(Dannato 2016, chi altri vuoi portarci via?)
venerdì 11 novembre 2016
mercoledì 9 novembre 2016
Chomp & Stomp
Squarci di terronia statunitense, di vita che non ti aspettavi ma c'e', e' tanta, esalta.
Pare che Atlanta sia famosa per i festival nei suoi innumerevoli parchi ed io ovviamente ho voglia di approfittarne; uno dei miei nuovi amici, imparando a conoscermi, ha portato alla mia attenzione quello che in Italia avremmo chiamato "la sagra del Chili" e che a me, inevitabilmente, fa venire in mente questo: entusiasta come una bambina alla vigilia di Natale, accetto l'invito.
Il posto non e' lontano, il sole splende, la temperatura ancora consente di stare in sandali e maglietta; arriviamo in bici, parcheggiamo e ci mettiamo in fila: non c'e' un biglietto d'ingresso ma si pagano 5 USD per un cucchiaio di plastica, piu' 6 se si vuole anche un gettone per la birra, sicche' tirati fuori gli 11 USD a testa ci addentriamo per le vie di Cabbagetown, per l'occasione chiuse al traffico.
Sono le undici e mezzo, la festa non e' ancora davvero cominciata, passeggiamo amabilmente e osserviamo l'ambiente, raggiungiamo uno spiazzo sull'erba davanti a un palco dove una banda di vecchietti di paese suona bluegrass e ci sediamo in attesa del via.
Verso mezzogiorno e mezzo ci lanciamo.
C'e' una via di stand, uno di fianco all'altro, ciascuno offre chili in bicchierini di carta: tu vai li', prendi un bicchierino e ne mangi il contenuto con l'apposito cucchiaio di plastica che hai comprato all'ingresso. And that's it. Che se uno si fosse portato un cucchiaio da casa risparmiava 5 USD, ma il bello e' anche questo.
C'e' una ressa incredibile, file interminabili di persone, si mangia un bicchierino di chili e ci si mette in fila al prossimo stand, uno dopo l'altro, finche' se ne ha voglia, finche' lo stomaco si ribella e chiede pieta'.
Io mi sento piu' felice di un bambino davanti all'albero di Natale la mattina del venticinque dicembre, perche' come disse un ex-ragazzo di mia sorella "Co' 'e sorelle C. ce spendi de meno a compraje er brillocco che a portalle a cena: er probblema e' che er brillocco to'o tirano appresso". Era un signore per linguaggio e contenuti, non c'e' che dire, ma sapeva di cosa parlava.
Carne, fagioli, sugo di pomodoro piccante, verdure ammollate, spezie varie: ogni chili e' diverso, ogni assaggio e' una scoperta, gente che ride intorno... saranno pur scemi 'sti americani, ma si sanno divertire!
E io mi diverto.
Quando non ne abbiamo veramente piu' andiamo rimediare una birra e fare due passi tra le bancarelle di artigianato locale, anni luce piu' vicine al mio stile di quelle che avevo visto nelle analoghe occasioni cui avevo partecipato quando vivevo nella terronia Canadese, ma qui siamo in citta', e non una citta' qualsiasi: questa e' la capitale radical-chic della terronia, ovvero il paradiso.
Bastava cosi' poco per essere felici?
Pare che Atlanta sia famosa per i festival nei suoi innumerevoli parchi ed io ovviamente ho voglia di approfittarne; uno dei miei nuovi amici, imparando a conoscermi, ha portato alla mia attenzione quello che in Italia avremmo chiamato "la sagra del Chili" e che a me, inevitabilmente, fa venire in mente questo: entusiasta come una bambina alla vigilia di Natale, accetto l'invito.
Il posto non e' lontano, il sole splende, la temperatura ancora consente di stare in sandali e maglietta; arriviamo in bici, parcheggiamo e ci mettiamo in fila: non c'e' un biglietto d'ingresso ma si pagano 5 USD per un cucchiaio di plastica, piu' 6 se si vuole anche un gettone per la birra, sicche' tirati fuori gli 11 USD a testa ci addentriamo per le vie di Cabbagetown, per l'occasione chiuse al traffico.
Sono le undici e mezzo, la festa non e' ancora davvero cominciata, passeggiamo amabilmente e osserviamo l'ambiente, raggiungiamo uno spiazzo sull'erba davanti a un palco dove una banda di vecchietti di paese suona bluegrass e ci sediamo in attesa del via.
Verso mezzogiorno e mezzo ci lanciamo.
C'e' una via di stand, uno di fianco all'altro, ciascuno offre chili in bicchierini di carta: tu vai li', prendi un bicchierino e ne mangi il contenuto con l'apposito cucchiaio di plastica che hai comprato all'ingresso. And that's it. Che se uno si fosse portato un cucchiaio da casa risparmiava 5 USD, ma il bello e' anche questo.
C'e' una ressa incredibile, file interminabili di persone, si mangia un bicchierino di chili e ci si mette in fila al prossimo stand, uno dopo l'altro, finche' se ne ha voglia, finche' lo stomaco si ribella e chiede pieta'.
Io mi sento piu' felice di un bambino davanti all'albero di Natale la mattina del venticinque dicembre, perche' come disse un ex-ragazzo di mia sorella "Co' 'e sorelle C. ce spendi de meno a compraje er brillocco che a portalle a cena: er probblema e' che er brillocco to'o tirano appresso". Era un signore per linguaggio e contenuti, non c'e' che dire, ma sapeva di cosa parlava.
Carne, fagioli, sugo di pomodoro piccante, verdure ammollate, spezie varie: ogni chili e' diverso, ogni assaggio e' una scoperta, gente che ride intorno... saranno pur scemi 'sti americani, ma si sanno divertire!
E io mi diverto.
Quando non ne abbiamo veramente piu' andiamo rimediare una birra e fare due passi tra le bancarelle di artigianato locale, anni luce piu' vicine al mio stile di quelle che avevo visto nelle analoghe occasioni cui avevo partecipato quando vivevo nella terronia Canadese, ma qui siamo in citta', e non una citta' qualsiasi: questa e' la capitale radical-chic della terronia, ovvero il paradiso.
Bastava cosi' poco per essere felici?
giovedì 3 novembre 2016
Mike Mills & Robert McDuffie @ Schwartz Center for Performing Arts - Atlanta
28 Ottobre 2016
La vita della terronia statunitense e' frenetica: tante sono le cose da fare che arrivo a far passare quasi una settimana prima di trovare il tempo per recensire questo concerto... mea maxima culpa, ma infondo mi domando a chi mai importi di leggere quel che ho da scrivere.
Tant'e'.
Mike Mills non avrebbe bisogno di presentazioni, certo non da me che vivo ad Atlanta da neanche tre mesi: bassista e fondatore dei R.E.M., e ho detto tutto. Ricordo a chi non fosse ferrato in geografia che Atene (GA) e' a meno di due ore di macchina da qui. Mi dicono sia una cittadina universitaria deliziosa: prima o poi tocchera' che io vi faccia un pellegrinaggio.
Robert McDuffie era un compagno di liceo di Mills, uno dei suoi piu' cari amici all'epoca; le strade dei due si sono relativamente separate da allora: bassista di uno dei gruppi fondamentali nella storia del Rock uno, pluripremiato violinista classico l'altro.
Finche' non molto tempo fa al nostro Mills viene in mente l'idea di scrivere un Concerto per l'amico, una cosa che metta insieme la tradizione Classica con quella Rock.
Detto, fatto: scritte le parti, registrato un album, si va in scena.
Mi accompagno con uno dei miei nuovi amici, uno cui non riuscirei a proporre un concerto rock come si deve ma quanto a musica classica e' anni luce avanti a me: chissa' che da quest'amicizia non si possa imparare reciprocamente qualcosa di bello.
Il luogo scelto da Mills&McDuffie e' il teatro di Emory, la terza universita' di Atlanta, quella privata: scelta curiosa, ma fino a un certo punto.
Un Uber porta il mio amico e me dalla zona dove entrambi viviamo fino al campus, poi ci perdiamo un po' tra gli edifici universitari e arriviamo al teatro giusto in tempo per sederci ai nostri posti.
Entra McDuffie con due donne, si presenta, scherza un po' sul fatto che venderanno i CD all'uscita "per pagare l'aereo privato della rock-star" e introduce la prima parte della serata: un'opera in tre movimenti di un compositore moderno ("Road Movies" l'opera, John Adams il compositore) che "certo non e' un grande classico, ma mi sono divertito molto a impararla... vedrete, e' una specie di cubo di Rubik".
E attaccano, lui e la pianista (la seconda donna e' li' solo per girare le pagine dello spartito).
Gira la testa a cercare di star dietro al procedere ipnotico del piano mentre il violino sfiora il noise: no, non e' un grande classico, ma trovo sia davvero bellissimo.
Il secondo movimento, delicato, lascia letteralmente senza fiato: quando termina mi ritrovo ad emanare un profondo sospiro.
Il terzo movimento e' uno swing folle che torna a far girare la testa e ammalia per tecnica ed eleganza.
Al termine siamo tutti in piedi ad applaudire.
Escono.
Entra l'orchestra di archi.
Una dei violinisti, una ragazzetta dall'aria dolce, si avvicina al microfono per una breve presentazione: sono di Chicago, suonano musica da camera, sono emozionati di essere qui e dividere il palco con Mills, suoneranno una sinfonia di Philip Glass. Ci dice che la prima parte della sinfonia e' come un battito, poi comincia a trovare un senso ed entrare nella musica vera e propria, poi esplode e il finale... beh, e' puro Rock.
Ed e' proprio cosi'.
Difficile descriverlo meglio di come ha fatto questa ragazza: splendido.
Escono.
Intervallo.
Il mio amico ed io usciamo a prendere una boccata d'aria e comprare il CD (era inevitabile che lo facessi); quando rientriamo gli equilibri sul palco sono cambiati: sono comparsi gli amplificatori di chitarre e basso e al centro campeggia una batteria, circondata da una gabbia di plastica trasparente per attutirne il volume e renderlo compatibile con gli archi.
Rientrano gli archi di Chicago, entrano due chitarrisiti e il batterista, entra McDuffie e alla fine, nel tripudio dei ragazzi seduti qualche posto alla mia destra, entra Mills.
Il Nostro si avvicina al microfono per una breve presentazione; vuole dirci che quest'idea di mischiare rock e musica classica e' un modo di abbattere un muro che non dovrebbe esistere; vuole dirci che il volume sara' piu' alto di quello cui siamo abituati (guardando le vecchiette in prima fila sono d'accordo, ma sorrido tra me pensando all'ultimo concerto che ho visto a Toronto); vuole dirci che non vogliono un concerto formale, che siamo autorizzati non solo ad applaudire tra un movimento e l'altro, ma anche e soprattutto nel bel mezzo di un brano, proprio come a un concerto Rock, battendo le mani se qualcosa ci piace, magari anche urlando, perche' no.
Sorrido.
Alla fine del discorsetto un tecnico porta via il microfono e si parte.
Ed e' subito R.E.M..
Dicono che si tratta un ponte verso la musica classica perche' ci sono gli archi, perche' c'e' McDuffie che e' un vero virtuoso dello strumento, ma questo che stiamo ascoltando e' puro Mills al 100%, ne ha i tempi, i modi, l'essenza, l'energia che tocca il suo punto massimo con il terzo brano. C'e' anche una versione di Nightswimming (che mi caccia una lacrimuccia e un pensiero alla soffitta polverosa che chiamavo "casa") riarrangiata affinche' McDuffie possa coprire il ruolo di Stipe arricchendone la melodia.
Io, immobile, ammaliata, ascolto.
Ascolto e penso.
Penso che "musica classica" e' un'etichetta bislacca.
Che Beethoven (per dirne uno) quando era in vita non si considerava "classico" ma innovatore.
Che la musica e' espressione e comunicazione di qualcosa, un'idea, un sentimento, un pensiero, un'emozione. un individuo, una comunita', un momento storico, e che le etichette servono agli imbecilli per identificarsi sotto una bandiera.
Che un'autore, in questo caso Mills, e' prima di tutto se' stesso, ed e' se' stesso che mette nello strumento che suona, nelle note che compone: tutto il resto sono parole inutili che servono solo per farcire recensioni sulle riviste specializzate o sui blog amatoriali.
Che a me la musica di Mills piace molto, ma che il potere dei R.E.M. era nell'amalgama, nella voce di Stipe, nelle sue poesie, e qui se ne sente un po' la mancanza: ci ho messo anni a mandar giu' i R.E.M. proprio perche' li consideravo troppo facili e leggeri, perche' non mi soffermavo ad ascoltare a cuore aperto...
E mi torna prepotente alla memoria una sera di tanti anni fa (una vita fa!) in cui suonavo e cantavo "Losing my Religion", una delle tante volte che l'ho fatto, una in particolare. Ricordo tutto, dall'ambiente intorno, al modo in cui ero seduta sul letto, alla luce nella stanza... suonavo e cantavo a memoria... e a un certo punto mi sono immobilizzata... avevo ascoltato per la prima volta le parole che stavo cantando... mi sono fermata e ho esclamato "Bellissimo!" con voce rotta... e la persona accanto a me rideva nel realizzare che per tanti anni avevo cantato quelle parole come se fossero dei semplici suoni emessi dalla bocca invece che dalla chitarra... rideva e non capiva cosa mi avesse messa in ginocchio...
I R.E.M. senza Stipe perdono qualcosa di importante.
Torno in me: certo che questo McDuffie e' proprio forte!
Suonano circa un'ora, poi si prendono gli applausi ed escono.
Ma questo non e' un concerto di musica classica, ci vuole il bis, sicche' rientrano dopo neanche un minuto e ci suonano di nuovo il terzo brano, quello piu' energico, quello in cui McDuffie aveva mostrato il meglio del suo virtuosismo. Ecco, questa cosa del riproporre un brano mi spiazza ma vabbeh, cose strane accadono quando si fanno commistioni strane.
Alla fine e' standing ovation.
Soddisfatti e felici il mio amico ed io andiamo a discutere di musica davanti ad un hamburger della terronia statunitense, cosi', per chiudere in bellezza la serata.