martedì 8 settembre 2015

CNE reprise - occhi europei

Recentemente si e' unita al dojang una ragazza nuova; ha un paio di anni meno di me, e' qui per un postdoc in ingegneria dei materiali e viene dall'Austria.
E' un anno che aspetto qualcosa del genere; gli Hamiltoniani sono deliziosi, questo e' fuori discussione, ma io non appartengo a questo posto e il mio sguardo si posa su persone, luoghi, oggetti e cibo in modo irrimediabilmente diverso da come fanno loro: condividere certe impressioni con una mia coetanea europea che non sia qui per vacanza ha il sapore dolce del non sentirsi piu' l'unico animale esotico.

Da una settimana progettavamo di fare qualcosa assieme per il labour day e alla fine la scelta e' ricaduta sulla CNE, esperienza che un europeo che si trovi a vivere in nordamerica deve fare, perche' bisogna capire.

Non si puo' dire ad alta voce, ma e' forse l'ultimo giorno di questa estate incredibile: il cielo e' perfettamente azzurro, fuori ci sono trenta gradi, la festa ci avvolge.
Io sono quella che conosce la strada e si orienta, la mia compagna di avventure, essendo crucca, e' quella dotata di mappa e lista degli eventi del giorno: c'e' lo show degli aereoplani (quelli antichi, quelli acrobatici, quelli supersonici e i voli sincronizzati), un gruppo di ragazzi che fa parkour, e un altro gruppo che salta con trampoli a molla.
C'e' lo stand di una tizia che giura di poter indovinare l'eta' con uno scarto di due anni al massimo; tenendo conto che di solito me ne danno almeno cinque o sei di meno (una volta, qualche mese fa, anche tredici di meno, ma vabbeh) decido di sfidarla. Devo essermi presentata con un'aria troppo baldanzosa e lo sguardo che diceva "non lo indovinerai mai!" sicche' la tizia ha voluto sparare troppo in la' dandomene nove (nove) di piu'. Non mi era mai successo prima e rido di gusto: vinco un piccolo peluche a forma di mucca che sara' prontamente regalato ad Ofelia.

E gente, e cibo, e quell'immancabile odore di fritto che nessun racconto potra' mai spiegare.

"Dimmi qualcosa che pensi non si possa comprare qui" dice la mia amica con occhi divertiti.
"Un frutto" rispondo io senza pensarci un secondo.
Ridiamo come pazze.

Ci guardiamo intorno e a volte non c'e' neanche bisogno di commentare: leggiamo l'una negli occhi dell'altra l'impressione che fa l'idea di un panino "bacon e nutella" (sic) eppure ci lasciamo trasportare dall'euforia e dividiamo un mars impastellato e fritto, ovvero una di quelle cose che vanno fatte per poter dire a pieno titolo "ho vissuto in nordamerica".

I nostri occhi europei, pur differenziati dal suo esser crucca e il mio esser latina, pur venendo da conflitti indimenticabilmente dilanianti e nonostante la barriera linguistica la cui inevitabile conseguenza e' che tra noi comunichiamo con la lingua di coloro che ci ospitano, i nostri occhi europei, dicevo, hanno una base di fondo comune che con la gente di qui non riesco a trovare.
Vienna e Roma, capitali imperiali, luoghi di cultura, anime millenarie, si incontrano a Hamilton (On) e si riconoscono come parenti.
Alla CNE c'e' anche la fiera medioevale e vorremmo vederla: noi il medioevo sappiamo cos'e', loro no, hanno il nostro, sarebbe buffo vederlo attraverso i loro occhi, ma oggi e' chiusa percio' niente da fare. Ci consoliamo con uno spettacolo di danze indiane nel senso dell'India.

La vecchia Europa e' in me, nei miei modi, nei miei gesti, in cio' che trovo sensato e cio' che mi fa ridere; e' bello capire una volta di piu' che quello e' il lato dell'Atlantico che fa parte di me, e' doloroso pensare che potrei non viverci piu'.

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