7 agosto 2015
La vita canadese sa offrire momenti e luoghi come se ne vedono solo nei film, e fa davvero effetto scoprire quanto siano vere e quotidiane certe scene che a noi, da quel lato dell'oceano, paiono cosi' "filmiche"; la mia educazione alla vita da questo lato dell'Atlantico prevede che io partecipi anche e soprattutto alla loro vita mondana e gli Psychedelic Furs che suonano gratis a poca distanza da casa sono un ottima scusa per prendere parte all'evento.
Tanto per cominciare Ancaster sta ad Hamilton come Ostia sta a Roma, con la differenza che il comune ha organizzato una rete speciale di autobus per permettere alla cittadinanza di raggiungere il posto; sono con un amico del giro del dojang e una volta di piu' penso che frequentare quel posto sia stata la scelta migliore della mia vita.
Se non avete mai visto un film/telefilm/cartone in cui a un certo punto i protagonisti vanno a una fiera... beh, non so dove avete vissuto fino a questo momento.
La fiera nordamericana lo sappiamo tutti come e', non c'e' bisogno che io descriva le attrazioni da lunapark ambulante, le bancarelle da Festa dell'Unita' ma senza puzza radical-chic sotto il naso, le roulotte di paninari a vario titolo: quello che di certo uno non riesce ad immaginare e' l'odore malsano che c'e' nell'aria, ma tanto quello non si puo' descrivere.
Arriviamo, rimediamo un hamburger, passeggiamo un po', beviamo una birra e raggiungiamo senza problemi una buona posizione nello spazio concerti; il mio amico ha portato una coperta per sedersi a terra oppure avvolgercisi nel caso venga il freschetto della sera: io, da brava fricchettona d'altri tempi, non ci avrei assolutamente pensato, ma capisco che si tratta di un'abitudine che ti viene naturalmente se vivi in un posto dal clima ostile.
Prima della band sale sul palco una coppia di presentatori che introducono il Festival con un video-pubblicita' sull'importanza dei "summer camping" per i bambini e chiedendo una donazione.
Poi, senza indugio, arrivano i Furs.
Da dove siamo non riesco a vederne i volti per convincermi che non si tratta di ventenni mascherati da Psychedelic Furs, ma la voce inconfondibile di Butler (R) non lascia spazio al dubbio: sono proprio loro, con gli stessi vestiti, gli stessi capelli e lo stesso fare sbarazzino che avevano negli anni ottanta, lo capisci anche dalla forma e dal colore del basso di Butler (T).
La mia memoria della scaletta e' decisamente nebbiosa e il fatto che la mia conoscenza della band si limiti ai primi due album (mea culpa) non aiuta, me ne rendo conto: ricordo con certezza Dumb Waiters, No Tears, All of this and nothing, un'ispiratissima Sister Europe e il finale con Pretty in Pink. Butler (R) che mima teatralmente il suono delle sue parole, Butler (T) che balla come un ragazzino, la Kramer laggiu', ben nascosta dietro le tastiere, che non batte ciglio, Garisto altrettanto impeccabile, Good tutto nero e con gli occhiali da sole e Williams che cattura il mio sguardo e le mie orecchie piu' di tutti quanti messi assieme.
La sensazione complessiva e' quella di star assistendo al riflesso di qualcosa che un tempo era scintillante ma che ora ha un gusto decisamente troppo legato alla sua epoca per poter emozionare davvero: non speravo in qualcosa di folgorante come i J&MC o esaltante come i Primal Scream, anzi, infondo dovevo aspettarmi che l'anima degli Psychedelic Furs fosse troppo legata agli anni ottanta per non apparire ridicola oggi, pero' ecco, speravo in qualcosa di piu'.
Per essere sicuri di riuscire a prendere l'ultimo autobus ce ne andiamo durante il bis: non avevo mai fatto una cosa del genere in tutta la mia vita e non penso che lo faro' mai piu', perche' occhei essere un filo delusi, ma non e' da me andarmene prima della fine.
Mai piu'.
Prima della band sale sul palco una coppia di presentatori che introducono il Festival con un video-pubblicita' sull'importanza dei "summer camping" per i bambini e chiedendo una donazione.
Poi, senza indugio, arrivano i Furs.
Da dove siamo non riesco a vederne i volti per convincermi che non si tratta di ventenni mascherati da Psychedelic Furs, ma la voce inconfondibile di Butler (R) non lascia spazio al dubbio: sono proprio loro, con gli stessi vestiti, gli stessi capelli e lo stesso fare sbarazzino che avevano negli anni ottanta, lo capisci anche dalla forma e dal colore del basso di Butler (T).
La mia memoria della scaletta e' decisamente nebbiosa e il fatto che la mia conoscenza della band si limiti ai primi due album (mea culpa) non aiuta, me ne rendo conto: ricordo con certezza Dumb Waiters, No Tears, All of this and nothing, un'ispiratissima Sister Europe e il finale con Pretty in Pink. Butler (R) che mima teatralmente il suono delle sue parole, Butler (T) che balla come un ragazzino, la Kramer laggiu', ben nascosta dietro le tastiere, che non batte ciglio, Garisto altrettanto impeccabile, Good tutto nero e con gli occhiali da sole e Williams che cattura il mio sguardo e le mie orecchie piu' di tutti quanti messi assieme.
La sensazione complessiva e' quella di star assistendo al riflesso di qualcosa che un tempo era scintillante ma che ora ha un gusto decisamente troppo legato alla sua epoca per poter emozionare davvero: non speravo in qualcosa di folgorante come i J&MC o esaltante come i Primal Scream, anzi, infondo dovevo aspettarmi che l'anima degli Psychedelic Furs fosse troppo legata agli anni ottanta per non apparire ridicola oggi, pero' ecco, speravo in qualcosa di piu'.
Per essere sicuri di riuscire a prendere l'ultimo autobus ce ne andiamo durante il bis: non avevo mai fatto una cosa del genere in tutta la mia vita e non penso che lo faro' mai piu', perche' occhei essere un filo delusi, ma non e' da me andarmene prima della fine.
Mai piu'.
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