Come forse tutti sanno, negli "Stati" il ringraziamento si festeggia a fine novembre; qui in Canada invece si fa a meta' ottobre, e a pensarci e' naturale: il ringraziamento ha origini nella festa del raccolto ed ha perfettamente senso (ahime') che in Canada il raccolto avvenga prima.
Sono invitata a cena dalla "mia famiglia canadese", gli O., ed e' dunque tempo che io parli di loro, di quest'altro lato dell'altro lato dell'Atlantico.
Gli O. sono una famiglia che frequenta il mio dojang, o meglio, sono io che frequento il loro.
Il capofamiglia, Mister O., e' un uomo in un intorno dei sessanta, cintura nera, ottimo istruttore, con una tecnica strepitosa e un ottimo sguardo sulla tecnica degli altri: il mio primo giorno mi e' stato dietro dandomi i primi rudimenti, mi ha riso bonariamente in faccia vedendomi fare i primi crunch (confesso), a oggi mi da sempre consigli preziosissimi e lo considero quasi al pari del maestro.
Sua moglie J. e' una cintura verde-blu, donna dolcissima con dei bellissimi occhi azzurri, capelli bianchi tenuti sempre in una morbida coda di cavallo e ben curati, in generale emana felicita' e amore (giuro!); facciamo spesso coppia negli esercizi a due e con lei non riesco a usare la forza, non ce la faccio, ma lavoro bene sulla tecnica: ha un cuore d'oro.
Il figlio piccolo, S., e' una cintura blu-rossa, un naturale per tecnica, velocita', salti (sia detto che ha quattordici anni) e controllo del respiro: lui e' quello che mi ha insegnato quella che io chiamo "la danza di spada e coltello" e alcune tecniche di autodifesa.
Hanno anche due figli sui venti/venticinque anni, entrambi dotati di fidanzate, che ho conosciuto a un barbecue a luglio, quando hanno invitato me e la mia "famiglia" (ma questa e' un'altra storia e si dovra' raccontare un'altra volta) ma non ci ho mai interagito davvero: so che uno dei due e' una cintura nera che ha smesso, so che lo e' anche una delle due fidanzate, ma non ricordo l'accoppiamento con sicurezza.
Li considero, come ho detto, la mia famiglia Canadese.
Sono persone normali, anzi, sulla media di Hamilton direi benestanti, curati, puliti: la loro casa e' pulita, la loro pelle e' sana, si nutrono con attenzione e praticano sport. I figli sono ragazzetti molto belli per le rispettive eta'... insomma, la famiglia da serie tv.
Arrivo e padre e figli stanno lavorando al garage, che e' una costruzione separata e in effetti e' usato come luogo di lavoro del capofamiglia, che di mestiere fa impianti di sicurezza, chiavi e serrature; J. e' seduta a chiacchierare nella veranda-chiusa con la cugina del marito che vive negli "Stati", mi introduce, versiamo del vino (buono), chiacchieriamo, ci piacciamo. Dopo un po' ci spostiamo in cucina e, mentre J. segue i cibi in preparazione, arriva anche la sorella di Mister O.: ancor prima della sua entrata in scena mi viene detto che nel pomeriggio ha rasato il prato indossando tacchi alti e collana.
Si chiacchiera dunque, ed e' tutto molto tenero, casalingo.
Il ringraziamento, mi dicono, e' la festa del raccolto, la festa in cui le famiglie dei coloni (e prima ancora dei nativi), dopo aver raccolto quel che c'era da raccogliere prima dell'arrivo dell'inverno, si sedevano a tavola per ringraziare dio (e prima ancora la natura). Alla fine della fiera e' la festa della famiglia: avevo ricevuto due inviti per stasera, ma era giusto che passassi il ringraziamento con loro.
La conversazione e' gradevole, educata, non dico colta ma quantomeno non truce: non diversa da quella che avrei a Natale con la mia famiglia allargata.
Giusto a un certo punto mi si chiede cosa ne penso del Papa e mi sento con le spalle al muro: ho visto in casa un segno di cristianesimo, non estremo ma comunque presente, una piccola scritta in grigio leggero su bianco riportante una frase del vangelo e una croce, e le mie opinioni sul Papa non sono esattamente lusinghiere... Dopo un lungo tentennamento spiego brevemente la mia posizione ("mai fidarsi del tipo simpatico, specie quando e' un uomo di potere... e che potere!") e il discorso cambia subito, riprendendo la piega piacevole come se non fosse mai successo niente.
Da queste parti sono bravissimi a evitare o eventualmente cambiare un argomento potenzialmente controverso.
A un certo punto J. sforna il tacchino e mi emoziono.
Chi non ha mai visto in un film o in una serie televisiva la scena di un tacchino sfornato nel giorno del ringraziamento? Tutti abbiamo almeno un'esperienza hollywoodiana del ringraziamento.
Io c'ero.
E le patate al forno, e le carote, e la salsa di mirtilli rossi, e il purea di rutabaga che giuro: e' buonissimo. E le immancabili torte: quella con la marmellata ai mirtilli, quella con un frullato di fragole e yogurt, quella con mele, marmellata di mirtilli e crumble, e ovviamente quella di zucca, con tanto di decorazione al centro a forma di zucca da Halloween.
Vivere in nordamerica regala questi squarci filmici incredibili.
E' paradossale, ma conosciamo meglio le tradizioni nordamericane di quelle tedesche o spagnole.
Perche' adesso davvero, alzi la mano chi sa cosa fanno in Spagna per San Sebastian... potere del cinema di propaganda imperiale!
La cena del ringraziamento ha una dolcezza ancestrale saldamente incardinata nella testa di tutto il mondo occidentale grazie al grande e al piccolo schermo, e a mio modo anche io ne sento il fascino, e addirittura quasi mi commuovo quando J. ringrazia (dio, ma non lo nomina) per il cibo.
Il tacchino e' stato in forno otto ore, J. si e' svegliata alle sei per farlo: e' una bestia "piccola", dicono, altrimenti ce ne possono volere anche dieci di ore... sara' ma a me non pare affatto una bestia piccola. Mi torna in mente la mia ex compagna d'ufficio del Minnesota che sosteneva che il tacchino al ringraziamento e' uno spreco, che la carne viene sempre disgustosamente secca... quello di J. secondo me e' ottimo, si vede che gli e' stata dietro con cura e dedizione.
Ad un certo punto, in un momento in cui ci ritroviamo a parlare io e lei, mi racconta che suo padre era un ministro anglicano, che lei ha orbitato in chiesa a lungo ma poi ha visto quanta politica c'era dietro e si e' scocciata, ma questo non vuol dire che non crede. Deve averla colpita quello che ho detto sul Papa, forse sente di dovermi far capire che capisce quello cui ho accennato prima di cena. Le spiego che ho perso la Fede a Cana, durante un pellegrinaggio in Palestina (ecco qua, un pezzetto del mio passato oscuro e' rivelato), circa dieci anni fa. Sorride comprensiva e dolce.
Al momento del liquore il capofamiglia caccia con fierezza una Sambuca Ramazzotti che bevo con un sorriso: saranno anni che non ne bevo una e trovarmela a una cena del ringraziamento mi intenerisce. Prometto che al ritorno dalle vacanze di Natale portero' loro qualche liquore speciale che qui non si trova.
Al momento dei saluti mi indicano l'ingresso della casa con la bandiera canadese e quella statunitense ben in vista: Mister O. mi spiega che quando viene a trovarlo qualcuno uno dei parenti che vive negli "Stati" lui ha piacere di innalzare anche la loro bandiera; aggiunge anche il desiderio di comprare una bandiera italiana per le volte in cui io li andro' a trovare. La dolcezza di queste persone scalda il cuore.
Ho preso due porzioni di ogni cosa e assaggiato tutti i dolci: la pedalata del ritorno e' lenta e appesantita, ma decisamente appagata nel corpo e nello spirito.
Wow, I mean...just wow!
RispondiEliminaLa prima parte del racconto mi ha fatto un po' paura, perchè sembrava parlassi di una famiglia ariana canadese parente di Steven Segal.
Arti marziali, religione, tacchini, ringraziamento, bandiere e "imperialismo"...c'è un sacco di carne al fuoco, sono confuso, appesantito, come dopo la tua magnata. Non so che pensare.
Sarei stato a disagio, probabilmente, per tutte queste tradizioni formali e una forma mentis scolpita nel granito di una cultura che sembra essere inattaccabile e non so fino a che punto possa essere flessibile e incline a comprendere ed accettare le diversità di un visitatore straniero.
Certo vivere una scena da film come questa farebbe specie e forse diventerebbe difficile distinguere il confine tra il commovente focolare domestico e la messinscena dettata dalla tradizione. Scusa il cinismo, ma penso lo stesso di certe nostre feste. è bella l'atmosfera di certi ritrovi rituali, a volte neanche quella, ma spesso c'è così tanta falsità in queste ricorrenze...almeno, qua è così. Il Natale è anche bello se vissuto con lo spirito giusto, ma il più delle volte è una delle rappresentazioni più patetiche della superficialità pop. Quando una volta ho cercato di spiegare la proporzione Festa di Natale : Dickens = Babbo Natale : Coca-Cola mi hanno guardato come un alieno. Ecco, forse i Canadesi sono più consci dell'origine dei loro festeggiamenti e per questo li vivono con un maggior spirito di attaccamento, credendoci di più. Forse.
Certo mi piacerebbe sperimentare una mangiata di tacchino e crumble, ma senza la retorica religiosa e le bandiere probabilmente digerirei con meno fatica.
Un bel racconto, comunque, grazie.
Cana?!... Ma che...
Oh no, questi sono canadesi, non statunitensi: carini da morire, accoglienti e assolutamente non accomunabili agli statunitensi imperialisti, anche se con gli statunitensi condividono, per ragioni storiche, alcune tradizioni.
RispondiEliminaIl Canada e' per definizione una nazione multietnica e multiculturale per davvero, non cercano di assorbire la cultura altrui, anzi, sono naturalmente predisposti ad accettare tutti. Mi spiace se nel racconto non ho reso quest'idea, ma davvero considero gli O. la mia famiglia canadese.
Noi in Italia abbiamo questo diffuso anti-italianismo, che come sai non condivido, che si codifica chiaramente nel disprezzo generalizzato della nostra bandiera. Per i canadesi esporre la propria bandiera significa dire al mondo "Sono canadese, ovvero sono uno che accoglie tutti, fiero di essere nato nella nazione che ha dato i natali a Greenpeace"; per gli O. esporre la bandiera statunitense all'arrivo di un ospite significa "ti voglio bene e ti accolgo come un fratello".
Quando spiego che in Italia il patriottismo e' spesso rigettato come un sentimento fascista la gente mi guarda sempre allibita: loro darebbero una mano per vivere in Italia e dirsi italiani...
Comunque la mangiata di tacchino senza tutto il resto e' un vivere l'esperienza solo a meta'. :)
Cana... e' una storia lunga che non credo raccontero' sul blog.