domenica 30 novembre 2014

Back Rome

...e devo dire che fa uno strano effetto essere qui, anche se per poche ore...


giovedì 27 novembre 2014

Damon Albarn - Everyday robots [2014]

Sfondo grigio, Albarn in bianco e nero e' seduto su uno sgabello, spalle incurvate, testa bassa, aria pensosa e malinconica, un uomo solo, arreso. Il suo nome in alto e' scritto in lettere minuscole con il carattere di chi a mano prova a scrivere come a macchina; il titolo dell'album, appena sotto, e' in stampatello: il tutto e' grigio su grigio, in varie declinazioni piu' o meno sfumate.

Play.

Gli ci sono voluti vent'anni per smetterla di nascondersi dietro un marchio, un'immagine, un cartone animato, le band che sono state sua emanazione nelle varie fasi della sua crescita come uomo e come artista. A quarantasei anni ha finalmente accettato di essere se' stesso ed e' cosi' che si espone: nudo, pacato, inerme eppure in un qualche modo fiero.
Non e' un percorso facile, non ci si inventa se' stessi in un minuto, ma infondo e' un percorso liberatorio, ed e' questo percorso che si legge fra le pieghe armoniche della sua ultima produzione, un album intenso e maturo.

Le musiche sono minimali ed estremamente raffinate, da perdercisi dentro, farsele entrare sotto la pelle, ideali per camminare nel freddo di una giornata autunnale (o quello che qui chiamano "warm" prendendomi in giro, ma vabbeh). Hanno un che di ossessivo e ipnotico, eppure avvolgente: del resto l'elettronica, se fatta a modino, puo' essere calda e intensa come e piu' di un blues.

Alienazione, incomunicabilita', tecnologia che si impadronisce delle nostre esistenze e le raffredda, droga metaforica o reale (e perche' no?, in questo contesto e' assolutamente impensabile quando non ridicolo continuare a fare i borghesucci) che impedisce di realizzarsi appieno come individui.
Ed e' forse questo il nodo focale, il fil rouge che lega le dodici perline di cui e' costituito l'album: l'idea che certe imposizioni esterne del mondo e del suo rincorrersi possano privarci della nostra umanita' e svuotarci dei nostri desideri piu' profondi che rischiamo di non saper piu' riconoscere.

Con la collaborazione dell'amico Brian Eno (pare si siano conosciuti in palestra, il che se uno ci pensa fa uno strano effetto) chiude il disco una nota di speranza e benessere: il percorso e' stato fatto, e' stato doloroso ma ne siamo usciti vivi, fortificati, e adesso il Nostro guarda avanti con un sorriso sicuro e consapevole.

Per il momento lo metto sul podio della mia classifica personale per questo 2014, forse a pari merito con Gin (cambio idea ogni dieci minuti quindi diciamo che per ora sono a pari merito) ma sicuramente dietro Earth Hotel.


Lista delle tracce:

Everyday robots
Hostiles
Lonely press play
Mr. Tembo
Parakeet
The selfish giant
You & me
Hollow ponds
Seven high
Photographs (you are taking now)
The history of a cheating heart
Heavy seas of love

sabato 22 novembre 2014

Sottosopra

...ma come si fa a suonare la chitarra di un mancino?


(e un applauso a chi capisce cosa dovrebbe essere...)

sabato 15 novembre 2014

Esportazioni

Ho un amico indigeno (non "nativo", qui fa una certa differenza) che ha un discreto gusto musicale e devo dire che e' davvero un piacere scambiare opinioni con lui. Qualche giorno fa, nel pieno di una discussione, mi sottopone l'ascolto di Only in Dreams degli Weezer, gruppo che (confesso) mi mancava. Siamo li' che la ascoltiamo, mi fa notare dettagli, gli faccio notare dettagli (perche' comunque un certo orecchio cell'ho anch'io, cosa che lo soddisfa e compiace) finche' non arriviamo alla coda, anzi, alla "pre-coda" (minuti 5:30-6:50 circa del link sopra), e lui quasi si sbraccia per farmi notare l'intreccio delle chitarre.
"And it was 1994!" dice con orgoglio.
Sorrido.
Il riferimento al 1994 di questi tempi mi fa fare un salto immediato.
"About binding guitars... do you want to know what was happening in 1994 in Italy?" domando.
"Sure" dice lui con il sorriso di chi pensa di aver capito tutto.

Provoco.
Dall'espressione sulla sua faccia (occhi sgranati, sorriso entusiasta) capisco tutto: colpito, affondato.
"That is pure genius! They have a rock spirit, noise and non-sense style, but still there's some of your Italian refined melody and culture hidden..."
Gli ci e' voluto un quarto di ascolto per dire la frase giusta: il ragazzo e' dotato.
Spinta dalla reazione provo con qualcosa di piu' recente.
"It's always them" dico.
Mentre la ascoltiamo cerco di indirizzare il suo orecchio alle chitarre, facendo particolare attenzione a quella di Tesio (figli e figliastri, come sempre).
"Wow! They've grown up..."
 Sorrido di nuovo.
"Is everyone like this in Italy?" domanda con ammirazione.
"No, but there is a lot of good stuff: different from them, but still super good" dico pensando in particolare a quello che per me e' il disco dell'anno.
"Wow..." non riesce ad aggiungere altro.



...un passetto alla volta chissa', magari me li ritrovo a suonare a Toronto!


(Il nostro problema e' che fuori dall'Italia arrivano - quando va bene - Ligabue e Gianluca Grignani: con rappresentanti del genere capisco che non dev'essere facile darci un minimo di credito...)