girasole, Lumière Blanche, New year's day, She's lost control, Disorder... insomma, aveva capito tutto. Non credo che lo sappia, temo che il mio proverbiale orgoglio mi abbia impedito di dirglielo, ma la mia vita di ascoltatrice cambio' quel giorno... vabbeh, ora che lo sai pero' non tirartela!
Poco dopo mi presto' "Pornography", voleva che io imparassi a cantare l'apripista ovvero, per chi non lo sapesse, One hundred years.
E non mi piacque.
La voce di Smith era irriproducibile, la batteria troppo rigida, la chitarra tutta sbagliata...
Avevo quindici anni.
E decisamente non capivo un cazzo.

Tempo dopo, due o tre anni per la precisione, quando ormai il mio orecchio aveva maturato una sensibilita' diversa, approdai a "Disintegration": dovevo arrivarci prima o poi, ha la giusta estetica per entrare a pieno titolo nei miei ascolti preferiti da sempre (beh, dall'autunno del millenovecentonovantasette) e per sempre.
Sicuramente e' un album dall'ascolto piu' facile di "Pornography" e certamente ero cresciuta, o forse era semplicemente il momento giusto, chissa', ma mi entro' dentro con potenza.
Eccomi dunque a scriverne nel suo venticinquesimo anniversario.

E' un album di pura emozione.
Se chiudiamo gli occhi ci ritroviamo a camminare a passo lento sotto una pioggia tiepida e dolciastra; ci lasciamo bagnare, goccia dopo goccia, finche' non sentiamo piu' niente, ne' fatica ne' dolore, finche' i capelli non si appiccicano al viso e l'acqua scioglie il gotico ombretto nero degno di Brandon Lee che abbiamo messo sugli occhi.
E nel mentre ci lasciamo abbracciare e scaldare da immagini radicate talmente nel profondo del cuore da essere inaccessibili al nostro controllo.

Suoni lunghissimi di organi avvolgenti, di chitarre dilatate all'infinito (rigorosamente senza overdrive), di bassi ripetuti fino allo spasmo, di riverberi di rullante che riecheggia a lungo dopo il colpo. Suoni infiniti e la voce magica di Robert Smith ad arrotondarli, a farci sognare.
Perche' almeno una cosa a quindici anni l'avevo capita: la voce di Robert Smith non ha eguali, cosi' come inconfondibile e' il suo modo di accarezzare morbidamente la chitarra.

E' un album di una malinconia bestiale, dove persino il supereroe non e' una figura salvifica, anzi, viene di notte, mentre sei nel letto, e con bisbigli e movimenti sinuosi scivola lentamente sulle tue lenzuola per mangiarti il cuore. E' un album in cui un abbraccio si fa sacramento.
Unica eccezione al grigiore senza fine e' Lovesong, famosa per essere stata scritta come pegno d'amore alla donna che Smith amava e ama: non era una promessa la sua, ma la semplice constatazione (fin qui verificata, almeno a quanto ne so) che l'avrebbe amata per sempre.
Il resto, tutto il resto, lascia sugli occhi un'ombra, come fa il cielo del Ontario del Sud quando non e' pulito, cosa che purtroppo accade fin troppo spesso per i miei gusti.
E Smith piange, grida, si (ci) contorce, ma senza mai essere lagnoso.

Le melodie tutto sommato sono elementari, niente di artefatto, nessuna sorpresa armonica, nessun cambio mozzafiato, nessuna costruzione cervellotica, ma davvero non ce n'e' bisogno, anzi, e' proprio la sua prevedibile e apparentemente ripetitiva semplicita' a parlarti, a rievocare ogni momento bello della tua esistenza su questo sasso sperduto nell'universo.

Lasciarsi cullare dunque, lasciare che la malinconia ci abbracci in attesa del rifiorire degli alberi, di quell'incredibile esplosione di Vita che e' la primavera Canadese; lasciarsi addormentare e sognare tutto il calore che e' stato, in questa lunga pausa ghiacciata, in attesa del calore che verra'.


Lista delle tracce

Plainsong
Pictures of you
Closedown
Lovesong
Last Dance
Lullaby
Fascination street
Prayers for rain
The same deep water as you
Disintegration
Homesick
Untitled

Nessun commento:

Posta un commento