Un lago immerso nella foschia, le acque leggermente increspate, colline laggiu' sullo sfondo a separare il cielo dalla terra. In primo piano un rettangolo, forse uno specchio da cui si vede la riva: canne, arbusti, e Lui, vestito di nero, capelli ormai bianchissimi, lo sguardo rivolto chissa' a cosa.
Play.
Caro Signor Benvegnu', eccoci di nuovo qui, ti do ancora una volta del tu.
Era praticamente ovvio che, semmai avessi ricominciato a scrivere su queste pagine, sarebbe stato per merito tuo (qualcuno forse direbbe "causa tua"...). E nonostante sospetto non te ne importi niente, lascia che io cominci col chiederti scusa per non averlo fatto per l'odio dell'innocenza, o nessuna delle inutili premonizioni, o anche solo per i fiori (ma perche' niente CD?), o per qualcuno dei tuoi concerti (da quell'ultima volta a Prato, tu non puoi saperlo, ma io ti ho visto altre volte di cui una, meravigliosa, in un minuscolo teatrino nel cuore di Trastevere). Ti confesso che, alla sua uscita, DellOdio dell'Innocenza mi provoco' sensazioni contrastanti, perche' ero appena tornata a vivere a Roma pur non essendo ancora completamente convinta di aver fatto la scelta giusta, e giusto il tempo di adattarmi al nuovo fuso orario che il Covid mi aveva costretta sola in casa: i vicini, tutte le sere alle sei, puntualissimi, facevano la discoteca sui balconi per mezz'ora, iniziando con l'inno nazionale, passando per il Gioca Jouer e altre simili piacevolezze, a un volume tale che anche chiudendo tutte le finestre, abbassando tutte le persiane, avvolgendo le orecchie in un cuffione teoricamente isolante, li potevo sentire. Ero arrabbiata col mondo. E quando, con l'aiuto di detto cuffione, ho ascoltato quel disco, non ho potuto far altro che accrescere il mio rancore nei confronti dell'aereo che mi aveva riportata nello Stivale, dei vicini rumorosi, dell'umanita' che si lagnava, della casa orribilmente buia in cui mi ero ritrovata a vivere ("che ti importa" dicevano mentre firmavo il contratto di affitto solo un paio di mesi prima, "tanto qua dentro ci starai soltanto la sera" dicevano, "non te ne accorgerai nemmeno" dicevano...). Oltretutto l'assurda storia che raccontavi all'epoca, secondo cui non saresti stato tu l'autore di quelle canzoni, mi irritava oltremodo: era come se tu non volessi prenderti la responsabilita' di un disco che entrava in pericolosissima risonanza con la rabbia che avevo dentro... E insomma ti ho odiato di un odio sincero e violentissimo. Da allora, ogni volta che ho accarezzato l'idea di tornare a scrivere, l'eco di quella rabbia mi ha trattenuta. Solo il tempo ha saputo dirmi che non era il Covid, non era l'Atlantico, non era l'umanita' e certo non eri tu: ero io ad essere prosciugata. E solo recentemente ho ritrovato la giusta tranquillita', ma questa e' un'altra storia, e si dovra' raccontare un'altra volta.
Ecco, questo lungo preambolo per giustificare, se mai ti fosse importato qualcosa, sei anni di silenzio e dirti che oggi torni alle mie orecchie accolto (finalmente) con ritrovata serenita'.
Caro Signor Benvegnu', che gran disco hai scritto.
Nessuna sorpresa, intendiamoci, ma che piacere ritrovarsi...
Al primo ascolto la sensazione e' che si tratti di un lavoro piu' immediato - armonicamente e ritmicamente - di quello che mi aveva fatto girare la testa esattamente vent'anni (argh!) fa, ma che proprio questa sia la sua splendida dimensione. Poi ai giri successivi, entrando in dettaglio, ci si accorge che la semplicita' e' solo apparente e superficiale, che aiuta a rendere piu' immediato il primo ascolto, ma a ben sentire c'e' tutto un mondo di dettagli da scoprire. Penso ad esempio al basso che irrompe prepotente a sottolineare che la primavera tarda ad arrivare, alla chitarrina sghemba di "Alla disobbedienza" che ancora non ci ho capito niente, al riff che sottolinea le tue parole in "L'origine del mondo" su cui il mio orecchio cade sistematicamente, al vero e proprio finale strumentale di "Alla disobbedienza" che rimanendo sospeso chiama al silenzio, alla batteria del ritornello di "Our Love Song" che nella sua semplicita' mi fa ballare, al basso di "Libero" (ok, mi sa che sono una bassista mancata!) che e' un godimento infinito, al piano delicato di "Pescatori di perle" che e' un inno alla dolcezza, all'ironia feroce di "Canzoni brutte" che negli scorsi giorni sanremesi sembrava piu' che mai appropriata. Tanti piccoli dettagli che messi insieme uno in fila all'altro fanno quasi un'ora di meraviglia, e se li sommi assieme ti accorgi che in questo disco di immediato non c'e' proprio niente.
E posto che il primo religioso ascolto deve essere in casa, dal CD, gli altri possono avvenire - e di fatto spesso avvengono - mentre si cammina per andare al lavoro. Sicche' devi sapere che quello straziante "raw marconi raw" mi strappa un sorriso tutte le volte, perche'... ma che ne sai tu, caro Signor Benvegnu', della mezz'ora a piedi la mattina, su un'affollato e caotico Viale Marconi, a ballare facendo lo slalom tra la gente? Perche' poi, come sempre accade, sono io quella che ascolta e si sente messa in mezzo.
Caro Signor Benvegnu' ti aspettavo da un po', o forse aspettavo me.
Hai smesso di fumare e si sente: la voce ha cambiato spettro, e' meno cupa, piu' carezzevole, piu' rotonda. Mi piace. Anche io ho smesso di fumare: negli ultimi anni ogni tanto ci ero ricascata - sempre a proposito di cio' che mi prosciugava - ma ora io sono di nuovo io, e proprio non mi va piu'. Ecco, mi piace come la tua voce ritrovata si intreccia con le nuove tonalita' piu' morbide. E mi piace come si intreccia con quella di Dario Brunori e (per mia enorme sorpresa) con quella di Neri Marcore': intendiamoci, era bella "27/12" sull'EP, ma oggi mi sembra ancora piu' bella: va detto che c'e' un intreccio speciale su quel fiume, tra le vostre voci e Ponte Marconi, la sera quando torno a casa (lato A la mattina, lato B la sera, che sembra quasi un disco cronometrato sui miei passi). Ma tu non lo sai, questa volta davvero non lo puoi sapere anche perche' nessuno lo puo' sapere, quali sentimenti stanno recentemente crescendo infondo al mio cuore nonostante io faccia di tutto - in modo orribilmente maldestro e con scarsissimi risultati - per tenerli a bada.
Caro Signor Benvegnu', la tua musica parla al mio cuore.
In quest'assurda epoca in cui tutto sembra dover correre chissa' dove e fermarsi a respirare sembra un'aberrazione, in cui e fondamentale che tutto sia facile da imparare, che non ci vogliano ne' attenzione ne' sudore, e che sia necessario dominare tutto, in cui lo studente e' il cliente e il cliente e' il padrone, aggrapparsi a cio' che e' "Inutile" sembra essere l'unica speranza. Ed io, per la mia natura di inguarbile romantica, ho bisogno di mantenere viva la speranza che non sia davvero tutto qui. Ed ecco che ad ascoltare un disco come questo mi sento fortunata, perche' capisco che non sono sola.
Percio' caro Signor Benvegnu' e cari Signori Baldini, Berioli, Berioli, Zacchei e Aprile, ci vediamo giovedi' a Roma, ovvero io vi vedro': voi forse avrete il dubbio che quella tizia in prima fila, quella con gli occhi e la bocca spalancati per la meraviglia, e' questa scema che vi da del tu quando scrive su un blog che nessuno leggera'.
Lista delle tracce
Tecnica e simbolica
L'oceano (feat. Brunori Sas)
Pescatori di perle
Marlene Dietrich
Il nostro amore indifferente
27/12 (feat. Neri Marcore')
Our love song
Canzoni brutte
In der nicht sein
Libero
L'origine del mondo
Alla disobbedienza
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