Una foto leggermente sbiadita, due giovani donne abbracciate, una bionda e una bruna; la bruna e' di fianco, a torso nudo, il braccio destro, nell'atto di abbracciare la bionda, copre parte del seno; anche la bionda e' verosimilmente a torso nudo ma il gioco di luci e ombre lo lascia solo intuire. In basso a destra, piccola, la scritta in stampatello "warner music e' lieta di presentare", appena sotto, sempre in stampatello, il titolo dell'album un po' piu' grande, sotto ancora il nome della band, grande, in grassetto e caratteri minuscoli.
Play.
Era il duemilatredici quando "Fantasma" ha visto la luce.
Per qualche mese a partire dalla sua uscita lo avevo ascoltato a ripetizione, non potevo staccarmene, non avevo ne' ho mai avuto la lucidita' di scriverne ma giuro che lo ascoltavo senza posa.
Comporre un album come quello non e' cosa da poco: comporne uno dopo quello, con una cosi' pesante eredita' sulle spalle, e' una vera scommessa, e non a caso sono passati ben quattro anni, perche' ci vuole molto coraggio per mettersi in competizione con una cosa simile, e una competizione con un altro si puo' anche accettare, ma con se' stessi...
La scelta dei Baustelle per questo nuovo lavoro e', a mio parere, l'unica sensata: suonare qualcosa "oscenamente pop", per usare le parole dello stesso Bianconi, ovvero accettare che l'esperienza di "Fantasma", nella sua monumentalita', e' un unicum, un momento particolarissimo da conservare nel cuore come parentesi speciale del proprio vissuto, ma che l'essenza Baustelliana era gia' tutta incapsulata nella manciata di secondi che aprivano "Le vacanze dell'ottantatre" (ottima annata signori!) e che vale la pena di ritrovare quell'essenza per sperare ritrovare se' stessi e non perdersi alla ricerca inutile di un "Fantasma-reloaded", che tanto non potra' essere perche' se anche fosse sarebbe un surrogato insoddisfacente.
E quindi largo ai synth di plastica che sembrano usciti direttamente da una discoteca degli anni settanta/ottanta, ci si ammanti di miriadi di citazioni piu' e meno colte, piu' e meno auliche, piu' e meno popolari, si raccontino storie drammatiche con sbruffoneria e modi ridicoli, si usi la Baustellianissima sequenza di accordi si-la-mi-sol-la, tutti rigorosamente maggiori, con la voce che canta fa-diesis sul cadere del si, mi sul cadere del la e del mi e di nuovo fa-diesis sul cadere del sol e dell'ultimo la, che poi a me questi giochi armonici fanno girare la testa.
Ma attenzione perche' non si tratta un passo indietro: questo e' un album molto piu' maturo di quanto le scelte sonore possano farlo apparire a primo impatto, qui la plastica viene usata con sapienza ed eleganza ed e' chiarissimo, quand'anche non se ne fosse a conoscenza, che questo lavoro e' frutto di un percorso d'evoluzione inesorabile.
Quanto al filo conduttore mi pare che ci sia ben poco da interpretare, che il messaggio sia decisamente cristallino ed esposto a chiare lettere: una disillusione totale, accettata pero' con assoluta serenita' ("la vita e' tragica/la vita e' stupida/pero' e' bellissima/essendo inutile/pensa il contrario e poi/ti ammazzi subito/ pensare che/la vita e' una sciocchezza aiuta a vivere"... come si fa ad essere piu' espliciti di cosi'?).
Il tutto ballando come adolescenti scemi.
Si potrebbe stare ore a cercare tutti i dettagli, a parlare dei minuscoli tocchi di classe lirici o musicali disseminati qua e la', potrei mettermi anche io a partecipare alla gara giornalistica di chi ne (ri)conosce di piu': per fortuna faccio un'altro mestiere, la musica e' semplicemente il mio principale diletto e scriverne e' un gioco che mi diverte e nulla piu'... pero' ecco, questa non posso tenermela per me: trovo che traccia uno sia una perla di genialita' cinica che poteva venire in mente solo ai montepulcianesi.
Annata niente male questo duemiladiciassette fino a qui, niente da dire.
Lista delle tracce
Love
Il vangelo di Giovanni
Amanda Lear [Explicit]
Betty
Eurofestival
Basso e batteria [Explicit]
La musica sinfonica
Lepidoptera
La vita
Continental Stomp
L'era dell'acquario
Ragazzina
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