sabato 9 luglio 2016

P.J. Harvey - The Hope Six Demolition Project [2016]

Sfondo bianco e una specie di stemma araldico disegnato come a matita: l'immancabile scudo diviso in quattro parti e' al centro dell'immagine, e su di esso sono riportate tre chiavi nel quadrante in alto a sinistra e tre macchie che fanno pensare a cadaveri di conigli nel quadrante in basso a destra, mentre gli altri due quadranti sono immacolati. Ai lati dello scudo due animali, un caprone a sinistra e un cane a due teste a destra: il primo poggia un piede su tre frecce ed e' fasciato da quello che ricorda un cinturone da mitragliatrice, il secondo poggia i piedi su un kalashnikov. Sotto lo scudo un nastro su cui e' scritto in stampatello P J HARVEY, mentre in alto, in rosso scarlatto, unico colore presente nell'immagine, sempre in stampatello, compare il titolo dell'album: le corna del caprone sono come incastrate tra le lettere "SIX".

Play.


Polly Jean e' una di quegli artisti che si sono guadagnati da sempre e per sempre il mio amore incondizionato (del resto il nome della mia Polly viene da li'), ergo in tutto quel che scrivo e scrivero' a riguardo temo sia necessario tener conto del mio essere impari.

La passione degli anni giovanili, l'oscurita', la malinconia dell'eta' adulta... tutto cio' e' stato lasciato alle spalle e una nuova Polly Jean, matura, consapevole e battagliera, ci racconta storie di degrado, violenza e disperazione con voce da bambina, la voce di chi le osserva da fuori, ne rimane colpito, ma infondo sa di non farne parte.
Ci sono voluti cinque anni di assoluto silenzio, cinque anni in cui la Signora del Dorset ha viaggiato, ha riempito gli occhi, le orecchie e il cuore di immagini che difficilmente l'abbandoneranno.
E ora e' pronta per raccontare, con paragoni forse neanche cosi' azzardati.

"The Hope Six Demolition Project" racconta di tre luoghi: il Kosovo, l'Afghanistan e Washington D.C. (Mall e Anacostia). Ci vogliono occhi buoni per pensare di accostarli, occhi buoni e quel tanto di ironica tracotanza inglese (azzardo: europea!) che evidentemente non manca alla Signora.

Non ho mai visto ne' il Kosovo ne' l'Afghanistan ma ho visto la Palestina, che non non credo sia molto piu' allegra, e certe immagini mi si sono inevitabilmente scolpite dentro.
Non ho mai passeggiato per Anacostia ma il sobborgo malandato nordamericano e' una realta' che ormai posso dire di conoscere, ci vivo dentro, ne conosco i ritmi, il respiro, l'odore persistente che niente e nessuno sara' mai davvero in grado di descrivere.
"Ci metteranno un Wallmart qui" dice la Harvey nella traccia-titolo, restituendomi fin da subito le immagini in tutti i loro dettagli.

Il mio primo viaggio a Washington D.C. aveva prodotto questo, il suo ha prodotto questo: fa un certo effetto rendersi conto di essere state colpite in modo simile, con la differenza abissale che all'artista bastano poche parole, un cambio armonico e il ritmo di una marcia. Ma siamo li'.
O forse e' quel che ci leggo io, chissa'.
Eggia', e' forse proprio il mio strano rapporto col sobborgo nordamericano che mi fa apprezzare questo lavoro in maniera particolare, perche' ho la sensazione di capirlo meglio di quanto avrei fatto due anni fa, anzi, meglio di quanto non faccia la stessa Polly Jane.

Non bastano pochi passi per capire, non bastano due anni, chissa' se basta una vita.


Lista delle tracce:

The community of hope
The ministry of Defence
A line in the sand
Chain of keys
River Anacostia
Near the memorials to Vietnam and Lincoln
The orange monkey
Medicinals
The ministry of Social Affairs
The wheel
Dollar, dollar

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